Era il 2005 quando uscì Virtute Et Industria di Bronnt Industries Kapital. Come solito fui distratto dal nome, tanto che pensavo fosse qualcosa di dark e industrial. È stato invece uno di quei pochi album che mi ha spiazzato, che mi ha permesso di intraprendere/sondare nuove direzioni. Ha sicuramente contribuito a cambiare il modo di approcciarmi alla musica, soprattutto quella sperimentale: ascoltate “Song Of The Easton Strangler” e poi fatemi sapere se è così anche per voi.
Dietro questo nome, comunque, c’è il polistrumentista di Bristol Guy Bartell. Di lui avevo perso le tracce dal 2011, cioè da quando il British Film Insitute gli aveva commissionato la sonorizzazione del lungometraggio “Turksib”, il film (muto) della propaganda sovietica realizzato da Viktor Turin nel 1929, che documentava in che modo la grande madre Russia costruì una linea ferroviaria dal Turkestan alle gelide lande della Siberia. Esiste una versione dvd di questo progetto, ma la britannica I Own You ha deciso di estrapolarne soltanto la parte audio, pubblicandola sotto forma di doppio vinile e cd. Che le sue produzioni avessero uno spirito cinematico alquanto particolare l’avevo capito, e sotto certi aspetti ricorda perfino certe stranezze lisergiche dei Cyclobe. In Turksib però non ci sono effetti psicotropi, semplicemente perché l’apocalittico si tramuta in malinconico e la tinta mesta e oscura si sostituisce a quel tipo di forma onirica spaesata e pensierosa: comunque stiamo sempre parlando di sonorità che fan girare (male) quelle piccole rotelline dentate che abbiamo all’interno della scatola cranica. Si capisce già dalle prime note che è una soundtrack, c’è sempre quella percezione di partenza e arrivo, che è di aiuto a chi non ha avuto ancora la possibilità di visionare la vecchia pellicola. Il rumore di una caldaia che brucia carbone si mescola a sonorità che ricordano piccoli smeraldi dolciastri dell’Asia Minore (“The Barrier Between”). Ritmiche scandite talvolta da quello che sembra essere un glockenspiel, talaltra da maracas (?) contenenti sabbia abrasiva proveniente dagli altipiani del Kazakistan. Le saldature delle rotaie diventano incandescenti, i rivetti saltano causa dilatazione termica, il vento trascina la polvere offuscando gli occhi e in alcuni casi senti il pianto e le lacrime degli operai che aspettano il ritorno a casa per una breve settimana di vacanza da passare con i familiari. Insomma, ce n’è per tutti i gusti, da chi vuol sentirla triste e sofferente a chi invece suona arabesca, chi s’immedesima coi lavoratori stremati e chi crede di immaginarsi già seduto sull’ultima carrozza, destinazione Siberia Centrale.
Finalmente le industrie Bronnt hanno riaperto i cancelli dopo qualche anno di chiusura aziendale per cassa integrazione. Turksib è una colonna sonora in bianco e nero, fascinosa e sognante: acquisto obbligatorio.
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