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Buon Compleanno Subsonica: 15 Anni e Non Sentirli

Creato il 28 maggio 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il maggio 28, 2012 | MUSICA | Autore: Simona Martini

Buon Compleanno Subsonica: 15 Anni e Non SentirliEra il 1997. Avevi 16 anni e la scoperta costante, possibilmente quotidiana, di nuova musica era una delle attività essenziali dei tuoi giorni. Quando MTV trasmetteva ancora musica e c’era pure la compianta TMC2, che non ti faceva mancare una dose quotidiana di amarcord e novità. I compiti per il giorno dopo li iniziavi ad orari improponibili, autodestinandoti a nottate in bianco su filosofia, letteratura greca, storia dell’arte, chimica. E ogni giorno sapevi che sarebbe stato così, ma andava bene e non poteva essere diversamente. Video in bianco e nero, periferia urbana. Ritmo sincopato, basso in primo piano, archi. Non sai ancora a cosa sei davanti, ma senti che è in atto una folgorazione, un cambiamento. È in lingua italiana, ma italiano non sembra questo sound; è canzone italiana ma, questa concatenazione di parole, che ti pare mescolare immagini e immaginazioni di cui sentivi la mancanza non le somiglia. Sono ragazzi giovani, un ricciolino magro che ondeggia e si disarticola sulla tastiera, un cantante che catalizza l’attenzione per il taglio di capelli, i vestiti e i saltelli che, a te che sei un’adolescente, sembrano dare una sferzata alla melodia italiana che ti dice poco. Sentivi il bisogno di aria nuova e ritmi diversi, e adesso senti di averli trovati. Il video non lo capisci molto, in verità, ma è l’ultima cosa che ti interessa capire in quel momento. E infatti tutte le volte successive in cui lo beccherai in TV, ti scoprirai a focalizzarti molto poco su quello che vedi ma molto su quello che ascolti. Nervi che improvvisano, né sogni né orizzonti, la tazza di un caffè. Senza parole, senza parole, senza parole… È il periodo in cui scopri Roni Size e il drum’n’bass, scopri il Bristol Sound dei Massive Attack e ti accorgi che gli anni ’90 hanno questo suono. Hanno anche quello dei Prodigy, hanno anche techno e trance, ma trovi sempre più la conferma che questi Subsonica – anzi, Subs0nicA, come l’album di esordio – ci hanno preso. E ti dici: «Finalmente dopo tanti anni qualcosa di bello e italiano!». Qualcosa di giovane e azzeccato. Almeno, per te. The sound of the times.

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E quanto può farti piacere, esattamente quindici anni dopo, vedere che quelli che nel frattempo sono diventati i tuoi Subsonica, sì, sempre loro, che non ti hanno mai tradita e che non hai mai tradito, pensano bene di festeggiare il quindicesimo compleanno di quella folgorazione, di quella svolta, di quel momento? Cinque date per un quintetto: imperdibili, per omaggiare e riascoltare tante canzoni degli esordi, assieme ai successi più recenti. E verranno riproposte con gli strumenti di allora. Vintage, quindi. Forum di Assago, 23 aprile 2012. È una festa e, come ogni festa, ha la sua colonna sonora. The sound of the Nineties, che i nostri hanno scelto di proporre anche nel set delle canzoni che vengono trasmesse nel palazzetto prima dello show: Neffa, Air, Morcheeba, Sneaker Pimps. L’età degli astanti è ormai quella classica, consolidata nei concerti dei Subsonica: dai giovani(ssimi) ai brizzolati di mezza età. Quindi, sia quelli che quindici anni fa “c’erano”, sia quelli che erano troppo giovani per ascoltare con piena consapevolezza brani dell’epoca come Aspettando il sole, Sexy Boy, The Sea, Six Undergound, o appunto Istantanee e Cose che non ho. Sei accomodato sugli spalti, praticamente attaccato alla postazione solitamente occupata da Boosta sul palco, e vieni simpaticamente invaso dal fumo di chi se ne infischia del divieto, a dieci metri da security e vigili del fuoco. E i tuoi polmoni gridano vendetta.

