Introduzione
Il Burkina Faso ha dichiarato la sua indipendenza il 5 agosto 1960 grazie a Maurice Yaméogo. In quel momento il paese si chiamava Alto Volta e aveva una popolazione di 4,3 milioni di abitanti, 274.000 km2 di superficie e confinava con il Mali, la Guinea, la Costa d’Avorio, il Ghana, il Togo e il Benin.
Crocevia tra il Golfo della Guinea e il Sahel Occidentale, è un paese con più di 60 etnie (oltre al francese, infatti, le lingue più usate sono la lingua Djula e la lingua More, così come la lingua Mande, la lingua Peul e la lingua dei Bobo) e una distribuzione religiosa con più del 60% di musulmani, 35% cattolici, 15% animisti (l’animismo è presente all’interno delle altre religioni) e un 4% di cristiani protestanti. È stato uno dei paesi più stabili della regione in materia etnico-religiosa, ma non in materia politico-sociale.
La colonizzazione francese, che cominciò nel 1896, considerava l’attuale Burkina come una pedina minore del suo impero coloniale. Lontano dall’importanza di Bamako, Abidjan o Dakar, Ouagadougou, antica capitale dell’impero Mossi, era solo la capitale del territorio dell’Alto Volta francese, un territorio dipendente da Bamako.
Nonostante le sue importanti risorse minerarie, dalla metropoli si considerava l’allora chiamato Alto Volta come una “riserva di mano d’opera per la Costa d’Avorio” e una delle regioni che apportava più uomini alle unità coloniali dell’Esercito francese, i famosi Tirailleurs Noires (Tiratori scelti Neri, conosciuti comunemente anche come Tiratori scelti Senegalesi) che combatterono nelle due Guerre Mondiali e nelle Guerre di Indipendenza indocinese e algerina. La situazione nella quale si mantenne l’Alto Volta incubava le attuali deficienze economiche e sociali che il paese si trascina ancora e che lo situano al 183 posto su 187 nell’Indice di Sviluppo Umano (in inglese HDI, Human Development Index).
Sviluppo politico: la “rivoluzione” arriva al Sahel
Accompagnando Félix Houphouët-Boigny, Presidente della Costa d’Avorio dal 1960 al 1993, i voltaici Ouezzin Coulibaly e Maurice Yaméogo rappresentarono i territori francesi della regione nell’Assemblea Nazionale. Dopo la morte di Coulibaly, Yaméogo si trasformò nel leader dell’indipendentismo voltaico, dichiarando l’indipendenza nel 1960 e diventando il suo primo Presidente. Ma Yaméogo non era Hophouët-Boigny né l’Alto Volta era la Costa d’Avorio e l’instabilità che colpiva il continente arrivò presto al paese.
Nel 1966 il modo di governare di Yaméogo stufò i neonati sindacati voltaici che dichiararono uno scioperò che portò all’intervento dell’Esercito e finì per rovesciare Yaméogo, facendo salire al potere il Colonnello Sangoulé Lamizana, un tempo ufficiale delle forze francesi e fondatore delle Forze Armate voltaiche.
Dopo un’apertura verso la democrazia, solo apparente e accompagnato da instabilità economica, nel 1974 scompare la libertà di partito e i sindacati si ritrovarono ad essere gli unici in grado di fare opposizione. In un clima di scioperi e instabilità sociale, nel 1977 Lamizana cerca di rafforzare il suo potere presidenziale, ma a dispetto di ciò non evita che avvengano trionfali colpi di Stato; nel 1980 prende il potere il Colonnello Sayé Zerbo, nel 1982 il Comandante Jean Baptiste Ouédraogo e nel 1983 il capitano Thomas Sankara.
Sankara arrivò ad essere Primo Ministro nel precedente governo, in seguito al quale si dimise. Poco dopo Blaise Compaoré coordinò un colpo di Stato che portò Sankara ad essere Presidente a soli 33 anni. Quest’ultimo golpe fu portato avanti da giovani ufficiali (oltre a Sankara e Blaise Compaoré c’erano anche Henri Zongo e Jean-Baptiste Boukary Lingani) inquadrati nel Gruppo di Ufficiali Comunisti (Regroupement des Officiers Communistes, ROC). Il suo colpo di stato, che risultò essere più sanguinoso di tutti gli anteriori, cercava di introdurre profonde riforme di carattere marxista per mano del Consiglio Nazionale della Rivoluzione (Conseil National de la Révolution, CNR).
Il golpe contò sull’appoggio della Libia con la prima apparizione del leader libico Gheddafi sullo sfondo politico del Burkina Faso e preoccupò molto la Francia e i suoi alleati regionali che non vedevano di buon occhio un regime marxista nel mezzo dell’Africa francofona.
Sankara si ispirò alla Rivoluzione cubana (ancora oggi viene chiamato il Che Africano) e al governo populista di Rawling in Ghana, promosse la “Rivoluzione Democratica e Popolare” (Révolution Démocratique et Populaire, RDP) e si concentrò nella lotta contro la corruzione, la fame, il miglioramento dell’educazione, la salute e i diritti delle donne, proibendo l’infibulazione e la poligamia. Precursore in Africa della denuncia dell’AIDS come minaccia, ottenne una grande popolarità tra i giovani e le classi popolari ma anche l’inimicizia dei capi tradizionali e dei latifondisti ai quali tolse i loro privilegi.
