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Bruxelles

Da Elettra

 

Bruxelles/3
foto:flick Parte TERZA

Sbagliare direzione della metro non è poi un problema. Usciamo dal centro e seppur sottoterra entriamo in contatto con un’altra parte di Bruxelles, quella multietnica, quella delle seconde generazioni, un misto di francese e lingue del paese di provenienza, di abitanti della città che si spostano per andare al mercato e tornare in metro con buste piene di odori.
Botanique è a grandi linee il quartiere turco della città e si snoda intorno ad una lunghissima strada, la Rue Royale che collega i due principali poteri il palazzo reale e la cattedrale. Lasciata la bellissima casa di M e P ci sistemiamo in albergo, minuscolo, di quelli che danno l’impressione di essere stati fino a ieri affittacamere ad ore. Per quanto poco ci resteremo il lucernaio, unica apertura all’esterno e le pareti che praticamente circondano il letto, non sembrano essere un problema.
A piedi si arriva praticamente ovunque a Bruxelles ed è la maniera che preferiamo per poter visitare una città in poco tempo perché riusciamo ad abbracciarla nell’interezza delle piccole cose che forse solo passeggiando si riescono a percepire.
Arriviamo al museo Magritte che si trova un po’ più in alto rispetto alla strada che stiamo percorrendo. E’ un continuo nuovo livello di bellezza: la gradinata che costeggia la biblioteca che porta ad una grande struttura di vetro e ferro immersa in un giardino, un’altra gradinata che porta ad una piazza circondata di palazzi liberty, la strada in salita che conduce al museo col la sua grande facciata di vetro che si affaccia su tutto quello in cui poco prima eravamo immerrsi. Il Surrealismo, Magritte e tutto ciò che ho sempre visto sui libri esposto su tre piani.
Aperitivi dal sapore italiano con amici, parole leggere che però non volano via.
Sulla strada del ritorno continuo a pensare a che bella sorpresa sia stata questa città e a quanto mi piacciano la lentezza e la gentilezza con la quale si muove. L’immagine è quella di una donna vista venerdì mattina al café sotto casa, elegante con naturalezza, seduta da sola a sorseggiare qualcosa di fumante: legge un giornale e spesso si ferma a guardare fuori, in maniera estremamente placida e morbida. Oppure quella di un vecchio che ieri notte per strada sentendomi tossire mi ha detto prima in francese e poi mimato la maniera più adatta per smettere e poi è andato via.
Su tutte c’è quella di stamattina, prestissimo, quando è quasi giorno ma il buio stenta a svanire e i lampioni accesi hanno una luce totalmente diversa, più intensa, come chi spende le ultime energie prima del riposo. Come il lampione acceso, intensissimo, ne L’impero delle luci di Magritte.

 


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