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Ore 21,25: scorgi nel backstage i tuoi cinque compagni di strada da metà vita, uno a uno fanno il loro ingresso sul palco – la parte più avanzata di esso, quella con gli strumenti vintage del 1997. Accolti da un boato di entusiasmo e di gioia, attaccano Come se: il coro che si leva dal pubblico sovrasta a tratti la voce di Samuel, palesemente vestito come uno che ha meno della metà dei suoi anni. Sneakers, maglietta sportiva, cappellino con megavisiera e collanona appariscente. Vintage is vintage, baby. Vieni colpito da quanto Vicio se la stia ridendo e si stia godendo la performance. Sono sound che gratificano un bassista, questi. La successiva Cose che non ho esalta ancora di più il pubblico, incluse due quarantenni nel parterre su cui ti cade l’occhio perché ondeggiano seguendo il ritmo con in mano due bicchieri di birra a testa. Durante il brano, Samuel introduce “DJ Boosta” e il boato che ne segue, breve ma intenso, ti fa sentire per un momento a San Siro più che ad Assago. La folla si muove to the sound of the Neinties, e non ci sono generazioni che tengano: il ritmo è quello e non si può scappare, si può solo obbedire al Master of Ceremonies, Samuel. Lo stesso si ripete con Daitarn III, cover storica degli esordi della band, che sembra aver concluso la fase di riscaldamento, sancita da Boosta che prende a ondeggiare sapientemente sulla tastiera, come ci ha abituato.

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Citando uno dei brani del disco di esordio che stiamo celebrando, Samuel chiede: «Chi sa cosa sono le onde quadre?» e finge di spiegare a Boosta che si tratta delle onde della distorsione. E allora distorciamoli i suoni delle note: arriva Istantanee, proposta in una versione fresca e potente in cui Boosta e Vicio giganteggiano. Arriva anche l’evocata Onde quadre, in una versione esplosiva, come fosse una cover delle meglio riuscite: i Subsonica che fanno un ottimo e doveroso tributo a se stessi. Senti nell’aria quanto fa caldo per tutte le calorie che si stanno bruciando fra parterre e spalti a forza di jompare. Al termine della performance, Samuel domanda: «Siamo credibili nei panni di quindicenni?». E qui arriva la sorpresa, la finezza, tu chiamala se vuoi ovvietà ma così non è: Samuel spiega di voler invitare sul palco «una coppia che sembrava indivisibile… Doctor&Doctor», alias il primo bassista della band. Ed eccoti Pierfunk sul palco, anzi Coi piedi sul palco. Per qualcuno una sorpresa piacevole e inaspettata, ma per chi aveva già seguito le anticipazioni online, sorpresa non è. Lui non ha mai appeso il basso al chiodo, ma ha preferito seguire altri progetti, sia extramusicali sia musicali – come i Motel Connection, in cui suona con lo stesso Samuel. Dice di sentirsi “caldissimo” e parte con Radioestensioni, singolo dell’album d’esordio ripescato dopo tanti anni. E Pierfunk sorride per tutto il tempo, sembra che questi anni non siano passati: se non fosse per un po’ di sale e pepe in testa, oggi potrebbe anche essere il 1997. Doctor&Doctor scambia risate complici con Boosta, che ricambia offrendo una bella esecuzione del brano, che confluisce poi nella raffinata, evocativa Giungla Nord. Questa canzone, questa giungla, è il regno di Max, Pier e Ninja. E the sound of the ’90s è meravigliosamente servito: a voi Torino, siore e siori, col suo blu, col suo grigio e le sue nebbie di qui, come titoli di coda su storie a lieto fine.

