Brunel, la crescita equilibrata

Creato il 11 gennaio 2012 da Rightrugby
Jacques Brunel intervistato da Planetrugby: vuoi l'ambiente più distaccato, vuoi la lingua inglese che meno si presta ai giri di parole, vuoi i temi proposti più chiari e competenti, vuoi l'assenza di roboanti rilanci stile "vincere il titolo SeiNazioni": si tratta di un bel contributo per delineare meglio il "piano Azzurro" del francese, in anticipo rispetto alle prime impegnative controprove  e inevitabili correzioni di tiro provenienti dal campo. Proviamo quindi a identificare da qui qualche bandolo - guida nella matassa.
A cominciare proprio dal senso di quella locuzione, "maggior equilibrio", che tanto aveva colpito la fantasia dei reporter nostrani.
Più che una dichiarazione strategica, abbiamo conferma che si trattava di una mera constatazione, tanto veritiera e centrata da risultare persino banale: non si vince solo con gli avanti, esattamente come senza si può solo perdere. Ergo, per imporsi l'Italia deve equilibrare i settori, facendo crescere i trequarti.
"Abbiamo un reparto di avanti tra i migliori al mondo", dichiara il coach "ma per essere in grado di imporsi, ci sono ampi spazi di miglioramento dietro". Planetrugby pare prenderla come parziale retromarcia rispetto agli ambiziosi obiettivi: "ammette che l'Italia non sia oggi al livello delle concorrenti". Brunel invece conferma: "Seguo l'Italia, i suoi progressi e molti dei suoi giocatori da un bel po', e la mia impressione non è cambiata dopo questi primi due mesi di lavoro, spesi soprattutto a conoscere la struttura e le basi del rugby in giro per il Paese".
I perché di tale squilibrio sono nella storia (poi diremo qualcosa a riguardo sul lavoro di Mallett); interessante è piuttosto COME si intenda far crescere il livello dei nostri backs.
"Proveremo a bilanciare la squadra, instillando un "sense of spirit" (uno spirito di reparto, una unione spirituale, al posto dell'isolamento individuale nel reparto dei "Palla di Lardo", quelli che non sono all'altezza?), dando loro libertà creativa, offrendo mano libera a questa linea di trequarti, in modo che possa crescere l'autostima".
Un programma molto "libertario", charmante, alla francese.
Sottolineiamo la differenza di approccio rispetto alla gestione precedente. Sulla base di un sano "primum (sopra)vivere", prima di Brunel la cura di Nick Mallett al maggior difetto Azzurro di sempre (che non è l'apertura ma) la debolezza esperienziale e di skill nel reparto arretrato, consistette nella ricetta opposta: "ingessare" tutto il reparto in movimenti e schemi prestabiliti, in modo da non dare a nessuno dei poco esperti trequarti azzurri la possibilità di far cavolate, per mezzo di consegne molto rigide, finalizzate alla fase difensiva (dato che è improponibile pensare i nostri alle prese con scrambling - recuperi difensivi - di massa alla sudafricana, in cui ognuno sa di suo dove è meglio andare in ogni situazione).
Il risultato fu un riconosciuto miglioramento nella consistenza e nella competitività complessiva degli Azzurri. La scelta produsse zero "batoste" (l'Italia di Mallett non ha mai preso divari da 50 punti da nessuno) ma poche vittorie episodiche e una marea di sconfitte pur onorevoli.
La sensazione degli osservatori più distaccati è che non mancasse molto a trovare quei tre-sette punti in più per riuscire a girare tante sconfitte in vittorie; forse era anche la sensazione di Mallett dopo l'ultimo Sei Nazioni, da cui la sua improvvisa insistenza a rimanere, dopo aver bollato col famoso biiip ( a nostro avviso molto azzeccato) la competenza rugbistica media disponibile in Italia. Poi al Mondiale, nonostante il pieno supporto dei "senatori", alcuni errori e altre scelte "spintanee" nell'organico, assieme al surge motivazionale degli avversari irlandesi, produsse sfaldamento morale (gli atleti saranno tutti muscoli, ma una certa sensitività da animali di spogliatoio non gli manca), da cui l'esito deludente che ricordiamo.