Nel 1984 decide di ribattezzare il paese con il suo nome attuale, Burkina Faso, che significa “La terra degli uomini integri”, mischiando le due lingue maggioritarie del paese, la lingua More e la lingua Djula. Cambiò la bandiera che passò dalle strisce nera, bianca e rossa che rappresentavano i fiumi Volta Nero (Nouhama), Bianco (Kakambé) e Rosso (Nazimon) all’attuale con i colori panafricani e modificò l’inno e lo stemma.
Si moltiplicano però le divergenze con gli ufficiali al potere e, nonostante la relativa unità nazionale nella guerra di confine contro il Mali del 1985, il dissenso all’interno del nuovo regime finisce per provocare, nel 1987, un colpo di Stato nel quale Sankara morì assassinato.
Lo sviluppo e gli autori di questo colpo di Stato è un tema ancora irrisolto, ma è certo che Blaise Compaoré finisce per arrivare al potere anche se ancora oggi nega qualsiasi implicazione con la morte di Sankara. Il defunto leader del Burkina Faso si è convertito in un simbolo del panafricanismo, equiparabile ad altre figure come quella del leader congolese Lumumba, ed è diventato uno nei nomi più evocati nei circoli panafricanisti e rivoluzionari. Anche Blaise Compaoré è diventato un simbolo, anche se di carattere molto diverso.
Il Burkina di Compaoré
Dopo essere salito al potere nel 1987, Compaoré si trova un paese in depressione in seguito a diverse lotte di palazzo e una situazione economica paralizzata; nel 1989 decide quindi di creare una linea strategica denominata “Rettificazione della Rivoluzione” per indebolire i possibili oppositori. Questa strategia si basa nell’emendare e nel demolire l’attuazione politica Sankarista e nell’applicare un’apertura economica liberale. Nel 1991 creò una nuova Costituzione pluripartitica e democratica che stabiliva un sistema semipresidenzialista con due Camere. La sua approvazione nel referendum fu solo una campagna di immagine, Compaoré diventa ufficialmente Presidente del paese e, insieme a vecchi compagni e subordinati dell’Esercito, manovra per centralizzare il potere. Comincia così una tappa politica che vedrà attentati, manifestazioni, detenzioni e torture contro oppositori intercalarsi a elezioni presidenziali nelle quali Compaoré stravince e l’opposizione viene divisa.
La condizione poverissima della popolazione non migliorava, ma, per cementare il suo potere, il Presidente Compaoré seppe toccare le corde giuste all’interno e all’esterno del paese iniziando così la sua fama di camaleonte politico che sa leggere, prevenire, utilizzare e corrompere le circostanze come pochi leader della regione. Anche se nel paese si verificarono manifestazioni e rivolte guidate da alcuni sindacati e militari che dagli anni ’70 divennero le uniche forze politiche con capacità di opporsi al potere, Compaoré ha potuto superare le difficoltà e diventare uno dei Capi di Stato più longevi del continente.
L’instabilità è stata tuttavia piuttosto frequente e una piccola cronologia lo può mostrare. Nel settembre del 1989 i suoi vecchi commilitoni, Zongo e Lingani, cercano di rovesciarlo con un Colpo di Stato che fallisce e termina con la loro detenzione e successiva esecuzione. Nel 1993 avvengono violente manifestazioni di studenti che sono represse nel sangue. Nel 1994, con un paese ancora più impoverito per la svalutazione del Franco CFA per aiutare a risolvere i problemi della Costa d’Avorio, le manifestazioni e il malcontento popolare si estendono.
Nel 1988 muore assassinato il direttore del settimanale L´Editorial, Norbert Zongo, insieme ad altri tre compagni. Stava indagando sulla morte dell’autista della moglie del fratello di Blaise Compaoré, François, che era stato accusato di rubare denaro. La sua morte ostacola a livello interno Compaoré, danneggia gravemente la sua immagine esterna e diede luogo alla fino ad allora più grave crisi politica della Quarta Repubblica del Burkina Faso. La crisi comporta un difficile processo di concordia nazionale che necessitò di una Commissione di Conciliazione presidiata dall’Arcivescovo di Bobo-Dioulasso, Anselme Sanon Titiama. Come risultato di questa crisi vengono alla luce tutte le azioni del Governo Compaoré che indeboliscono la sua immagine interna, ma il presidente si mantiene fermo al potere e, come una delle soluzioni per uscire dalla crisi, nel 2011 viene celebrato il Giorno Nazionale del Perdono (JNP), cerimonia boicottata da vari gruppi della società civile e da alcuni familiari delle vittime dei delitti politici.
Le voci sull’intenzione di colpi di stato sono ricorrenti e spesso, come successe nel 1999, i soldati escono dalle loro caserme per mostrare con maggior o minor violenza le loro rivendicazioni. La situazione nella Costa d’Avorio peggiora e questo danneggia l’economia del Burkina Faso e della regione; le relazioni con Abidjan si incrinano per l’appoggio di Compaoré ai ribelli. Come risultato di tutto ciò, mentre la presenza e il peso internazionale del Presidente crescono, a livello interno la delusione aumenta a causa del peggioramento delle condizioni di vita. Continuano a girare voci di colpi di stato e nell’ottobre del 2003 un nuovo tentativo fallisce. Nel 2006 avvengono scontri armati tra la polizia e l’esercito nelle vie di Ouagadougou e perciò Compaoré decide di diminuire il potere della polizia e torna a riformare il vertice militare; contemporaneamente la CEDEAO mostra la sua preoccupazione per la situazione del paese. Tra febbraio e marzo del 2008 scoppiano rivolte per l’aumento del costo della vita e per la fame nel paese, rivolte che nel maggio del 2009 confluiscono nello sciopero dei funzionari più importanti del paese.