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Torna sul palco Vicio, che dà il cinque a Pierfunk e si unisce a lui per eseguire Per un’ora d’amore, il successo di cui nel 1997 Antonella Ruggiero chiese una reinterpretazione proprio agli esordienti Subsonica, dando origine a una collaborazione di qualità e di successo. Possiamo dirlo? Sì, lo diciamo: la performance e la veste sonora offerte dai Fab Five (adesso addirittura Fab Six) ricordano di nuovo a tutti, dopo quindici anni, che per qualcuno di noi la versione definitiva di questa canzone l’hanno fatta i Subsonica. Non è che siamo di parte, è che Boosta, Max e due signori al basso ce la stanno infilzando nelle orecchie, questa conferma. Ed è bellissimo ascoltare come per Samuel gli anni non siano passati affatto. Non nella sua ugola. E mentre Pierfunk saluta il pubblico che ricambia con l’affetto di sempre, «Quindici anni fa, questi ragazzi provavano a vendere il marchio Subsonica» dice Samuel, indicando il drappo col loro simbolo, che cala come un sipario a coprire l’area del palco che ospita la sezione ritmica: restano on stage solo lui, Max e Boosta, e intonano Funkstar, ciò che quei ragazzi provavano a diventare quindici anni fa. Che sono pochi, faresti solo il secondo anno delle superiori. E invece sembrano così tanti, se ricordi che metà della tua vita è passata, col sottofondo anche di questo sound. Bella bella bella questa versione a tre. Vuol dire che la sostanza c’è… o no? Lo stesso trio esegue Tutti i miei sbagli in versione acustica, letteralmente sovrastata dal popolo del sold out di Assago, a braccia alzate e ugole squarciate. Come se tutti la stessero aspettando per sfogarsi. La melodia è sostenuta da C-Max, con un accompagnamento di Boosta splendidamente minimal nelle strofe, intenso e deciso nel ritornello.

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Pausa. Il trio saluta momentaneamente mentre vengono trasmesse nel buio alcune voci registrate, inviate da alcuni fan del gruppo, che hanno raccontato in breve questi quindici anni. Dall’onnipresente «Sono la colonna sonora della mia vita» a «Sono quindici anni che li seguo», per concludere con «Per me i Subsonica sono cinque anomali cazzoni elettronici». Decisamente il vincitore. Il telo che fa da sfondo al palco vintage si illumina di toni psichedelici: sta per riprendere lo show e, sorpresa delle sorprese, partono le note di Ratto, ottimo pezzo del tanto (ingiustamente) bistrattato album Terrestre. È ufficialmente quindi iniziata la sezione che celebra la versione “anni 2000” dei Subsonica. Sarà pure stato criticato, questo album, ma qui l’impressione è che questa canzone la stiano cantando anche i muri del palazzetto. E che siamo negli anni 2000 te ne accorgi anche dal cambio d’abito, nonché della strumentazione della band: i cinque sono tornati come ce li ricordiamo nei tempi più recenti, a partire dalla tastiera a molla che rende ancora più unico Boosta. E la canzone, scandita da un Ninja che picchia preciso e martellante, è accompagnata da un bell’arcobaleno di luci, su un palco che adesso è ben più ampio del precedente, con linee oblique e dislivelli su cui Samuel si avventura in maratone e zompi, come da quindicesimo compleanno che si rispetti. E il palcoscenico continua ad essere una palestra per le corse e i salti di Samuel anche nelle note successive, perché torniamo alla fine degli anni Novanta e all’album Microchip emozionale, con Aurora sogna. I puristi direbbero dalle stalle alle stelle, ma quello che si percepisce è delirio in questo brano come in quello precedente.

