Bruciare le navi!

Creato il 23 luglio 2014 da Francosenia

Ragione sanguinosa
20 tesi contro il cosiddetto Illuminismo e i "valori occidentali"
di Robert Kurz

19.
Con il post-strutturalismo, la storia della teoria borghese e marxista, risultante dall'ideologia dell'Illuminismo, si è definitivamente esaurita, insieme alla capacità di riproduzione del moderno sistema di produzione di merci e alle forme della soggettività del lavoro, della circolazione e del diritto in esso incluse. I pensatori contemplativi non possono più continuare a pensare, e i pragmatici non possono continuare ad agire. Quello che può ancora venire dopo il ballo in maschera secondario postmoderno delle maschere letteralmente incarnate, non è certo più una qualche riflessione concettuale capace di prolungarsi all'infinito. Ma è anche impossibile - nella continuazione positiva di questa storia delle teorie - pensare in modo realmente nuovo quello che è venuto fuori dalla logica identitaria e che non rientra nella corrispondente concettualità, così come è impossibile accompagnare un simile pensiero.
Quello che - come un grido di guerra di Lyotard - sembrava convocare ancora una volta il fantasma dell'emancipazione ("guerra alla totalità", "attiviamo le differenze", ecc.), sul telone di sfondo di una teoria strutturale ontologica da sempre senza concetti, senza storia e senza soggetto, ha dovuto andare incontro ad una miserabile capitolazione. Se non si può nemmeno pronunciare il nome del tutto come qualcosa che diviene in forma storica, la parola d'ordine di "guerra alla totalità" è solo un'impostura. Non viene attaccato né il principio reale repressivo della forma feticista del valore, né quello che si scopre che non rientra dentro il totalitarismo di questa forma. Invece, vengono attivate quelle "differenze" che non sono altro che le manifestazioni multiple della totalità negativa, dell' "Uno" secolarizzato dell'ontologia capitalista. Quello che in questo modo viene attivato, nonostante tutte le intenzioni di critica al potere, finisce per condurre, eventualmente, ad un rivestimento culturalista della concorrenza di crisi e all'annichilimento.
Teoricamente, ci troviamo solo di fronte ad un prolungamento stanco e senza idee delle teorie dei "post" nei diversi campi mediatici ed accademici dell'editorialismo, della sociologia, della politologia, ecc.. Ma, al di là della storia delle teorie moderne, il periodismo e la scienza accademica non possono formulare alcuna pretesa propria, vedendosi limitati alla possibilità di servirsi in forma eclettica delle macerie di trecento anni di storia intellettuale dell'Occidente, per rinnovare con esse, nell'era finale e glaciale del pensiero moderno, le sue deprecabili capanne intellettuali. Formule tautologiche e vuote come quella della "modernizzazione della Modernità" (Ulrich Beck) oppure di una "democratizzazione della democrazia" (Helmut Dubiel) rivelano una mancanza di contenuto che non ha neppure i mezzi per far di peggio, in tutto somigliante a quello che già da molto tempo viene realizzato dalla cosiddetta politica. Nei discorsi insipidi e odiosi di una "etica pragmatica" totalmente priva di conseguenze (comunitarismo, società civile, ecc.) che si vanno trascinando come prodotti della decadenza del positivismo, lo svuotato concetto borghese della razionalità continua a girare in tondo senza il minimo senso.
Il posto della riflessione è occupato sempre più dalla "assistenza pratica" intellettuale verso il soggetto del valore desoggettivizzato che va logorandosi nella giurisdizione universale. E dopo che la forma contraria immanente, romantico-esistenzialista, del pensiero dominato dalla moderna costituzione del feticcio, si è dissolta nell'indifferenza postmoderna, ora questa transita verso un esoterismo da paccottiglia ugualmente eclettico. I prodotti finali, poco appetitosi della razionalità e dell'anti-razionalità, giacciono pacificamente uno accanto all'altro sugli scaffali della "Lidl" intellettuale. Il pragmatismo razionale del valore e lo spiritualismo superstizioso si incastrano, di modo che uno non può passare senza l'altro.