Mentre avvenivano tutti questi fatti, Compaoré continuò a vincere le elezioni presidenziali del 1991, 1998, 2005 e 2010. Con un’opposizione divisa e senza risorse, le sue vittorie elettorali erano appena al di sotto dell’80% dei voti anche se l’astensione era maggiore del 60%. Nonostante tutto sembrava che Compaoré riuscisse ad aggirare le difficoltà interne e il suo unico problema era l’articolo 37 della Costituzione. Nel 2000, per le reazioni di fronte all’omicidio del giornalista Norbert Zongo, il Presidente Compaoré si vide infatti obbligato a includere queste articolo nel testo costituzionale anche se l’aveva abolito con la riforma sulla Costituzione del 1991 promossa nel 1997. Questo articolo indica un massimo di due mandati consecutivi per il Presidente della Repubblica e gli intenti di riformare o sopprimere questo articolo è l’unica cosa che mobilita insieme tutte le forze politiche del paese, incluse quelle sindacali e religiose, ed è l’unico punto che Compaoré non ha osato imporre a livello interno e per il quale non ha conseguito appoggi neppure nella nuova Costituzione del 2012. Perfino nelle elezioni del 2005, in base a questo articolo, l’opposizione sostenne che Compaoré non si poteva presentare alle elezioni di quell’anno, ma il Tribunale Costituzionale sentenziò che la limitazione dei mandati cominciava dalle elezioni del 2005.
Nel novembre del 2010 torna a vincere le elezioni presidenziali e le preoccupazioni nel palazzo presidenziale di Kosyam si concentrano sulla crisi della Costa d’Avorio. Nella notte tra il 19 e 20 febbraio 2011, però, un giovane studente chiamato Justin Zongo muore in un commissariato a Koudougou, terza città del paese a circa 100 km dalla capitale. Il 22 febbraio a Koudougou cominciano violente manifestazioni che in tre giorni si estendono a varie città del paese compresa la capitale e Bobo-Dioulasso. Bruciano commissariati, sedi giudiziali e del partito del Presidente, il Congrés pour la Démocratie et le Progrés (Congresso per la Democrazia e il Progresso, CDP). Le manifestazioni vengono represse con violenza, nei licei e nelle università si sospendono le lezioni, ma le manifestazioni e le rivolte aumentano quando, in seconda battuta, si uniscono commercianti e lavoratori e alla fine, durante il mese di marzo, gli stessi poliziotti e militari. Il 14 aprile il Reggimento di Sicurezza Presidenziale (RSP) si alza contro il Governo chiedendo un aumento dei salari e un miglioramento delle condizioni e finisce per attaccare e lanciare razzi contro il palazzo presidenziale. Di fronte all’insurrezione Compaoré si rifugiò a Ziniaré, il suo paese natale, mentre commercianti e studenti escono in strada e i militari saccheggiano e bruciano, tra le altre, anche le sedi del potere: la sede del partito CDP, quella dell’Assemblea Nazionale, etc. L’opposizione afferma che la “primavera araba” è arrivata nel Burkina. Compaoré reagisce e da Ziniaré ottiene che i militari e i poliziotti accettino le sue promesse, riprende il controllo della situazione e, per giugno, le ultime manifestazioni e insurrezioni sono sedate dallo stesso RSP.
Compaoré nomina un nuovo Governo, lui stesso è ministro della Difesa con portafoglio e mette l’Ambasciatore a Parigi, Luc Adolphe Tiao, come Primo Ministro. Per calmare gli animi impone misure come l’abbassamento delle imposte, prezzi massimi per prodotti di base e un processo di creazione di una nuova Costituzione che entrerà in vigore nel giugno del 2012. Agli inizi del 2013, dopo le elezioni parlamentari del dicembre 2012, mantiene sotto il suo controllo il Ministero della Difesa, conferma Tiao come Primo Ministro e culmina il processo di sostituzione di tutti gli Alti Comandi militari.
A causa di questa crisi nasce la Costituzione del 2012. Con essa si stabilisce l’istaurazione di un sistema legislativo bicamerale con un’Assemblea Nazionale e un Senato. L’opposizione ha mostrato il suo totale rifiuto nel creare un Senato e lo ha trasformato nel suo cavallo di battaglia contro Compaoré. L’opposizione si sente rafforzata perché il malessere popolare è alto: il prezzo della vita continua ad aumentare e le insurrezioni del 2011 sono ancora molto sentite. Con l’intenzione di unire le forze (alcune stime parlano di circa 160 partiti nel paese) il 29 giugno si convocò una giornata di protesta in tutto il territorio nazionale contro la creazione del Senato. Con una popolazione più motivata dalle rivendicazioni sociali che non politiche, le manifestazioni sono state sì di massa, ma ben lontane dal mobilitare l’opinione pubblica come nel caso Zongo o nelle epoche di carestia estrema. A causa delle rivendicazioni contro la creazione del Senato e della terribile situazione della popolazione negli ultimi mesi è nata una solida organizzazione di opposizione rivendicativa che ha come obiettivo finale quello di evitare la rielezione di Compaoré nel 2015 e che, per la prima volta in 26 anni, ha l’aria di poterlo ottenere.
