chi di noi interagisce con i social conosce benissimo il concetto di virale, ossia un video, una foto o un pensiero che messo in rete riesce a raggiungere più persone possibili con un numero di mi piace e condivisioni pazzesco.
A volte mi è capitato di vedere post con un numero altissimo in fianco al classico disegno del
Ciascuno di noi, nella vita, ha il mi piace: c'è chi adora fare soldi e spenderli; chi, invece, è un po' più un Paperon' de Paperoni, preferendo tenersi stretto stretto il suo tesoretto grande o piccolo che sia; ci sono, quindi, gli avventurieri che adorano l'imprevisto e l'avventura e aborriscono la vita sedentaria e le comodità; non dimentichiamoci chi non aspetta altro che giunga il fine settimana per poter finalmente spaparanzarsi sulla comoda e consunta poltrona trascorrendo la giornata in déshabillè, oppure organizzando gite fuori porta o pranzetti e cenette con famigliari o amici. Quando si riesce a trascorrere le giornate realizzando ciò che ci piace di più ci sentiamo felici. Siamo in tanti sulla terra ed ognuno ha il suo metro di giudizio e di valutazione. Però la felicità può diventare un virus, ossia può essere contagiosa?
Da una ricerca alla Harvard Medical School si è giunti alla conclusione che la felicità non viaggia nella solitudine e hanno delineato una vera MAPPA DEL CONTAGIO su un campione di 5 mila persone. A tutti i partecipanti è stato chiesto un resoconto dei loro ultimi venti anni e quanto fossero stati felici dando poi un punteggio a ciascuno proporzionato allo stato d'animo. Confrontando il punteggio dei singoli partecipanti con i parenti con cui hanno condiviso la gran parte della vita, il risultato ottenuto è stato sorprendente infatti ha rivelato una specie di pandemia della felicità. Ogni stato di gioia che parte da un punto si dirama in tre braccia di connessione sociale provocando un contagio vero e proprio. L'uomo, si sa, è un animale sociale che agisce anche attraverso i neuroni specchio perciò lo stato emotivo di colui che sta in fianco per la maggioranza del tempo riesce ad influenzare quello del vicino. Ciò che può portare minor risonanza dell'emozione è la lontananza fisica, basta che due persone siano distanti un chilometro e mezzo e la trasmissibilità dello stato emozionale scema sempre più. Sembra però che nell'ambito lavorativo questa regola non funzioni. Il luogo di lavoro appare come una membrana impermeabile così come la rete non riesce a condividere lo stato emozionale. Per essere felici non serve nessuna tecnologia bisogna stare a contatto con le persone, interagire perché non è tanto la comunicazione verbale che influenza quanto è la postura e la mimica che sono alla base dell'empatia. Come ogni cosa ha il suo rovescio anche la felicità ha come controparte la tristezza quindi questo discorso vale per l'infelicità e per tutte le altre emozioni. Però sembra che sia più facile trasmettere il senso di felicità. Infatti le ricerche hanno dimostrato che le possibilità di trasmissione della gioia siano intorno al 15% più forti rispetto al malumore.
Quindi concludo dicendo che i nostri politici mondiali si stanno facendo un mazzo quadrato per cercare di diffondere così tanta infelicità e noi comuni mortali potremmo batterli alla grande se solo volessimo e cercassimo la felicità. Dimenticavo questi studi hanno anche dimostrato che la felicità che contagia non è quella basata sulla ricchezza materiale ma su quella spirituale. Perciò che il sorriso , la luce negli sguardi e la gioia accompagni ogni momento della nostra giornata così più siamo e più saremo e....IL MONDO CAMBIERA'.
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