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Buried – non adatto ai claustrofobici

Creato il 28 ottobre 2010 da Soloparolesparse

Nessun dubbio che Buried sia un esercizio di stile e di tecnica cinematografica non indifferente.
Rodrigo Cortes è in grado di tenere lo spettatore incollato allo schermo mostrando per un’ora e mezza l’angustio spazio di una bara (diciamo due metri per uno?) e ammetterete che la cosa non è ovvia nè semplice.

Buried – non adatto ai claustrofobici

Paul è un autista di camion che opera in Iraq. Il suo convoglio viene assaltatao e lui viene rapito e rinchiuso in una cassa sottoterra.
Scopriamo tutto questo man mano che la storia va avanti perchè (immagino lo sappiate) il film è completamente ambientato nello spazio angusto della bara.

L’inizio è fulminante.
Buio assoluto e silenzio inquietante, poi qualche rumore, un respiro affannato… è Paul che si sveglia e si trova lì dentro, acende un accendino e inizia il viaggio nel delirio.
E noi con lui scopriamo pian piano cosa è accaduto e cosa sta per accadere.
All’accensione dell’accendino, la prima inquadratura luminosa è il volto di Paul in dettaglio. Impossibile non pernsare a The Blair Witch Project.

Ma come fa Cortes a raccontarci una storia con un solo attore ed uno spazio così limitato?
Abbastanza ovvio.
Concede a Paul un telefonino e crea una serie di dialoghi con un bel numero di personaggi. Si va dal rapitore (che gli ha lasciato quel telefono) all’FBI, al suo datore di lavoro, alla moglie, ad un’amica, agli operatori telefonici.
Un bel crogiuolo di personaggi presenti solo in audio che permettono la ricostruzione della vicenda e lo svolgersi della narrazione.

E le telefonate sono di toni e livelli diverse.
Ci sono quelle drammatiche che portano avanti la storia, ce n’è una surreale (ma parimenti drammatica) con la madre di Paul, un’altra ancor più surreale col responsabile del personale della società per cui lavora… insomma c’è da divertirsi.

Buried – non adatto ai claustrofobici

E naturalmente c’è da aver paura perchè il clima di tensione e di forte claustrofobia è inevitabile per tutto il film.
La batteria che si scarica scandisce il tempo, la sabbia che entra e l’ossigeno che finisce creano tensione continua.
La mente di Paul che perde colpi sottoposta a questo stress (complimenti a Ryan Reynols che rimane ovviamente in scena per 90 minuti) spinge verso l’orrore.

Poi c’è l’incredibile varietà di inquadrature e di soluzioni di montaggio che Cortes riesce a realizzare in quello spazio folle.
Dettagli, carrellate, primi piani, movimenti di macchina, e non ci sono remore neppure nel buttare giù la quarta parete e riprendere il tutto da una distanza irreale e tuttavia funzionale.

Dal punto di vista narrativo Buried funziona bene e il finale in fortissimo crescendo di tensione ti costringe a rimanere incollato e col fiato sospeso.
In definitiva un buon film in assoluto che diventa splendido se consideriamo le sue peculiarità. Destinato a diventare un nuovo punto di riferimento per tutti i film che vorrano limitare al minimo lo spazio d’azione.


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