Il Burkina Faso verso lo sviluppo?
Nonostante l’ovvia situazione di povertà della popolazione, in mancanza di risultati economici che abbiano un riflesso sulla qualità della vita della popolazione, i dati e le prospettive macroeconomiche sembrano lusinghiere. Con 17,5 milioni di abitanti, una crescita demografica annua del 3,5%, una speranza di vita di poco più di 55,9 anni e un tasso di alfabetizzazione del 28,7% i dati mostrano un paese in una situazione di sottosviluppo che però negli ultimi 5 anni è riuscito a migliorare tutti i suoi indicatori. Anche se è ben lontano dai risultati di paesi come Ghana, Costa d’Avorio o Senegal, la crescita del PIL ha raggiunto nel 2012 i 10.300 milioni di US$, con una crescita dell’8%, facendolo diventare la terza economica della UEMOA. Questo gli ha permesso di migliorare in molti indicatori, ma lo mantiene lontano dalle positive prospettive di gran parte dell’Africa Subsahariana che si trova nel pieno di un processo di fermento economico. Il Burkina è tra i paesi più poveri del continente e del mondo, come mostra un reddito pro capite annuo di solamente 603 US$ nel 2012.
Due prodotti caratterizzano l’economia del paese: il cotone e l’oro, seguiti dall’allevamento. Il Burkina è il primo produttore africano di cotone, con 630.000 tonnellate, 234,8 milioni di euro ripartiti tra i produttori e 4 milioni di persone che lavorano direttamente nel settore. Per decenni questo prodotto è stato alla base delle esportazioni e la principale fonte di valuta dell’economia del paese, insieme ai trasferimenti di denaro degli emigrati (solo 3 milioni in Costa d’Avorio). Le prospettive sono rosee tra le altre cose anche per lo sviluppo di nuove varianti genetiche del cotone che la nordamericana Monsanto sta introducendo nel paese.
Questa prevalenza del cotone, controllato dall’impresa statale Sofitex, è stata superata dalla febbre dell’oro che interessa il paese e la regione in generale. Mentre nel 1990 l’Africa Occidentale produceva il 2% dell’oro mondiale, oggi rappresenta l’8% e le aspettative di crescita sono del 65% annuo fino al 2015. Questa crescita è spinta dalla crisi economica globale che vede nell’oro un valore sicuro e ha tra i suoi responsabili anche il Burkina Faso. Nell’ottobre del 2007 la canadese High River Gold riesce a trovare importanti riserve di oro nel Nordest del paese, a Taparko. Da allora sono sei le principali miniere del paese alle quali si sommano altre quattro in progetto. Questo gli ha permesso di diventare il quarto produttore africano di oro (dopo Sudafrica, Ghana e Mali) raggiungendo le 30,9 tonnellate di produzione nel 2012 con esportazioni di 754.000 milioni di Franchi CFA (1.147,6 milioni di euro) che gli apportano imposte di poco più di 287 milioni di euro, un 5% del PIL nazionale. Al contrario, i posti di lavoro creati superano appena i 5.000, molto lontano dall’attività del cotone.
Imprese canadesi, australiane, sudafricane, statunitensi e britanniche, alle quali si sono aggiunte da poco quelle russe, si spartiscono le 605 concessioni minerarie date negli ultimi anni e sono diventate le promotrici di questa corsa all’oro alla quale si sta sommando la rivitalizzazione dell’estrazione dello zinco e del manganese. Una spinta per l’economia del paese che però, per il momento, prevede riserve certe per un massimo di 15-20 anni. Inoltre la produzione mineraria nel 2012 è stata minore di quella sperata e le oscillazioni dei mercati e delle economie internazionali lo rendono un settore molto dipendente da qualsiasi recessione o caduta dei consumi nei mercati ricettori. Di conseguenza, durante l’estate del 2013, si sono diffuse notizie di licenziamenti di massa nel settore e della probabile chiusura di alcune miniere. Le riserve minerarie sono sfruttabili per un tempo troppo limitato, dipendono da condizioni esterne instabili e rappresentano un problema nella distribuzione delle rendite prodotte (un gran numero di ex Ministri e uomini di fiducia di Compaoré si spartiscono concessioni e imprese del settore) per assicurare che ottengano di migliorare la vita dei più di 20 milioni di abitanti che si prevede raggiungerà il Burkina Faso nel prossimo decennio.
Con questi dati è ovvio che il Governo del Burkina Faso stia basando la sua strategia di Sviluppo sul settore agricolo e minerario. Il Burkina ha elaborato la sua Strategia di Crescita Accelerata e Sviluppo Sostenibile (SCADD) nel 2010. Grazie ad una crescita media del 5% tra il 2000 e il 2010 le migliorie di infrastrutture e servizi sociali sono state notevoli, ma anche così nel 2009 il 43,9% della popolazione era ancora in povertà.
Così il governo del Burkina Faso, con il sostegno di organizzazioni internazionali, ha sviluppato la SCADD 2011-2015 nell’ambito dello Studio Nazionale di Prospettiva 2025 (Etude Nazionale Prospectiv, ENP 2025). Incentrato sulla riduzione della povertà e sulla trasformazione del paese in un paese in via di sviluppo, la SCADD 2011-2015 è basata su premesse di una crescita forte e sostenuta, un aumento delle entrate, il miglioramento della qualità della vita e un’appropriata gestione delle risorse naturali. In agricoltura prevede di raggiungere la sicurezza alimentare, di migliorare l’indice di terre coltivate e di aumentare le esportazioni verso la regione. Sul lato delle settore minerario vuole perseguire una crescita sostenuta della produzione. Si spera in questo modo di raggiungere l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile per il paese.