Ora c'è Brunel, portatore di una filosofia affatto diversa: libertà per i trequarti di provare a far male (agli avversari si spera), decisamente stimolante rispetto al passato.
Però occhio, non esiste pasto gratis, si tratta di una cultura portatrice sana anche di rischi molto rilevanti, per come siamo abituati a vivere il rugby quaggiù, in modo dannatamente concreto e poco propenso ad appagarsi coi "beau geste". Visti gli avversari che avremo per primi davanti, sarà opportuno che il tifoso si prepari a qualche "buco" in più rispetto agli ultimi tempi.
Certo che, hai voglia "dar libertà", quando di trequarti propositivi e avventurosi in giro ne abbiamo pochini: ce n'è di forti  - Sgarbi, Quartaroli, Benvenuti e poi i Canale, Garcia etc.; anche di veloci e potenti - McLean, Masi, Toniolatti, Nitoglia che non è disponibile; ma la fantasia unita all'esperienza per rompere la linea del vantaggio, l'abbiamo sempre cercata all'estero: Dingo Williams,  Sinoti Sinoti etc.. Vedremo, magari le Accademie stanno per sfornare una leva di Medardi, Malgeri (Malzieu) o Pettenon (Poitrenaud) de'noantri ...
Il coach francese non è uno sprovveduto, sa bene che tutto questo richiederà tempi lunghi, non a caso insiste molto sulla fase formativa. "In senso etimologico ("etnologico" su Planetrugby), allenare (to train) significa portar le persone con sé". E' più facile farlo, afferma, se c'è comprensione, spirito positivo e ottimista e se l'obiettivo non è di stravolgere le attitudini o di instillare cose molto complicate. Anche perché manca il tempo. E' un lavoro di sintesi, che induca nuovi comportamenti e progressi senza confinare le capacità individuali, sia sul piano del gioco che dello spirito.
Brunel é conscio che il suo mestiere è selezionare, non formare: "Non spetta a me formare migliori individualità italiane, per darmi modo di farle esprimere a livello internazionale". Se qualcuno può ottenere benefici da una miglior confidence nei propri mezzi, resta che quei mezzi si determinano prima di arrivare in nazionale.
Del resto "la struttura organizzativa è interessante ma nuova: Accademie e Franchigie esistono solo da un paio d'anni, presto inizieranno a portare frutti". "C'è bisogno", aggiunge al proposito, " di scambi regolari e collaborazione". Non crediamo si riferisca a pratiche recenti, quando "collaborare" significava libertà di accettare le decisioni centrali oppure andarsene, ma a uno spirito affatto nuovo tra centro e periferia, ben rimarcato dalla sua recente uscita: "La nazionale ha bisogno dei successi di Aironi e Benetton in Pro12" e non solo dei loro uomini.
Non si scappa: " per avere buoni risultati bisogna avere buoni giocatori", ma la sua storia è quella di uno riuscito ad estrarre il massimo da ambiti non eccelsi: una Euro Challenge col Colomiers nel '99, un Bouclier de Brennus col Perpignan nel 2009; speriamo non debba aspettare il prossimo titolo fino al 2019 ...
Comunque, anche se in tre settimane non si forgiano campioni, l'intento del coach è lavorare sodo soprattutto, par di capire, sugli aspetti "soft": motivazione, "spirito", sicurezza di sé.  Molto diverso da Mallett; ci piace questa attenzione al "fattore umano",  a patto che i progressi tecnici e di "rocciosa solidità" provenienti dal passato possano essere consolidati. Certo che la coperta, se la tiri da una parte ... Si preparano tempi interessanti. In bocca al lupo al coach; quanto a voi, date retta a un cretino: allacciate le cinture ...

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