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Buon compleanno Zelda! - Speciale

Creato il 21 febbraio 2016 da Intrattenimento

The Legend of Zelda compie 30 anni: abbiamo deciso di festeggiare raccontandovi la sua storia e quella della saga a cui ha dato vita

21 febbraio 1986: esattamente 30 anni fa i videogiocatori giapponesi acquistavano, senza ancora poterlo sapere, un titolo che avrebbe rivoluzionato un certo modo di fare videogiochi e dato vita a una delle serie più importanti e longeve del panorama ludico mondiale, che avrebbe poi trovato spazio anche in decine di altri prodotti quali fumetti, anime, gadget e racconti. All'interno della confezione, "scritto" su un floppy disk di colore giallo, c'era infatti The Legend of Zelda, ancora oggi considerato da alcune delle più importanti riviste del settore e da molti fan, come "uno dei quindici giochi più influenti di tutti i tempi", e "il più grande videogioco di sempre, per certe caratteristiche anni luce in anticipo sui tempi". Per celebrare degnamente il trentennale della sua pubblicazione e in generale della serie che ne ha preso il nome, abbiamo pensato di raccontarvi la sua storia attraverso le informazioni, le curiosità e gli aneddoti legati in particolar modo al capostipite e ai giochi principali. Ma visto che lo spazio è quello che è, ci perdonerete qualche eventuale omissione o l'esclusione di certi spin-off o remake. D'altronde in nessun modo questo speciale vuole essere esaustivo sotto ogni punto di vista, né ergersi a una sorta di mini-compendium su Zelda. Piuttosto vuole essere un semplice omaggio a una delle saghe più amate di tutti i tempi.

twittalo! Buon compleanno Zelda! La serie ideata da Shigeru Miyamoto compie 30 anni: festeggiamola insieme

Realtà e fantasia

Ma parlare della serie Zelda senza farlo anche di colui che l'ha creata, vale a dire Shigeru Miyamoto, sarebbe un sacrilegio, considerando come le due cose siano legate a doppio filo. È la metà circa degli anni '80 quando Shigeru fantastica di trasporre in un videogioco quella semplice ma indescrivibile sensazione di avventura e meraviglia che percepiva da piccolo ogni volta che esplorava la zona collinare che circondava il suo quartiere natale. Un'area ricca di vegetazione, dove il giovane Miyamoto immaginava di vivere emozionanti storie di eroi senza macchia e senza paura, Principesse da salvare, creature fantastiche e tesori da scovare.

Buon compleanno Zelda!
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Magari all'interno di una grotta, come quella che una volta trovò sul serio ed esplorò munito di lanterna, o in fondo a un lago. "Quando ero un bambino", raccontò una volta, "ho fatto trekking senza portarmi dietro una mappa, e a un certo punto mi sono imbattuto per caso in uno specchio d'acqua. È stata una sorpresa, qualcosa di magico". Il suo primo esperimento, in tal senso, fu un gioco d'avventura che nella sua immaginazione doveva sembrare "un giardino in miniatura da chiudere in un cassetto", un videogame non lineare in cui l'utente doveva affrontare enigmi di vario genere usando il cervello più che i riflessi. Ed esplorare, girovagare, perdersi letteralmente nel tentativo di trovare la sua strada, rimanendo sorpreso e meravigliato davanti a ogni nuova scoperta. Aggrappandosi ai ricordi della sua infanzia, Miyamoto creò un mondo sorprendente che chiamò Hyrule. Una terra popolata da creature di fantasia, dalle vaste dimensioni e dalla conformità "particolare", che in ogni episodio presenterà poi forme differenti pur mantenendo alcuni elementi caratteristici. Attraversata anche da un gran numero di labirinti che il giocatore era costretto a esplorare per poter completare il gioco. Anche per i dungeon Miyamoto si ispirò a delle esperienze reali, in questo caso al ricordo di quando da bambino si perdeva letteralmente in mezzo al labirinto di porte scorrevoli della sua casa di famiglia a Sonobe. Era il 21 febbraio del 1986 quando Nintendo rilasciava The Legend of Zelda come titolo di lancio per il Famicom Disk System, la periferica del Famicom (NES in occidente) che leggeva i floppy disk. Una scelta determinata anche dalla volontà di sfruttare la maggiore capienza dei dischi rispetto a una normale cartuccia, ed offrire così un prodotto qualitativamente migliore. Il gioco creato da Miyamoto (accreditato come S. Miyahon) e Takashi Tezuka (accreditato come Ten Ten), fu subito un successo vendendo tanto e guadagnandosi il plauso incondizionato delle principali riviste del settore, entrando in breve tempo nella leggenda a suon di record (il prodotto è nel Guinnes dei primati con ben cinque record, tra i quali "Highest-Rated Game of All Time" e "First Game with a Battery Powered Save Feature".