La SCADD 2011-2015 deve mobilitare un totale di 11.400 milioni di euro, di cui 4.200 milioni dovrebbero consistere in finanziamenti esterni. Di questi il paese ne ha ottenuti il 96%, contributi dell’Unione Europea con 650 milioni di euro, seguita da Stati Uniti e dalla Banca Mondiale con 610 milioni di euro ciascuno. Lo Stato deve partecipare con 7.200 milioni e assicura di averne coperto il 60% fino al 2011. Il paese si propone di superare l’8% di crescita media annua degli ultimi due anni e di ottenere entrate fiscali che raggiungano il 17% del PIL rispetto al 13% attuale.
Blaise Compaoré: l’imprescindibile mediatore
Dal 1987 agli inizi del XXI secolo le azioni di Compaoré sulla scena internazionale si basavano su come evitare l’isolamento politico e ciò ha comportato dirigere un paese povero, senza risorse naturali né valore geopolitico di rilievo. Internamente eliminò o fece sparire dalla scena politica i suoi vecchi compagni (Sankara, Zongo e Lingani) e altre persone che minavano la sua immagine e la stabilità del suo potere come il giornalista Norbert Zongo nel 1998. Esternamente, però, i suoi appoggi non andavano oltre il dittatore libico Gheddafi nel quale presto vide il potenziale per farsi una posizione negli affari regionali.
Compaoré, che possedeva molti degli ingredienti per diventare un paria nella scena internazionale, è diventato una persona chiave nell’Africa Occidentale, in grado di avere appoggi in altre parti del continente, considerato dalle Cancellerie occidentali come un uomo di fiducia e influenza nella regione. Dopo aver risolto sommosse e scandali interni e screzi con la Costa d’Avorio, dopo la morte di Houphouët-Boigny, c’è un fatto che segna l’inizio della sua legittimità sulla scena internazionale: nel 1999 ad Abidjan ci fu un colpo di stato che rovesciò Henri Konan Bedié.
Il Burkina Faso, con tre milioni di emigrati nel paese vicino oltre a quei cittadini che, come l’attuale presidente ivoriano Alassane Ouattara, sono di discendenza burkinabé, vede un’opportunità per ritagliarsi un posto nella regione a scapito del suo potente vicino. L’instabilità della Costa d’Avorio permette a Ouagadougou e a Compaoré di riaffermare la sua legittimità internazionale per la sua neonata mediazione diplomatica, di diventare un attore nei conflitti e di vincere il ruolo di mediatore e arbitro indiscutibile nelle continue crisi regionali.
Molte sono le critiche e le denunce che riceve per la sua azione esterna. L’elenco dei conflitti africani in cui ha sostenuto alcune delle parti è lungo. Ha usato i suoi rapporti privilegiati con la Libia di Gheddafi stabilendo tra Tripoli e Ouagadougou una stretta amicizia che ha permesso a Compaoré di intervenire in numerosi conflitti. Sono di questo periodo le presunte implicazioni di Compaoré nei conflitti in Sierra Leone e Liberia, così come in altri tra cui la Guerra Civile angolana, relative alla rottura degli embarghi internazionali imposti, al commercio illegale di materie prime come i diamanti e all’invio di combattenti, armi e supporto logistico forniti da Gheddafi e da altri paesi e soggetti privati. Nel caso della Costa d’Avorio è accusato di aver accolto e sostenuto i ribelli, mentre dal Niger e dal Mali ci sono state voci che hanno denunciato le sue strette relazioni con i movimenti Tuareg che avevano destabilizzato il Sahel.
Nel 1993 realizza la sua prima opera di mediazione, consigliando il Presidente del Togo Eyadéme rispetto ai problemi interni del paese e agli attriti con il Ghana. Nel 2005, mentre lo si accusava di ingerenza nelle crisi regionali, arrivò la morte del dittatore togolese Eyadéme che causò una crisi di successione nel piccolo paese. In questa crisi per la prima volta Blaise Compaoré agisce da “Facilitateur” ufficiale con l’approvazione della comunità internazionale ottenendo tra le parti l’Accordo Politico Globale del 2006, continuando il suo lavoro nelle travagliate elezioni del 2010 e nelle successive instabilità sofferte dal paese.
Nel 1994 media nel conflitto nel Niger tra il governo di Niamey e i ribelli Tuareg e Toubou. Con questi negoziati dimostra il suo modo di operare nelle successive mediazioni: i leader ribelli si stabiliscono comodamente a Ouagadougou per negoziare un accordo che riunisca le rivendicazioni dei ribelli, la sovranità del Governo coinvolto e gli interessi dei paesi terzi, come la Francia. Compaoré controlla i tempi e i modi. Come di solito capita, i governi interessati, in questo caso quello del Niger, sono sospettosi delle intenzioni e delle relazioni di Compaoré con i ribelli e, dopo un anno di lente ma sicure negoziazioni, l’accordo è raggiunto. Il Presidente del Burkina Faso comincia a guadagnare legittimità in Occidente, nonostante il suo modo di governare e i suoi “amici” nel continente.