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Quando il quintetto attacca Depre, inizia la festa del salto, perché questa canzone è una botta di energia che cozza con il testo a base di psicofarmaci. Non perché sia frutto di un viaggio lisergico, ma perché è proprio composto da nomi di ansiolitici, sonniferi e compagnia bella. Una piccola grande genialata che ti fa venire in mente Disintegration dei Cure: liriche in odore di depressione, musica ariosa ed esplosiva. La festa e l’adrenalina non interrompono il loro circolo, perché arriva Liberi tutti, accolta dall’ennesimo boato. L’inno che accompagna tutti i live subsonici porta un dimagritissimo Samuel a fare ripetuti su e giù dal ponticello formato dai dislivelli del palco: chissà quanto smaltirà ancora, fino a fine serata. E durante il ritornello, non a caso liberatorio, ti viene in mente quanto in realtà libero non sei. È un inno ma è anche una presa in giro, paradossalmente: oggi ancora di più, a parte i diritti fondamentali e a volte neanche quelli, quali altre libertà ti sono davvero rimaste? Ti viene rabbia, e siccome i Subsonica ti conoscono da quando avevi sedici anni, sanno già quello che stai provando e allora ti scaricano addosso l’ondata violenta, perfetta e giovane de Il diluvio, il canto dei samurai di oggi, senza pace e senza guerra. Come nelle precedenti performance di questa canzone, a metà brano Samuel chiede a tutto il pubblico di accosciarsi: «Tutti a terra… Qualcuno lo abbiamo fatto cadere, ne restano ancora altri da buttare giù e quindi adesso al mio segnale lanciamo nello spazio, nella stratosfera, tutto quanto c’è di putrido nel nostro paese». Il momento del salto collettivo, quando il popolo degli accucciati si lancia, è uno spettacolo, visto dagli spalti: l’ondata violenta c’è tutta.

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Ormai il Forum è diventato una discoteca, e il riflusso dell’onda prosegue con L’errore, in cui Samuel, solidale con tutti i convenuti, continua a bruciare migliaia di calorie per raggiungere in corsa tutti gli anfratti del bel palco. Il pezzo che segue è un altro che sorprende, eccome: l’ottima cover che i torinesi suonavano nei live dei loro esordi, nientemeno che Tu menti dei CCCP, in una rivisitazione in chiave dub ed elettronica. «Sarete mica stanchi?» chiede Samuel, sulla intro di Colpo di pistola. E come fai ad essere stanco, su queste note? Più che un inno: una necessità. Tratto comune ad ogni biografia. C’è da domandarsi come faccia Samuel a correre, sì, correre, mentre canta il ritornello, quando la danza di Boosta che, in una camicia ormai pezzata, violenta la tastiera a molla, ti fa sentire a casa. E proprio la casa è evocata da Samuel (lo abbiamo detto, che i Fab Five sono dotati di sesto senso) nell’introdurre il brano successivo: «Possiamo dedicarvi una canzone che parla della nostra città? Voi, anche quando siamo lontani, ci fate sentire a casa». Dopotutto, la casa dei Subs non è solo Torino, è anche stare Coi piedi sul palco, come recita il loro primo album live. E il carattere spinoso di Torino e dei suoi abitanti è tutto in Istrice, apprezzatissima dal pubblico, e caratterizzata da una toccante esecuzione di Max, a incorniciare il bellissimo lavoro delle tastiere che fanno da tappeto sonoro a uno dei più bei brani del recente album, Eden. Altra pausa, durante la quale, oltre a sperare in un cambio di camicia per il bene di Boosta, hai modo di concentrarti su quanto sia stracolmo il Forum. Ogni volta che vedi i Subsonica in questo palazzetto pensi: «non lo vedrò mai più così pieno», e invece allo show successivo ti sembra zeppo più di prima. Che siano una band amatissima non lo scopriamo adesso. L’unicità delle cinque date per il quindicesimo compleanno ha fatto il resto.

