Magazine Diario personale
Arenales del Sol. Il nome sembra quello di un pueblo da film di Sergio Leone, per favore dateci Clint Eastwood come attore principale e Gian Maria Volonté nella parte del cattivo. Naturalmente la colonna sonora è del maestro Morricone, e nella sceneggiatura non mancano cespugli rotolanti, cavalli andalusi, bambini scalzi e sporchi e piante di fico.
Nel far west architettonico del profondo sud spagnolo, approfittavo di ogni raggio di sole per spalmarmi sulla sabbia calda della Costa Blanca. Erano i miei primi giorni veramente liberi dopo due settimane e il mio corpo aveva bisogno di calore e di luce, di giallo e di azzurro, di profumo di mare e di sale, di vento e di silenzio, di riposo. La mia pelle passava lentamente dal suo colore invernale al caramello, poi al cioccolato, e mi sentivo rigenerata. Il tatuaggio brillava nel sole e sembrava realizzare la sua esistenza, scoprire tutti i suoi significati. Lo sentivo bruciare di vita propria.
Ogni tanto il maltese mi accompagnava in spiaggia, e seppure iniziavamo a chiacchierare presto eravamo vinti da quel torpore che dà il mare e ripiombava il silenzio. La sabbia, io penso che sia viva. Quei granelli dorati si nutrono delle nostre energie, e mentre noi siamo distesi al sole come gatti svogliati, la sabbia trattiene un po’ del nostro essere, così che anche noi diventiamo, siamo, sabbia e mare. Questo pensiero non mi dispiaceva affatto, mi immaginavo quarzo bianco di Is Aruttas, felice eternità.
Nel tardo pomeriggio il profumo di pesce fritto che veniva dai ristoranti intorno risvegliava istinti più forti del torpore e andavo a mangiare pane e pomodoro, e succo d’arancia al 37 gradi. A volte lì ci trovavo la Simo che chattava col “moroso” altrimenti ci incontravamo tutti e quattro, io il maltese la Simo e Zé, solo a casa a tarda notte. I nostri turni di lavoro non coincidevano mai, e se io volavo la notte sui cieli freddi della Svezia, contemporaneamente Zé stava rientrando da Manchester, il maltese si preparava per la sua solita Santiago de Compostela-Alicante e ritorno e la Simo già dormiva perché l’indomani la sveglia avrebbe suonato alle 4. Quando riuscivamo a vederci tutti insieme sembrava un’allegra rimpatriata di vecchi compagni, ma qualche volta la stanchezza ci vinceva e ognuno si rinchiudeva nel suo buco, o aveva i suoi cazzi per la testa e nessuna voglia di parlare. Capitava anche questo. Pure tra il sole, il mare e le palme il ricordo di casa è una brutta bestia.
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