Oggi 9 aprile è il compleanno di Valerie Solanas.
Se fosse viva, compirebbe 77 anni. Ma Valerie è morta, all’età di 52 anni, il 26 aprile del 1988.
Il mio regalo di compleanno per Valerie è scrivere di lei, cercando di dare un minuscolo contributo nella tessitura delle trame della memoria storica “scomoda” ancora obliata e bistrattata. In questa storia minuscola (idealmente contrapposta a quella ufficiale maiuscola) rientra a pieno titolo Valerie Solanas, pressocché sconosciuta nella mia generazione e da me “scoperta” per caso, pascolando in Internet. E anche in Internet è difficile reperire informazioni su di lei nelle pagine in italiano (in sintesi: solo Wikipedia la conosce). Una vera e propria damnatio memoriae 2.0. Ci sarebbe poco da stupirsi, in realtà. Mi sto faticosamente abituando a sapere ignorate molte pagine di storia. Anzi Valerie mi conferma quanto il percorso da archeologa femminista (riportare alla luce pezzi di storia sepolti dalla Storia) sia ancora lungo e faticoso.
Riguardo a Valerie, nelle migliori delle ipotesi la si ricorda come quella che ha sparato a Andy Warhol, vuoi anche per il film I shot Andy Warhol (e proprio in questa “veste” le nostre strade si sono accidentalmente incrociate nel web).
Era il 4 luglio 1968, Valerie impugnava una calibro 32 automatica. 3 colpi, ma Warhol non muore (non in quella circostanza, quantomeno). Tutto questo in un momento storico singolare: da pochi mesi era morto sparato Martin Luther King, e solo pochi giorni dopo Warhol, toccherà fatalmente a Robert Kennedy, candidato alla presidenza americana.
Ma io voglio parlare di Valerie Solanas come “una delle più importanti portavoce del movimento femminista” come l’ha definita Florynce Kennedy, sua rappresentante legale al processo.
Femminista radicale? Di questa controversa e affascinante voce del femminismo, il femminismo poca o nulla ha detto. Figlia disconosciuta forse perché troppo fuori dagli schemi (anche per le femministe? Che bigotte!) o forse per paura che potesse compromettere il buon nome (?) del Femminismo?
Valerie, la pazza! La lesbica pazza! La nemica numero uno degli uomini!
Una strega!
Meglio bruciarla, o farla sprofondare del dimenticatoio della storia?
Anche senza Valerie le femministe hanno difeso il loro onorabilissimo buon nome di puttane, lesbiche, pazze, isteriche, e ovviamente di donne che odiano gli uomini.
Tanto vale, quindi, non continuare a privarci del contributo di Valerie alla causa , l’eliminazione degli uomini (ironia ovviamente!)
Spregiudicatezza, libertà espressiva e una forte ironia sono le cifre della sua vita (vagabonda) e della sua opera: SCUM Manifesto del 1967.
Scum, che tradotto significa “feccia”, è tendenzialmente interpretato come “Society for cutting up Men” (anche se Solanas ha disconosciuto questo acronimo) Valerie autopubblica SCUM e lo vende dinanzi alle edicole e ai locali alternativi a 25 centesimi alle donne e 1 dollaro agli uomini. In Italia una prima edizione clandestina di SCUM è in circolazione già alla fine degli anni Settanta ma solo negli anni Ottanta viene pubblicato dalle Edizioni delle donne a cura di Anne Marie Boetti. In questo testo originale e underground, Solanas teorizza una rivoluzione SCUM delle donne sugli uomini. In realtà SCUM si presta a vari livelli di lettura. La stessa Solanas resterà delusa dal fatto che il suo manifesto sarà frainteso, condannandola a nemica pubblica degli uomini (la rivoluzione SCUM prevede nella fase finale l’assassinio degli uomini cominciando dai più nocivi. “Scum assassinerà e distruggerà in modo selettivo e discriminato… braccherà la sua preda freddamente nell’ombra e poi con calma, la ucciderà”. )
Al riguardo, su un vecchio articolo femminista a firma di Rosanna Fiocchetto, si legge:
Ecco l’incipit di SCUM:
Life in this society being, at best, an utter bore and no aspect of society being at all relevant to
women, there remains to civic-minded, responsible, thrill-seeking females only to overthrow the
government, eliminate the money system, institute complete automation and destroy the male
sex.
It is now technically feasible to reproduce without the aid of males (or, for that matter, females)
and to produce only females. We must begin immediately to do so. Retaining the mail has not
even the dubious purpose of reproduction. The male is a biological accident: the Y (male)
gene is an incomplete X (female) gene, that is, it has an incomplete set of chromosomes. In
other words, the male is an incomplete female, a walking abortion, aborted at the gene stage.
To be male is to be deficient, emotionally limited; maleness is a deficiency disease and males
are emotional cripples.
The male is completely egocentric, trapped inside himself, incapable of empathizing or
identifying with others, or love, friendship, affection of tenderness. He is a completely isolated
unit, incapable of rapport with anyone. His responses are entirely visceral, not cerebral; his
intelligence is a mere tool in the services of his drives and needs; he is incapable of mental
passion, mental interaction; he can’t relate to anything other than his own physical sensations.
He is a half-dead, unresponsive lump, incapable of giving or receiving pleasure or happiness;
consequently, he is at best an utter bore, an inoffensive blob, since only those capable of
absorption in others can be charming. He is trapped in a twilight zone halfway between
humans and apes, and is far worse off than the apes because, unlike the apes, he is capable
of a large array of negative feelings — hate, jealousy, contempt, disgust, guilt, shame, doubt –
and moreover, he is aware of what he is and what he isn’t.
Buona lettura a voi… e ancora grazie e buon compleanno, Valerie femminista underground e on the road !