Ovviando alle accuse del suo coinvolgimento in favore dei ribelli nella crisi ivoriana, diventa il mediatore tra le parti dopo i fallimenti di Francia e Sudafrica. Ottiene diversi accordi che, anche se in ultima analisi non evitarono focolai di crisi armate come l’ultima del 2010 e del 2011, gli permettono di continuare ad essere considerato come mediatore (e arbitro) nel futuro politico ivoriano. La relazione di Compaoré con l’instabilità in Costa d’Avorio viene da lontano: dopo aver preso il potere in Burkina, grazie tra gli altri al francese Guy Labertit, conosciuto come l’antico “Monsieur Afrique” del socialismo francese, fa amicizia con l’allora oppositore Laurent Gbagbo. Compaoré finanzia l’opera di opposizione di Gbagbo a Houphöuet-Boigny fino a quando dal 1999 questi passa a sostenere il Generale Güei e a isolare Alassane Ouattara: le relazioni tra Compaoré e Gbagbo diventano inimicizia. Una “guerra fredda” scoppia tra i due leader: Gbagbo assume la presidenza della Costa d’Avorio, mentre Compaoré finanzia e accoglie i ribelli ivoriani, si avvicina alla posizione della Francia nella crisi e, infine, in segno di protesta contro Gbagbo, riesce a diventare il mediatore e l’arbitro del conflitto.
Infine, dopo la crisi causata dalle elezioni del 2010, in Costa d’Avorio scoppia il conflitto armato. L’ONU e la Francia intervengono militarmente per far rispettare i risultati elettorali e Gbagbo cade l’11 aprile 2011. Tre giorni dopo Compaoré deve abbandonare il Palazzo Presidenziale di Kosyam a Ouagadougou di fronte alle rivolte portate avanti tra gli altri anche dalla sua stessa guardia presidenziale. Un mese dopo però Compaoré è riuscito a controllare le rivolte, mentre Gbagbo non può evitare di essere inviato a L’Aia per essere giudicato dalla Corte Penale Internazionale.
Contemporaneamente la CEDEAO lo nomina mediatore nella crisi in Guinea Conakry dopo il massacro di 157 persone nello Stadio di Conakry avvenuto il 28 settembre 2009 per mano della Giunta Militare guidata da Dadis Camara. Mentre iniziava il suo lavoro di mediazione tra le parti in guerra, Gheddafi cerca di intervenire al suo posto e nascono dissidi tra Ouagadougou e Tripoli. Qui inizia il raffreddamento dei rapporti tra Compaoré e Gheddafi. Compaoré preferisce avvicinarsi all’Occidente e Gheddafi non si fida di lui e non crede che Compaoré persegua i loro interessi. La sua mediazione comprende la liberazione di Camara, leader della Giunta Militare guineana. Questi, dopo il recupero in un ospedale di Rabat, nel gennaio del 2010 si esilia a Ouagadougou dove si gode la “Belle vie” ed è diventato consigliere speciale del Presidente. Compaoré è consapevole che Camara controlla ancora la Guinea orientale e che questo un giorno può essere utile per i suoi interessi. La crisi in Guinea cerca di risolversi con elezioni, anche se l’instabilità nel paese rende impossibile parlare di crisi finita e la mediazione del Burkina è ancora necessaria.
A seguito della nomina del suo Ministro degli Esteri, Djibril Bassolé, come Rappresentante dell’ONU e dell’Unione Africana per il conflitto del Darfur, ha anche condotto mediazioni con Khartum, anche se il ritorno di Bassolé alla Cancelleria del Burkina Faso ha fatto perdere l’interesse del paese per questo conflitto, nel quale comunque continua a mantenere un contingente di 800 uomini sotto la bandiera dell’ONU.
Nel corso del 2009 il Burkina ha deciso di risolvere i dissensi di confine con i paesi vicini, principalmente Niger, Mali e Benin, firmando accordi salomonici o mettendoli nelle mani della Corte internazionale di Giustizia, evitando così una possibile fonte di attrito con i suoi vicini che potrebbe offuscare il suo ruolo nella regione.
Blaise Compaoré ha partecipato anche alla risoluzione, e in gran parte alla nascita, delle ultime crisi politiche in Mauritania, Benin e Guinea Bissau. Allo stesso modo il Burkina Faso è diventato il paese cruciale per la negoziazione dei riscatti dei sequestri in Mali, Mauritania o Niger, tra cui il rapimento di cooperanti spagnoli. Le trattative per la loro liberazione, che di solito finiscono con l’arrivo dei rilasciati a Ouagadougou, gli hanno permesso di farsi conoscere dall’opinione pubblica europea e, soprattutto, hanno finito per fargli ottenere il sostegno dei paesi dell’Unione Europea. Attualmente ricopre il ruolo di mediatore della CEDEAO per la crisi in Mali.
Mediazione nella crisi del Mali
A seguito del deterioramento della situazione interna in Mali, la CEDEAO e l’Unione africana (UA) sono preoccupate per come l’instabilità in Mali possa causare che l’islamismo radicale si impianti nel nord e Bamako perda il controllo della regione. L’avvicinamento di Tuareg e islamisti è il segnale di allarme. La CEDEAO decide di nominare un Mediatore per cercare di negoziare un accordo che permetta la convivenza e l’unità nel paese e fermi l’espansione islamista. Inizialmente dalla CEDEAO viene designato Blaise Compaoré e dall’UA Yayi del Benin, ma saranno presto Compaoré, il suo ministro degli Esteri Djibri Bassolé e il suo team di consulenti coloro che portano il peso dei negoziati. Le visite a Ouagadougou da parte dei leader Tuareg e islamisti come Iyad Ag Ghaki di Ansar Edine si succedono e molte finiscono per diventare soggiorni continuativi.
