di Claudia Leporatti
Attentato a Burgas: ne forniamo un quadro generale a partire dagli ultimi aggiornamenti, ricostruendo poi l’accaduto e soffermandoci infine sui legami storici tra Israele, vera vittima dell’attacco, e il teatro della strage, la Bulgaria. Un mistero che dal 18 luglio dà del filo da torcere non solo all’Europa, ma anche al resto del mondo. Israele e gli Stati Uniti tengono il dito puntato contro l’Iran, ma resta ignota l’identità del suicida, che si è fatto saltare in aria per colpire tre autobus di turisti israeliani diretti sul Mar Nero. Si fa inoltre sempre più strada l’ipotesi che l’uomo abbia avuto un complice, che avrebbe attivato l’ordigno a distanza con un telefonino. In queste ore è caccia all’uomo, avverte l’agenzia di stampa bulgara Blitz. Per quale motivo un kamikaze dovrebbe farsi saltare da un altro uomo all’esterno non è dato saperlo e non risulta chiaro. Sembra, tra l’altro, che le tecnologie necessarie per una procedura del genere siano ben più complesse del necessario.
La rivendicazione arriva da “Base of Jihad“
La rivendicazione, non ancora certa, arriva tra le 17 e le 18 di sabato 21 luglio, quando una sconosciuta Base of Jihad si sarebbe assunta la responsabilità dell’attentato spiegandosi come segue: “Il mese del Ramadan è un periodo di guerra santa e di morte per Allah”. A pubblicare il comunicato sono stati i quotidiani Yedioth Ahronoth e Times of Israel, secondo i quali una testata libanese avrebbe ricevuto un’email dall’organizzazione. Nella stessa comunicazione, sarebbe presente la minaccia di ulteriori attacchi: “La guerra santa non è confinata in una particolare arena e combatteremo gli ebrei e gli americani fino a che non avranno lasciato la terra dell’Islam”. La Bulgaria si mantiene prudente, Israele e Stati Uniti insistono sulla matrice di Hezbollah.
L’attentato: una breve ricostruzione
Ad essere presa di mira da un ignoto attentatore, non è stata la nazione bulgara, ma un gruppo di circa 40 turisti israeliani, da poco atterrati a Burgas e appena saliti a bordo di tre autobus. Arrivavano da Tel Aviv allo scalo in Bulgaria orientale, diretti in una località balneare sul Mar Nero. Il giovane che si è fatto saltare in aria su uno dei mezzi aveva con sé uno zaino riempito di esplosivi, pare si trattasse di tre chili di tritolo (fonte AGI). Sette i morti, incluso il suicida e l’autista di nazionalità bulgara. Almeno 28 i feriti, di cui tre gravi. I servizi segreti di Israele, Stati Uniti e Bulgaria hanno individuato, dalle immagini delle telecamere dell’aeroporto, il sospettato numero uno, ma dal cadavere del giovane non sarebbero stati ricavati dettagli utili. Una patente falsa del Michigan ha fatto perdere diverse ore agli investigatori dietro una pista che li ha portati ad un binario morto.
La ricerca del colpevole
Il 22 luglio la Bulgaria ha fatto sapere che nulla è emerso dall’esame dei campioni di DNA dell’attentatore inviati negli Stati Uniti, dove non sono state riscontrate corrispondenze con alcun ex detenuto di Guantanamo. Esaminato pure l’esplosivo, senza rintracciare uguaglianza con quelli impiegati in esplosioni precedenti. “É importante per noi capire quando l’uomo è entrato in Bulgaria – ha dichiarato venerdì scorso il ministro degli Interni Tsvetan Tsvetanov – e da quanto tempo si trovava all’interno dei nostri confini prima dell’attacco. Gli esperti stanno raccogliendo informazioni e noi le stiamo condividendo con tutte le parti coinvolte” ha concluso il politico incaricato delle indagini, ricordando la stretta collaborazione con Israele e aggiungendo che non si esclude l’esistenza di un complice. Il piano infatti risulta troppo complesso per una persona sola. Più ragionevole, secondo gli investigatori, che ne siano servite almeno due per elaborare i passaggi, sorvegliare gli autobus ed assemblare gli esplosivi. Anche su questo fronte si continua a investigare senza alcun indizio significativo. Guardando infine alle caratteristiche fisiche del giovane individuato nelle riprese interne del terminale, è difficile non trovarlo troppo fedele all’identikit standard del kamikaze: lunghi capelli ondulati, barba e cappellino, vestito da giramondo. Strano che un attacco terroristico sia architettato con un’attenzione così scarsa a camuffare i dettagli sospetti. Inoltre, stando a testimoni citati dalla procura regionale di Burgas, il giovane avrebbe tentato di noleggiare un auto a Pomorie, luogo di mare a 20km dall’aeroporto. Il noleggiatore e sua moglie ricordano un uomo che ha chiesto un veicolo parlando in inglese con accento arabo, che ha mostrato “una gran quantità di banconote da 500 euro” nel tentativo, vano, di ottenere una vettura per 4 giorni, nonostante sia disponibile solo il servizio in giornata. Un comportamento piuttosto sconsiderato per un attentatore esperto, a mio avviso.