La leggenda di Zelda

Il gameplay di The Legend of Zelda era diverso da quello lineare di altri giochi a lui contemporanei, compreso quel Super Mario Bros. che la stessa coppia Miyamoto-Tezuka aveva sviluppato in contemporanea. In tal senso offriva la libera esplorazione di un mondo aperto che si dipanava davanti agli occhi dell'utente pian piano, mischiando il tutto con la risoluzione di puzzle e l'azione. Tutti elementi che verranno idealmente mantenuti per tutta la serie, tranne per quelle "naturali" modifiche legate all'evoluzione dell'hardware o, più raramente, a qualche esperimento stilistico, vedi Zelda II - The Adventure of Link. Ad ogni modo le novità non si fermavano qui: il titolo dava più importanza al completamento in sé dell'avventura, piuttosto che a un punteggio acquisto eliminando nemici e superando i vari livelli, abbandonando di fatto l'ormai abusato sistema che caratterizzava i videogiochi di quel periodo, e anticipava per certi versi i tempi sviluppando anche un concetto "primitivo", vista l'epoca tecnologica, di comunicazione e interazione fra giocatori.

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A dispetto di chi al tempo considerava le opere di intrattenimento elettronico come un prodotto di nicchia e un qualcosa di alienante per chi ne fruiva, il titolo costringeva gli utenti a incontrarsi, parlare, discutere per condividere le proprie idee e per trovare i vari segreti nascosti nel gioco. Nei progetti iniziali, per esempio, Link avrebbe dovuto avere da subito una spada nel suo inventario. Ma questo secondo Shigeru avrebbe facilitato il compito degli appassionati, privandoli da un lato di quel gusto iniziale di perdersi letteralmente tra i labirinti, desiderosi di trovare da sé un arma con la quale difendersi, e dall'altro di interagire, come detto, con gli amici. Dulcis in fundo The Legend of Zelda fu il primo gioco per console della storia ad integrare una batteria interna per il salvataggio dei dati, cosa che consentiva al giocatore di poter salvare la propria partita senza dover far ricorso al vecchio metodo delle password. È anche per via di queste innovazioni, per questo diverso modo di concepire un'opera di intrattenimento elettronico, che Zelda è diventato nel tempo qualcosa di molto diverso rispetto a un normale videogioco, finendo anche per ispirare, anno dopo anno, decine di altre produzioni soprattutto nell'ambito dei giochi di ruolo d'azione, di cui è considerato il precursore nonostante il primo episodio fosse privo nel suo DNA di una delle meccaniche chiave di un RPG, cioè a dire i punti esperienza.
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Eroi, principesse e cattivi

The Legend of Zelda fissò idealmente anche i tratti peculiari di personaggi e oggetti chiave del gioco, tra cui Link, la Principessa, Ganon e la Triforza: la loro fisionomia e alcune caratteristiche sarebbero cambiate a volte di gioco in gioco (la stessa Hyrule non ospiterà sempre le loro avventure), ma certi elementi base no, continuando immutabili a caratterizzarli nel tempo. Link, il protagonista di tutti i giochi della saga principale, ne è un chiaro esempio. "Simbolo di coraggio, forza e saggezza", è stato progettato alle origini come un ragazzino normale, per permettere ai videogiocatori dell'epoca di identificarsi con lui. Ma col tempo e in base alla storia è apparso anche come un adolescente o un adulto. È mancino, ma in alcuni episodi è stato destròrso per esigenze tecniche, come ad esempio in The Legend of Zelda: Skyward Sword, e non ha mai parlato, se non in due occasioni, rispettivamente in Zelda II: The Adventure of Link, e in The Legend of Zelda: The Wind Waker.