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Al rientro del gruppo, cambio di maglia per tutti ma ambientazione sempre uguale: si resta nel regno sabaudo, infatti inizia Il cielo su Torino, di diritto una delle tante “canzoni più belle dei Subsonica”. Una performance, questa, che è come un ritorno a casa; in un live subsonico, è come la pasta della mamma, è un sapore che non è mai cambiato e che ogni volta è come la prima. Poi finalmente senti un suono proveniente dall’album L’eclissi, uno dei più belli del quintetto piemontese, qui rappresentato da La glaciazione. E se pensavate di esservela cavata così, beccatevi anche Discolabirinto, che della mamma è il tiramisù. Boosta se la ride tutto il tempo, e mentre insieme a Max fa divampare il ritornello, il filo conduttore della serata, il 15, torna protagonista come in ogni concerto subsonico: anche oggi, abbiamo tutti quindici anni. E quindi è un po’ anche il nostro compleanno. E mentre nel parterre imperversa il crowd diving, i nostri fanno scivolare l’ipnotica conclusione di Discolabirinto in Nuvole Rapide, uno dei brani più amati dai fan, nonché uno dei pochi superstiti del bellissimo album Amorematico nei live del gruppo. Alla fine della canzone, Samuel si prende il gusto di farsi beffe del pubblico: «Ragazzi, come va? Vi vedo affaticati… Guardate noi, invece!». In effetti… E per il compleanno non può mancare Nuova ossessione, che riscuote l’entusiasmo ormai consolidato da parte degli astanti. La performance risulta fra le migliori di questo brano: tutto sembra più fresco e rinnovato, grazie soprattutto a un Vicio magistrale, che offre una serie di pulsazioni a cui non si può resistere, in coppia col Ninja. Ma è un ninja anche Samuel, da cui dovremmo farci consigliare il dietologo ma anche gli integratori che gli permettono di cantare a pieni polmoni correndo su e giù per i cinque cubi posti sul proscenio del palco. Ah già, è vero: ha quindici anni!

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E quale miglior regalo di compleanno di Up Patriots to Arms, cover di quell’insieme di verità assolute scritto da Battiato e al contempo dichiarazione di intenti. L’esecuzione è adrenalinica e potente, il pezzo è stato fin da subito – e a ragione – amatissimo dai fan del gruppo. I Subsonica hanno realizzato una versione del brano proprio insieme a Battiato, su suo stesso invito. A proseguire la scossa energetica arriva poi Tutti i miei sbagli, full band stavolta, che trova il gradimento urlato di tutto il Forum: in effetti, del menu della mamma questo è il limoncello. Ingredienti genuini e sapore dolceamaro che è quello di sempre solo se a tavola ci sono tutti e cinque. Alla fine Samuel, per la gioia delle prime file, si getta fra le braccia del pubblico, che diventano fauci pronte a non mollarlo. Al suo ritorno sul palco, è il turno di Preso blu: back to the ’90s per un momento chillout di pura atmosfera. Qui Samuel introduce tutti i membri del gruppo, facendo spiccare Bass Vicio ai suoni gutturali e Ninja alle ritmiche gutturali, a sottolineare la portata drum’n’bass del sound della band, dal 1997 ad oggi.

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Dopo l’ultima pausa, al rientro sul palco, il gruppo esplode con Benzina Ogoshi, mentre si avverte la presenza di una specie di mostro mascherato con tanto di mantello nero che si aggira con foga sul palco suonando una keytar: è ovviamente Boosta nei panni di Motosegak, ironico personaggio creato dalla band durante le fasi di preparazione di Eden e spauracchio dell’accusa di commerciabilità che aleggia da parte dei puristi (ma puristi di cosa, poi?) verso la band torinese. Benzina Ogoshi diverte ed è sempre travolgente, portando via con sé le ultime energie salterecce dei presenti. Alla sua conclusione, Samuel porge «un grazie a Motosegak, che ci illumina sempre», e la serata si avvia al termine sulle note di Nicotina groove, che guardacaso è la chiusura dell’album di esordio. Qui l’atmosfera chillout, di quelle che i Subs sanno ricreare con niente, è impreziosita dal cantato quasi drammatico di Samuel, che dona un rinnovato sapore blues a un brano che è una conclusione perfetta per questa festa. E mentre la performance va avanti, si riaccendono tutte le luci bianche del palazzetto, in modo che ci si possa guardare negli occhi più da vicino, oggi come quindici anni fa. Ah, una cosa, anzi due. Uno: non è vero che non sono riusciti a bissare Microchip Emozionale, inteso come album di qualità. Due: riescono puntualmente a bissare, all’infinito, il cortocircuito emozionale e adrenalinico che ti danno, in ogni live, con ogni dannatissima nota. Buon compleanno Subsonica, buon compleanno anni Novanta.

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Fotografie di Simona Martini



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