Compaoré ei suoi uomini hanno molta esperienza nel settore e i migliori contatti possibili su tutti i fronti. Ma gli eventi precipitano: Colpo di Stato del capitano Sanogo, i capi di Stato della CEDEAO rimangono sorpresi, Parigi e Washington sono preoccupati. Sanogo non è uno dei contatti dell’equipe burkinabé, la sua apparizione li disturba e fa infuriare Compaoré. Gli islamisti hanno sempre più potere nel Nord, i tradizionali contatti Tuareg perdono peso e la figura di Compaoré è messa in discussione da tutti, soprattutto da Bamako e Niamey così come da Cotonou (Benin) che lo considerano favorevole alla richieste dei Tuareg, pericoloso per gli interessi unitari del Mali e un pessimo precedente per il Niger. Le critiche del Benin sembrano più fondate sul fatto che il Presidente Yayi ha perso la presidenza della CEDEAO, che desiderava, per colpa del Burkina Faso.
La delusione arriva all’interno del Burkina, dove la crisi colpisce direttamente dato che dal 2010 alla paura della perfettamente fattibile estensione dei movimenti come AQIM e MUYAO si somma la crescente presenza di rifugiati dal Mali. La presenza di rifugiati minaccia di creare problemi non solo umanitari, ma anche di carattere etnico e sociale, sullo sfondo delle lotte per le scarse risorse idriche del nord del Burkina. Ma le critiche interne si basano sul mettere in dubbio la preoccupazione di Compaoré per la questione del Mali e per i problemi interni del paese. Esternamente è tale il disagio da parte di alcuni membri della CEDEAO che ad ottobre girano voci che Compaoré sarà sostituito come mediatore dal presidente nigeriano Goodluck Jonathan.
Il Burkina concentra i suoi sforzi per la realizzazione di negoziati di carattere inclusivo, che coprano il maggior numero delle parti in conflitto, rappresentati dalle organizzazioni più significative e dai leader più importanti, compresi gli islamisti. La situazione in Mali peggiora, a fatica il governo di Bamako esercita un controllo efficace al di là della capitale, nel nord viene proclamata l’indipendenza del Azawad e la CEDEAO prospetta di dispiegare una missione militare. Compaoré non è favorevole, ma per la prima volta da molto tempo la sua posizione nella CEDEAO in merito a una crisi nella regione è indebolita dai passi falsi della sua mediazione.
Lo sviluppo di un’offensiva islamista e dei Tuareg forza l’intervento militare francese, i negoziati rimangono a un punto morto e Compaoré passa a osservare gli eventi mentre il Burkina, che era una base degli Stati Uniti e della Francia per operazioni antiterroristiche nel Sahel, diventa una delle principali basi logistiche dell’Operazione Serval in Mali. Compaoré non vede di buon occhio l’intervento, ma non ha intenzione di opporsi alle decisioni di Parigi, in fondo c’è un coordinamento all’orizzonte e sarà il primo paese della CEDEAO ad attuare il dispiegamento delle sue truppe in Mali che in particolare sono responsabili della città di Timbuctù.
Dopo l’intervento militare lo scenario è cambiato, ma la guerra non ha risolto la crisi e la negoziazione torna ad essere una priorità. Amadou Tamani Touré (ATT), il deposto presidente del Mali collegato al Burkina Faso, ha perso il potere; Sanogo di fatto non ha potere politico né controlla il decimato esercito maliano; la rivolta dei Tuareg continua ad essere una minaccia per Bamako, ma è vero che ci sono problemi anche tra i Tuareg. Il primo ministro del Mali, Diarra (amico di Compaoré), ha dovuto dimettersi per lasciare il posto a Cissoko; l’ex ministro Tiébélé Drame diventa Consigliere Speciale della Presidenza del Mali per il Nord del Mali; l’UA e la CEDEAO mostrano i loro limiti; il Presidente del Ciad Idriss Déby diventa l’uomo forte del Sahel; in Algeria Abdelaziz Bouteflika si ammala di nuovo e si intravede una possibilità di successione al potere; in Francia e in Europa l’intervento nel Mali smette di essere notizia e Ansar Dine e AQIM hanno resistito abbastanza bene alla scommessa militare. Si stabilisce il 28 luglio come data per le elezioni presidenziali e la risoluzione della crisi nella regione prevedendo un calendario elettorale che non viene mai rispettato o non raggiunge l’obiettivo di stabilizzare: non è niente di nuovo e qui Compaoré sa di cosa si tratta.