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Eppure quella che é una delle principali icone di Nintendo, mantiene inalterati elementi cardine quali il nome, la razza Hylian, il vestito e il berretto verde, la tenacia che mostra nell'affrontare le situazioni che nei vari capitoli si frappongono tra lui e il suo obiettivo, che è quasi sempre costituito dalla salvezza del mondo e della principessa Zelda. Il personaggio che dà il nome alla serie deve il suo alla moglie dello scrittore Francis Scott Fitzgerald, Zelda Sayre Fitzgerald. "La signora Zelda", disse una volta Miyamoto, "era una donna famosa e bella, e mi piaceva come suonava il suo nome quando veniva pronunciato". Possiede un frammento del leggendario oggetto chiamato Triforza, più precisamente la Triforza della Saggezza, e anche lei cambia in età e aspetto a seconda dei giochi (viene pure rappresentata come una dei saggi e una profetessa, ha un alter ego di nome Sheik, etc), pur mantenendo alcune caratteristiche peculiari. Infine c'è Ganondorf, l'antagonista principale della serie, che appare in quasi tutti gli episodi che la costituiscono. A lui appartengono il frammento conosciuto con il nome di Triforza del Potere e il ruolo di cattivone, deciso a tutto pur di conquistare il regno di Hyrule, perfino rapire la Principessa Zelda. Ganondorf ha due forme, una umana e una animale, conosciuta con il nome di Ganon, che ricorda la figura di un suino. Nei primi episodi appare infatti sotto queste sembianze, fino ad Ocarina of Time, dove il giocatore lo vede in forma umana e ne apprende la storia. La differenza tra un protagonista e l'altro e la cronologia della serie The Legend of Zelda sono stati per anni oggetto di molte discussioni tra i fan, fino a quando nel 2011, il libro The Legend of Zelda: Hyrule Historia di Nintendo non fece chiarezza. Il testo confermò la presenza di una timeline che collegava i giochi della serie principale, e stabilì per esempio che Zelda II: The Adventure of Link era un sequel diretto dell'originale The Legend of Zelda, mentre il terzo gioco, A Link to the Past, un prequel dei primi due titoli. Allo stesso modo Ocarina of Time era ancora più precedente, e così via. Confermò inoltre le tesi di chi sosteneva che Link, Zelda e compagnia non erano sempre la stessa persona in ogni gioco, ma antenati o discendenti di altri soggetti a loro simili, o appartenenti a dimensioni parallele.
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Una meravigliosa storia infinita

Negli anni successivi al rilascio dei primi due capitoli, l'instancabile Miyamoto si dedicò al proseguimento delle sue saghe, compresa quella di Zelda. Nel 1991 abbiamo così A Link to the Past per Super Nintendo, considerato ancora oggi come una delle migliori avventure videoludiche in assoluto, e due anni dopo The Legend of Zelda: Link's Awakening per Game Boy. Cinque anni dopo, nel 1998, ecco The Legend of Zelda: Ocarina of Time per Nintendo 64, il primo della serie a poter vantare una grafica 3D e l'esordio del cavallo di Link, Epona. Anche questo titolo, che in origine avrebbe dovuto essere un adventure in prima persona, prima di essere trasformato in terza per la necessità di mostrare la doppia incarnazione di Link, giovane e adulta, fu un grande successo.

