Sono andata a vedere Buried, “sepolto”, finalmente disponibile nel piccolo cinema D’Essais della mia città, e non avevo idea si trattasse effettivamente di un thriller ad alta tensione. Difficile infatti credere che una pellicola girata completamente all’interno di quattro pareti – le pareti di una cassa, per giunta – possa essere così piena di risvolti e di emozioni, di momenti di assurda ironia e di colpi di scena. Il protagonista del film è un civile americano, interpretato dall’attore Ryan Renolds, straordinariamente bravo.
Un civile americano che per guadagnare fa l’autista in Iraq. Dopo l’attacco al suo convoglio, egli si ritrova dentro una cassa di legno, sepolto, con uno zippo, una boccetta di whisky, una matita, un coltello, e soprattutto un cellulare. Proprio tramite questo cellulare l’autista Paul cerca di fare di tutto per raggiungere i giusti contatti e cercare di farsi liberare, e cercare di capire perché si trova lì.
“Non so perché abbiano scelto proprio me”: così dice in una delle conversazioni che spera lo portino alla salvezza.
Questo film è la seconda opera di un giovane regista spagnolo autodidatta che si chiama Rodrigo Cortès, e che ha avuto il coraggio di avere come set unico quello di una cassa di legno, dimostrando una grande forza creativa nel generare nello spettatore una straordinaria tensione emozionale, senza mai annoiarlo e riservandogli un finale comunque inaspettato. Il film è da vedere, l’unica cosa che consiglio è di non andarci se si cerca un po’ di relax.
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