Lo scrittore partenopeo Erri De Luca lunedì 16 marzo ritornerà nelle aule di giustizia di Torino per il processo che lo vede accusato di incitazione verbale al sabotaggio. Intanto della Tav non si parla più, scomparsa da notiziari nazionali, così come non si riparla del processo. Un buco d’informazione come il “Bucus interruptus”, il buco interrotto, ha nominato (e profetizzato) la Tav della Val di Susa Erri De Luca. Ma il 16 marzo è vicino, bisognerà fare attenzione a non cascare nella crepa dell’indifferenza (così tipica) del Belpaese, che non si concede mai fino in fondo più di un lampo d’indignazione. C’è sempre altro da pensare, c’è sempre altro da indignarsi, e poi tutto sommato non ci interessa nulla fino in fondo fin quando in quel fondo ci si cade giusto ad un passo dalla propria casa, dalla propria strada, dalla propria terra. Per scoprire che mentre si preferiva l’indifferenza, altri meno pecore e più lupi avevano già saccheggiato e rovinato e forse le buche sono già troppe.
Per non cadere nel bucus interruptus della coscienza civile, basta anche poco, comunque. La perdita del silenzio dell’accidia sociale, ad esempio, e la costanza dell’attenzione, qualità di sopravvivenza umana legate all’istinto della ragione, maggiormente qualificabili come necessità etiche. L’attenzione verso la necessità della parola contraria (logos pedagogico dell’intellettuale partenopeo nel suo ultimo appello alla ragionevolezza) è doverosamente da ampliare e cronicizzare. Con tutte le voci possibili. Ce ne regalano due in forma di poesia, due poetesse, Fernanda Ferraresso e Helene Paraskeva , e qui di seguito, ne riportiamo la voce, attendendo di conoscere quale sarà la sorte processuale di De Luca nelle sue idi di marzo piemontesi. Noi, stiamo con Erri.
MA CHI L’HA DETTO CHE NON SIAMO IN GUERRA?
Ma chi l’ha detto che non siamo in guerra?
Ogni giorno mi alzo e vado al fronte
in prima linea contro l’ottusità di una parola serva e guercia
che non è libera se non di chiudersi in galera
galera è la storia che gira
la forza in cui il dialogo si spira
niente che ci inspira a vivere una vita nuova:
Guerra, guerra ogni minuto contro le spranghe
i manganelli contro i getti d’acqua che ti sbattono
in terra contro i lacrimogeni o gli spray che vogliono accecarti
Guerra
ogni minuto c’è la guerra
dentro i miei polmoni e a livello del fegato
contro l’aria avariata il cibo contaminato l’acqua fetida
contro la fermata voluta del lavoro della sanità della scuola
persino la giustizia s’è arenata
s’è fatta pietra ma non lavica
e ruzzola addosso a chi s’indigna
davanti ad una umanità sguarnita della sua stessa polpa
l’essere uguali una colpa di questa gente della terra
l’essere fragili e mortali e nessuno speciale
nessun dio nessuno superiore
è un tufo la giustizia che irradia materia radio-attiva
che stampa prescrizioni a chi avvalla la rovina su una pagina di carta
a chi viola la vita di troppe persone e scrive in telematica che il volere
di una legge è sopra le parti ma
ma dove è finito l’uomo?
in quale parte del pianeta è stato divorato? l’uomo chi è?
A cosa serve giustificare ciò che si muove sopra chi muore?
Giusti fu un poeta e a suo tempo scosse
quando scrisse
– io non fo illusione a me stesso; i miei versi moriranno,
e forse sono già morti colle cose e coi tempi che gli hanno fatti nascere
ed io non mi glorio che d’aver parlato quando tutti tacevano
e molti trafficavano il silenzio-
Quanti re travicello da allora sopra il palco
quanti
Vostra Eccellenza a restare in cagnesco
per que’ pochi scherzucci di dozzina,
e mi gabella e mi tiene al fresco
perché metto le birbe alla berlina
là, fuori di mano, c’è ancora la vita
non la sua soltanto che barcolla
e sola non si tiene ferma
ma quella di noi tutti
dove vossignoria infila le sue tante staffe
per stare dritto un attimo
il tempo del suo amen.
Che fa
vuol sabotare la vita?
Ricordi che dentro
c’è anche la sua che non è infinita.
FERNANDA FERRARESSO
ALLA SPETT.LE CORTE
Capriole per aria farò per Voi
come un pagliaccio
e saltare come clown potrò
ammaestrato rospo a comando.
Posso lanciarmi a sfrenati balli
e mi convincerò con gioia
a dichiarare ogni menzogna.
Davanti a voi posso prostrarmi
e dove camminate potrò
leccare e baciare, ancora.
Un saltimbanco aspiro diventare
e alle vostre feste, raduni e cene
vestire come voi sarò capace.
Vi supplico, però, non mi scartate!
Ma processatemi! Non mi chiudete fuori!
Giudicatemi! All’insù m’inchioderò le labbra
e sorriderò sempre felice,
perché non sono come mi volete!
Non come voi mi ordinate!
HELENE PARASKEVA
riferimenti in rete sul processo :