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Un trionfo di critica e di pubblico apparentemente difficile da bissare per il suo seguito diretto del 2000, The Legend of Zelda: Majora's Mask. Davanti a questa sfida, l'imperturbabile Miyamoto non si scompose e, insieme a Eiji Aonuma, ideò il famigerato sistema a tre giorni, oltre a una ambientazione più dark in un luogo diverso dalla classica Hyrule, chiamata Termina. E la cosa funzionò di nuovo, al punto che ancora oggi i fan discutono su quale dei The Legend of Zelda a 64bit sia il migliore mai realizzato. Intanto Nintendo iniziava una strana partnership con Capcom per la realizzazione di quella che doveva essere una trilogia di Zelda su Game Boy Color. In realtà di titoli ne vennero rilasciati solo due, entrambi nel 2001, intitolati rispettivamente Oracle of Seasons e Oracle of Ages. Il primo vedeva Link proiettato nel mondo di Holodrum dove, accompagnato a scelta da un dinosauro acquatico, un orso volante e un canguro, doveva salvare il mondo e una ballerina di nome Din, mentre nell'altro l'obiettivo dell'eroe era quello di liberare le terre di Labrynna. Dalla collaborazione tra le due aziende giapponesi scaturì anche The Legend of Zelda: A Link to the Past e Four Swords per Game Boy Advance: la cartuccia conteneva un porting modificato di A Link to the Past del Super Nintendo e un secondo gioco incentrato sulla leggenda della Quadrispada, intitolato Four Swords, il primo della serie a supportare il multiplayer, in locale. Bisognò attendere un anno prima di rivedere un gioco di Zelda sotto la regia di Miyamoto, e cioè The Legend of Zelda: The Wind Waker che riprendeva su Nintendo GameCube un gameplay simile a quello dei due predecessori su Nintendo 64 ma con una grafica in cel-shading.
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Nel 2004 il GameCube ospitò anche Four Swords Adventures, un videogioco con visuale dall'alto caratterizzato da una modalità multiplayer fino a quattro utenti, che riprendeva l'idea presente nella cartuccia di A Link to the Past and Four Swords. Giocandolo in singolo era possibile utilizzare un joypad tradizionale, mentre in gruppo era possibile usare come controller un Game Boy Advance (uno per ogni utente), collegandolo al GameCube attraverso un apposito cavo. Sempre sul tema della Quadrispada, nel novembre del 2004 in Giappone e in Europa, e nel gennaio del 2005 negli Stati Uniti, l'azienda di Super Mario lanciò The Minish Cap, di nuovo per Game Boy Advance. Nel corso dell'avventura, che riscosse un grande successo di critica, Link poteva rimpicciolirsi e rivedere da una prospettiva diversa parti di dungeon precedentemente esplorati, oltre che raggiungere aree attraverso aperture altrimenti impossibili. Nel corso degli anni Shigeru Miyamoto si era letteralmente fatto in quattro per colmare certe lacune tecniche rispetto alla concorrenza, puntando nelle sue opere a un game-design sempre geniale e privo di sbavature. Ma dal 2006, con l'avvento del Nintendo Wii e del suo peculiare sistema di controllo, Miyamoto poté dare ulteriore sfogo al suo genio, che iniziò a concretizzarsi già in The Legend of Zelda: Twilight Princess, rilasciato anche per GameCube, piattaforma dove inizialmente doveva uscire l'anno prima. L'edizione Wii era speculare rispetto a quella per il Cubo, per rendere Link destròrso anziché mancino, e rendere quindi più facile alla maggior parte dei videogiocatori l'uso del Wiimote con la mano destra. Più o meno contemporaneamente, anche il duplice schermo del Nintendo DS stuzzicò la fantasia di Miyamoto, che pensò di sfruttarlo per elaborare due sequel di The Legend of Zelda: Wind Waker, ovvero Phantom Hourglass (2007) e Spirit Tracks (2009). Ma fu con Skyward Sword del 2011 che l'artista di Kyoto ottenne fosse il massimo risultato dal punto di vista del binomio giocabilità-innovazione tecnologica. Il titolo, sempre per Wii, oltre a discostarsi dal tradizionale alternarsi di overworld ed esplorazione dei dungeon tipico della serie The Legend of Zelda, vantava un ottimo sistema di controllo incentrato sull'utilizzo del Wii MotionPlus. Grazie a questa periferica, i movimenti del videogiocatore venivano recepiti dalla console con una mappatura 1:1. Fu un trionfo, con la critica che fece a gara per attribuire al gioco il voto più alto. Gli stessi che per altre ragioni ottennero due anni dopo The Legend of Zelda: A Link Between Worlds, seguito per Nintendo 3DS del vecchio A Link to the Past, e il suo continuo, quel Tri Force Heroes vincitore del Game Critics Awards all'E3 2015, che riproponeva un'avventura dinamica in cooperativa per quattro giocatori, via Internet o locale tramite wireless. L'ultima perla, al momento, di una saga trentennale il cui viaggio per fortuna non sembra voler smettere di proseguire.


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