Mentre in Italia si delinea (forse) il nuovo governo, il mio weekend a Budapest è stato una finestra sul futuro del nostro paese se le cose non dovessero andare per il verso giusto.
Un week end all’estero non ti fa staccare totalmente la spina della quotidianità.
Durante la visita della città straniera il paragone con il paese da cui si proviene è forte.
Lo stato d’animo che si ha influisce inevitabilmente sulla percezione del mondo che ci circonda.
Soprattutto in questo momento in cui la monetina del destino dell’Italia sta ancora roteando in aria. Su una faccia crisi, peggioramento della situazione, sacrifici; sull’altra risveglio, nuovo impulso economico, cambiamento.
Tra qualche mese la monetina ci cadrà sul palmo della mano decretando il futuro dell’Italia, ma nel frattempo rotea in aria, lasciandoci in questa preoccupante incertezza.
Vi racconto quindi Budapest, un salto nel futuro nell’Italia che nessuno si augura.
Mi piace assorbirle le città che visito, guardare bene i particolari, abbassare lo sguardo dalle bianche cattedrali lucenti e vedere ad altezza occhi. Lo spettacolo di vita che Budapest propone sono vetrine impolverate, senzatetto sotto i portici, mezzi pubblici degli anni ’50.
Si respira un aria pesante: la crisi non dà tregua.
Come il bel Danubio blu non si può più definire ne’ blu ne’ bello, anche la città in generale soffre di marmi anneriti che avrebbero bisogno di restauri, trasporti da rimodernare e negozi da riaprire.
Come ho avuto modo di osservare anche nei miei ultimi viaggi a Madrid e Lisbona, il susseguirsi di negozi chiusi è un chiaro indice del fallimento dell’economia.
Se le grandi imprese chiuse nelle periferie delle città sono invisibili agli occhi e rende bene il detto “occhio non vede, cuore non duole”, serrande abbassate e vetri rotti nelle vie del centro sono un’immagine forte per il turista che alza gli occhi dalla sua guida Lonely Planet.
Per fortuna in Italia non siamo ancora a questi livelli pensavo, poi recentemente sono passata per Mestre in Via Cappuccina e ho visto che non siamo distanti…
Ma l’Ungheria come ci è cascata in questa crisi? Loro dicono che l’entrata in Europa li ha fregati.
Gli investitori stranieri che, quando le porte si sono aperte, hanno comprato industrie ungheresi e creato posti di lavoro, adesso se ne vanno lasciando il paese che non hanno mai amato ma che hanno sfruttato finché è stato conveniente.
Anche in Italia è così, ma oltre a quelle straniere anche le imprese italiane scappano all’estero…
Dopo due similitudini, generaliste se volete, ma che impongono una seria riflessione su che fine vogliamo fare, tocchiamo il tasto più dolente: la soluzione della politica.
Nello sfarzosissimo parlamento ungherese, che non ha niente da invidiare al Palazzo di Westminster, i partiti di mediazione stanno soccombendo sotto un risveglio di riscatto nazionale fortissimo.
Quello che chiedono gli ungheresi sono azioni concrete per riabilitare la credibilità nazionale e meno ingerenze dell’Europa sull’economia.
Mi suona famigliare questo pensiero visto che anche in Italia l’era della politica dei compromessi con l’Europa sembra giunta al termine…
Torno a casa e spero veramente che la realtà che Budapest sta vivendo non sia stato un viaggio temporale nel futuro dell’Italia.
Nel frattempo sono stati eletti i Presidenti di Camera e Senato: Laura Boldrini e Pietro Grasso. Lei da anni impegnata in missioni umanitarie, lui un rispettabilissimo Magistrato antimafia.
Ho la speranza che siamo ancora in tempo per scrivere le sorti del nostro paese. Forse può ancora andare a finire bene.