Strana città, Firenze. Vorrei tanto sapere com'è che sono andata a cercarmela! E a trovarla. Cose che capitano ... Certo che uno, a volere, ci mette sempre del proprio. Eravamo - e sottolineo il plurale - perfino convinti che avremmo potuto fare ... la rivoluzione, a Firenze. La rivoluzione, strana parola, oggi. Eppure in questa città, ci muovevamo, camminavamo, pensavamo, sognavamo. Insieme. In molti. Smetto, anche perché rischio di diventare melenso, e poi, bene o male, la storia (con la s minuscola) è stata raccontata, qui. Certo manca un pezzo, quello precedente, mancano i miei primi tre anni in questa città, in quella storia. Mancano i gruppi, mancano i volantinaggi all'alba davanti alle fabbriche, e mancano i manifesti attaccati la notte. Manca la nebbia dell'Arno, mancano gli scazzi e le furbate. Chi prende la testa del corteo?, e giù discussioni. Manca oltrarno, con le tavolate in Piazza Piattellina, fuori dal bar del gobbo (non sto nemmeno a dire cosa ci sia oggi, al suo posto); mancano le case del popolo dove si discuteva e mancano i servizi d'ordine del partito comunista italiano che venivano per bastonarci. Mancano i piccoli dirigenti di lotta continua che facevano finta di essere stati sfrattati dalla loro sede, per farsi ospitare da un gruppo, da un collettivo, per fare man bassa di militanti, quadri da iniziare per chissà poi che cosa. Mancano le miserie, e mancano le nobiltà. E ce ne sono state, di entrambe! Magari, forse, un giorno qualcuno le racconterà, con metodo. Non io, non qui.
Ché qui voglio parlare di altro. Voglio parlare di una canzone. Era il 1980, quando la sentii per la prima volta, cantata in una casa del popolo, a Fiesole. David, l'avevo perso di vista, e il Collettivo Victor Jara si era sciolto da un pezzo. E poi, a perderci di vista, avevamo già cominciato un po' tutti. No, non vado per il sottile, non ci sarebbe senso a farlo. Eroina e lotta armata, questo era successo! E la rivoluzione non l'avevamo fatta. Era ora di prendere una qualche strada, per quanto possibile. Chi meglio, chi peggio. Ecco, questa canzone parla di Firenze. Ci siamo tutti dentro. Per chi vuole ascoltarla (sotto c'è anche il testo) ...
BUONA FORTUNA (di David Riondino)
Ora che i giochi son fatti, che è inutile recriminare
le frasi storiche dette, calato il sole nel mare
che la memoria di tutti si spezza in tante memorie
e i voyeurs soddisfatti preparano i libri di storia
mi sia permesso un saluto ai compagni di ventura
ai compagni di viaggio di ogni tipo e natura.
buona fortuna
ai giovani di partito così attenti così ligi
dev'essere stata dura diventare così grigi
hanno i capelli corti parlano per benino
alle donne degli altri sotto il tavolo fan piedino
odiano tutti quanti sè stessi in primo luogo
costretti a barcamenarsi fra l'acqua santa e il fuoco
è dura la disciplina nei confronti dei dirigenti
tra i giochi di corridoio ed i pettegolezzi prudenti
certo dev'essere dura prendere calci nelle gengive
rischiando di restare tutta la vita alle cooperative
con quel sorriso scemo da giovane per bene
fingendo una salute che non vestite bene
buona fortuna
alle amiche di sempre le amiche coraggiose
partite per un viaggio difficile meraviglioso
e chiuse nelle secche di questa restaurazione
questa grande palude senza consolazione
costrette in uno spazio sempre più asfissiante
tra un domani che manca e il tempo che va avanti
assediate da maschi sempre più pretenziosi
incalzate da giovani violenti, pretestuosi
certo che sarà dura dover mantenere il passo
costrette a contrattare a un prezzo sempre più basso
mentre il maschio sornione aspetta che ti stanchi
per metterti le mani sopra il petto e sui fianchi
buona fortuna
ai giovani leoni gli eleganti animali
lucidi profumati col gilet e gli stivali
i giovani benestanti che han fatto il movimento
un poco per noia e un poco per allenamento
hanno imparato ad essere astuti e intransigenti
scoprendo vocazione da eterni dirigenti
perchè è da dirigente l'intuizione profonda
di sapersi sganciare quando la barca affonda
e indossare il disagio con la stessa arroganza
con la quale vestivi prima la militanza
mettere i pugni in tasca con un sorriso amaro
scoprire che le tasche son piene di denaro
voi davvero i più odiosi certo i più intelligenti
fate il vostro dovere siate classe dirigente
ma dell'intelligenza non fate troppa mostra
anche quella in fin dei conti non è neanche colpa vostra
buona fortuna
e tutto si trasforma tutto si ricompone
restano in mezzo i molti le schiere senza nome
quelli di sempre, quelli con le mani tagliate
da morti collettive e sconfitte private
ammazzati nel vuoto che ne riempie i giorni
ammazzati nell'ansia che qualcosa ritorni
nelle case disfatte uccisi di eroina
nella ripetizione di una vita cretina
ammazzati per strada di pistola e bastone
ammazzati in cucina da una televisione
per concepire adesso l'orribile pensiero
che non era uno scherzo che si muore davvero
e tra loro anche a me dico buona fortuna
mentre lascio alle spalle il settanta nervoso
e mentre lentamente come un novello giona
entro negli anni ottanta come nel ventre di una balena
tra inquietudini vaghe cupi presentimenti
nervosismi sussurri grida trasalimenti
navigando per scure intuizioni di morte
e una voglia di vita che spacca mille porte
tra la voglia di non volere sapere più niente
e di farmi attraversare da città parole e gente
tra il gusto di sedermi in un chiaro confine
ed il fiato sospeso di una fuga senza fine
curiosa situazione strano destino il mio
questo vizio di viaggiare non essere nemmeno ebreo
buona fortuna.
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