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Buoni esempi: Armijn Hemel e i Robin Hood dell’open source

Da Pinobruno

Per molti furboni dell’industria informatica, l’open source – il software libero – è come Cenerentola. Va bene come collaboratore domestico, per spazzare, lavare e stirare, ma guai a mostrarlo a parenti e amici che vengono in visita. Eppure l’open source è una principessa silenziosa, che fa funzionare tanti oggetti digitali che usiamo in casa e al lavoro e ci portiamo in borsa e in tasca. I furboni non lo dicono, ma molti software venduti a caro prezzo hanno un’anima a sorgente aperto, che loro usano e addirittura richiudono. Il loro motto sembrerebbe questo: perché sforzarsi per realizzare software originali e complessi, quando c’è qualcuno che lavora gratis per te? C’è chi ha deciso di dare filo da torcere ai drittoni blasonati e denunciare chi vìola le regole di utilizzo dell’open source. Il New York Times ha dedicato una pagina intera a uno dei Robin Hood del software libero. Si chiama Armijn Hemel, ha 32 anni e vive in Olanda.

Armijn Hemel nella foto di Herman Wouters per il New York Times

Armijn è uno degli animatori volontari dell’associazione gpl-violations.org. Il suo compito è fare le pulci ai programmi informatici commerciali, per verificare se sono rispettati i diritti degli sviluppatori del software libero. L’ultima freccia dei Robin Hood di gpl.violations.org ha trafitto il colosso Dell, sul cui mini tablet Streak era installato proditoriamente un programma a sorgente aperto. Ebbene, dopo la segnalazione dell’associazione di volontari, Dell ha ammesso l’errore e ha fatto pubblica ammenda.

C'è sempre bisogno di Robin Hood

L’andazzo è generalizzato, e non riguarda soltanto il mondo strettamente informatico. Il digitale ormai permea tutta l’industria. Violatori delle norme sono stati trovati anche tra i costruttori di automobili, che usano senza dirlo programmini open source per far funzionare gadget e accessori.

Alcuni programmi open source

Armijn e i suoi amici hanno un approccio etico. Non cercano vendetta e soldi nei tribunali. Si accontentano di lettere di scuse e risarcimenti simbolici agli autori del software libero. Contro gli arroganti e i riottosi, però, partono le azioni giudiziarie.

Una missione educativa, in un mondo di squali digitali.

Fonte: New York Times


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