Israele e Usa: c’è il marchio Hezbollah
Per Israele non ci sono dubbi. Tel Aviv ha da subito accusato l’Iran, precisando che il mandante sarebbe Hezbollah, il partito sciita libanese. Così si è espresso il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu: “Tutti gli indizi portano all’Iran. Nei mesi scorsi altri attacchi simili sono stati compiuti in Israele, Tailandia, India, Georgia, Kenya e Cipro”. Il ministro degli affari esteri Avigdor Lieberman sostiene l’esistenza di prove concrete che il responsabile dell’attacco è Hezbollah, in stretta cooperazione con la Guardia Rivoluzionaria Iraniana. Gli Stati Uniti esibiscono la stessa sicurezza. Dall’ufficio stampa del Pentagono, il segretario George Little riferisce ai giornalisti che “l’episodio porta i segni distintivi di Hezbollah“. Quali siano questi tratti tipici non è dato saperlo, stando alle fonti ad oggi disponibili. Sembra evidente, in definitiva che l’importante per Israele e per gli Usa è accusare l’Iran. L’Iran ha negato e accusato Israele a sua volta. Il solito battibecco, purtroppo da non sottovalutare. La Bulgaria, da parte sua, dichiara di non accusare nessuno e di attendere gli sviluppi delle indagini.
La Bulgaria sapeva di essere a rischio
Accuse a parte, ammesso la cellula Base of Jihad sia davvero la responsabile del folle gesto e non stia solo cercando di appropriarsene, perché colpire proprio in Bulgaria per danneggiare Israele? Oltretutto, anche se si tratta del primo caso del genere in Bulgaria, a gennaio era stato sventato un piano anti-israeliano nel Paese. C’è dell’altro. Il Mossad, l’intelligence israeliana, due mesi fa aveva indicato la Bulgaria come territorio a rischio attentati. Un suggerimento di cui non ci sono spiegazioni. La Bulgaria d’altro canto non è un luogo improbabile per attaccare Israele e non deve stupire che i colpevoli si siano messi a seguire il tragitto di una comitiva in vacanza dallo stato ebraico. I due Paesi, infatti, non sono lontani come possono sembrare.
Gli ebrei in Bulgaria
Per ricostruire la storia dei rapporti tra ebrei e bulgari, bisogna risalire almeno alla seconda guerra mondiale, ancor prima quindi della nascita dello stato di Israele. La Bulgaria era alleata della Germania, quando il governo di Sofia emise una serie di leggi razziali contro gli ebrei bulgari, insediati in questo territorio già nel secondo secolo dopo Cristo. Nel 1941, la Legge per la Protezione Nazionale bandì questa fetta della popolazione dal voto, dalle cariche politiche, dall’esercito e dalla proprietà agricola. Anche i matrimoni misti furono proibiti. Nel 1943 la legislazione fu messa in atto con un decreto che ordinava il “ricollocamento” in Polonia di circa 50mila ebrei locali. La destinazione finale sarebbe stata Auschwitz. Tuttavia, l’insistenza di un gruppo di dissidenti all’interno del governo contrari la norma fu tale che la Bulgaria non effettuò alcuna deportazione di massa. Prima che la notizia della cancellazione della legge si fosse diffusa in tutto il paese, purtroppo, fu comunque provocata la sparizione di un numero imprecisato di ebrei residenti in Macedonia e in Tracia, i territori promessi a Sofia dalla Germania in cambio del supporto nel conflitto. Nel secondo dopoguerra, la Bulgaria entrò nella sfera sovietica e circa 10mila cittadini ebrei si spostarono nel neonato stato d’Israele. Da allora è forte il legame tra i due territori, anche per motivazioni legate all’Olocausto.
Vacanze in Bulgaria
Che ci facevano i turisti israeliani in Bulgaria? Anche in questo caso, la spiegazione c’è ed è semplice: la Bulgaria è una meta conveniente. Quella di Burgas è una delle 28 regioni della Bulgaria, confina con la Turchia a Sud e si affaccia sul Mar Nero ad Est con diverse località balneari. Tra queste anche Sunny Beach, dove era diretto il bus con a bordo gli israeliani. Un centro turistico costruito in era comunista ed interessato nell’ultimo decennio da un forte sviluppo del terziario che lo ha reso attraente non più solo per russi e tedeschi, ma anche come meta delle vacanze di inglesi, olandesi e scandinavi o per i turisti del Medio Oriente. Le spiagge sono mediterranee, ma il clima fresco del Mar Nero e i prezzi più bassi le rendono preferibili alle alternative più note. Nella giornata di lunedì, Israele invierà in Bulgaria una delegazione di funzionari del settore turistico per ribadire e rinsaldare i legami con il Paese. “Il terrorismo non distruggerà le nostre vite e non fermerà le nostre aspirazioni – ha dichiarato il ministro del Turismo israeliano Stas Misezhnikov -. Il turismo è un ponte verso la pace, la comprensione e il dialogo tra nazioni e ha il potere di rafforzare le nostre relazioni reciproche. Presentiamo la nostra gratitudine al popolo bulgaro e al governo locale per il l’attenzione con cui sta trattando questa tragedia”.