Nella misura in cui gli analfabeti intellettuali secondari, che annunciano balbettando l'eternità e l'inevitabilità del mercato mondiale, e invocano l'illuminismo, lo fanno con tutto il diritto perché in realtà si tratta dello stato attuale dell'epoca dei Lumi e, allo stesso tempo, del suo stato finale. Da un lato, simili invocazioni assumono caratteristiche nostalgiche, per esempio quando un pensatore statunitense - che richiama l'attenzione solo poiché è un linguista - invoca un "secondo illuminismo" (Neil Postman) al fine di curare la stupidità mondiale borghese di oggi per mezzo delle sue proprie radici. Da un altro lato, a fronte degli eventi, legati alla crisi, sempre più catastrofici, la frase illuminista viene purgata di qualsiasi contenuto e si trasforma nell'acuta idolatria dell'apparato di dominio democratico. Così, un fanatismo regressivo e autistico finisce per sostituirsi alla ciarlataneria intellettuale degli agitatori e dei curatori eclettici tardo e post-illuministi.
La volgarità dello stridio occidentale intorno ai valori sta diventando militante. In tal modo, un filosofo democratico terrorista francese reclama la "guerra per l'illuminismo" (Bernard-Henri Levy), e con ciò stabilisce il modello per tutta la vecchia "intellighenzia" di sinistra che si strozza con i baccelli vuoti delle parole della sua storia intellettuale per poi vomitarli sul mondo sotto forma di un diluvio sterminatore. Nella "guerra santa", nella crociata contri i mostri da loro stessi creati, in un mondo da loro stessi devastato e imbarbarito per mezzo del terrore economico, il malefico intelletto illuminista ormai può assumere solo lo la forma dei cacciabombardieri americani.
20.
Ad ogni nuova ondata della crisi mondiale capitalista, che non verrà più stabilizzata da nessun nuovo modello regolatore, e che ha fatto entrare il sistema mondiale nel XXI secolo in caduta libera, gli enunciati teorici, mediatici, politici, sociali, ecc., diventano sempre più monotoni e monosillabici. Alla fine del mondo, le prestazioni dell'ontologia capitalista, l' "uno" metafisico secolarizzato, il nulla divino del valore, provocano una "coincidentia oppositorum": non solo la destra e la sinistra, o il progresso e la reazione, ma, in modo generale, l'Essere e il Nulla, la ragione e l'irrazionalità, la critica e l'affermazione, coincidono in maniera immediata.
Ogni volta che la critica illuminista ha costituito, per mezzo del suo processo di sviluppo storico, l'auto-affermazione della distruttiva forma borghese del soggetto, essa si è estinta davanti ai nostri occhi insieme al suo oggetto. Nella stessa misura in cui ogni pensiero che ogni volta si ritira, in fuga disordinata, verso l'ultima linea di resistenza della filosofia illuminista, smette di esistere, completamente, come pensiero. Tuttavia, lo spettacolo di una riscoperta militante dei valori occidentali - come se la storia della riflessione degli ultimi centocinquant'anni, riferita al suo oggetto, non fosse mai esistita - non ha niente di tragico, e neppure di ridicolo: è puramente e semplicemente ripugnante.
Ciò che allo stesso tempo viene affermato, in quest'ultima metamorfosi che dà alla luce il mostro violento dell'auto-annichilimento democratico globale, è la "necessità ontologica" del soggetto borghese che ormai si fa sentire solo sotto forma di un guaito inarticolato e maligno e che, dopo la sua morte naturale, continua a stupire il mondo come lo Zombie dell'illuminismo - soprattutto nel caso dei critici adorniani, e come nel caso dei supposti critici postmoderni dell'ontologia di un modello generale, nella misura in cui sono passati alle fila della comunità di annichilimento mondiale occidentale e democratica. Quando il terreno ontologico, sopra il quale la critica apparente che non può liberarsi della forma del soggetto borghese cerca di mantenersi in equilibrio, comincia realmente ad oscillare, negli idioti storici della modernizzazione evapora la riflessione acquista solo per mezzo della lettura. L'impudenza accusatoria con cui si esige l'omaggio al cadavere che ormai non puzza nemmeno più di pensiero illuminista rende chiara la sua propria falsità.
La salvezza, ora, ormai può essere trovata solo se scartiamo realmente la falsa ontologia positiva della Modernità e della forma ad essa pertinente del soggetto, e "bruciamo le navi", poiché non ci può essere nessun ritorno alla sicurezza e alla patria ontologica dell'Illuminismo. La negatività della critica emancipatrice potrà arrivare alla sua fine solo quando avremo smaltito quest'illusione.


(fine)   - Robert Kurz -

fonte: EXIT!


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