Anche se ha frenato le sue azioni pubbliche di mediazione, l’equipe del Burkina Faso non ha cessato il suo lavoro; il Ministro degli Esteri Djibril Bassolé e i consiglieri presidenziali del Presidente non hanno interrotto i contatti con le forze del Nord del Mali. Bassolé e altri inviati del Burkina non hanno smesso di muoversi nel nord del Mali, con molta più facilità e fluidità di quello che possono fare i funzionari di Bamako. I francesi hanno fermato la loro avanzata e quindi nella regione nord-orientale del Kidal si stabiliscono forze Tuareg guidate dal movimento laico Tuareg Mouvement National de Libération de l’Azawad (Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad, MNLA) e da quello separato islamista di Ansar Dine, Mouvement Islamique de l’Azawad (Movimento Islamico dell’Azawad, MIA). I Tuareg negano l’accesso a Bamako ai rappresentati del governo, nemmeno per realizzare le elezioni del 28 luglio. Bamako si dimostra contrario alle rivendicazioni del MNLA e del MIA, spingono affinché i francesi e l’esercito del Mali avanzino su Kidal. Richiedono che Compaoré medi, lui si propone di assicurare la situazione di Kidal per MNLA e MIA e ottenere che le forze dell’ordine e i funzionari di Bamako possano stabilirvici.
I Tuareg sono in una posizione molto precaria, sono divisi e hanno preso le distanze dagli islamisti di AQIM e dei loro alleati. Nel caso di Kidal Bamako rischia di poter controllare la maggior parte del nord e soprattutto limitare il movimento Tuareg, sullo sfondo della lotta per la presidenza. I leader di MNLA e MIA si insediano a Ouagadougou, si incontrano anche quelli del Haut Conseil pour l’Unité de l’Azawad (Alto Consiglio per l’Unità dell’Azawad, HCUA ) e il Front Populaire de l’Azawad (Fronte Popolare dell’Azawad, FPA). Il HCUA è stato creato a maggio a Kidal ed è guidato da Mohamed Ag Intalla, è riuscito a mettere insieme una grande parte delle forze Tuareg e fin dall’inizio cerca di forzare il MNLA per presentare un fronte comune nei negoziati e di ottenere la pace con Bamako. Ci sono anche i rappresentanti “ufficiosi” degli islamisti, anche se non sono presenti al tavolo dei negoziati, e i rappresentanti di Bamako cappeggiati dall’ex ministro Tiébélé Drame, che vanno e vengono da Ouagadougou dopo le consultazioni a Bamako. Il 5 giugno da parte delle forze del Mali avviene la presa di Anefis, a pochi kilometri della capitale di Kidal. Bamako cerca di fare pressione e introdurre nuovi rappresentanti al tavolo dei negoziati, in particolare il Mouvement Arabe de l’Azawad (Movimento Arabo dell’Azawad, MAA) e le Milizie di Autodifesa Ganda Koy e Ganda Iso. Tutti e tre sono movimenti armati coinvolti ma nessuno è Tuareg e quindi Compaoré accetta di incontrarsi con loro, ma non che aderiscano ai negoziati con voce e voto.
Dopo il previo lavoro di incontri e discussioni, la seconda settimana di giugno a Ouagadougou iniziano i negoziati tra il Governo di Unità Nazionale di Transizione del Mali da un lato e il MNLA e il HCUA da parte dei Tuareg del Kidal. Come Mediatore della CEDEAO c’è Compaoré al quale è stato aggiunto come Mediatore Associato il Presidente nigeriano Goodluck Jonathan. Come facilitatori dei negoziati ci sono l’Unione Africana, l’ONU, l’Unione Europea, Francia, Svizzera, Algeria, Mauritania e Niger. Le voci e le incomprensioni si succedono, i Tuareg accettano l’accordo ma Bamako mette impedimenti soprattutto per garantirsi che le forze Tuareg rispettino il cessate il fuoco e si stabiliscano in punto determinato, a ciò si aggiungono il rifiuto di annullare gli ordini di detenzione dei leader del MNLA e del HCUA e le continue e mutue recriminazioni sui fatti accaduti nel 2012 e 2013 durante gli scontri e le occupazioni di entrambe le parti.
Le presidenziali sono a poco più di un mese e i negoziatori maliani sono consapevoli che questo accordo segnerà la campagna, il consigliere Dramé è uno dei candidati alla presidenza con maggiori possibilità e uscire con un accordo vantaggioso per il Governo gli sarà molto utile nella sua campagna elettorale. Compaoré ne è cosciente e cerca di essere squisitamente neutrale, tuttavia il Burkina mantiene buoni rapporti con i Tuareg e per quanto riguarda le elezione del Mali ha mostrato una certa preferenza per un altro candidato, l’economista Soumaïla Cisséentre che alla fine passerà al secondo turno delle presidenziali e le perderà contro Ibrahim Boubacar Kéita (IBK), un altro noto e vecchio esponente dello scenario politico e diplomatico della regione.
Infine il 18 giugno si raggiunge l’”Accordo preliminare per le elezioni presidenziali e i colloqui di pace inclusivi”. L’accordo stabilisce di lavorare secondo i principi di integrità e di laicità dello Stato del Mali e stabilisce due fasi per il processo di pace e di dialogo. La prima fase prima dell’elezioni e la seconda dopo. Durante la prima fase le parti si impegnano per il normale sviluppo del processo elettorale in tutto il territorio, compreso il Nord e il Kidal, per la cessazione delle ostilità e per l’avvio di un dialogo inclusivo. La creazione di un Comitato Tecnico Misto di Sicurezza che sorvegli il cessate il fuoco composto da 4 rappresentanti del Governo del Mali, 4 dei gruppi armati e uno ciascuno per la Missione Internazionale di Sostegno al Mali con Leadership Africana (MISMA) della CEDEAO, la Missione Multidimensionale Integrata di Stabilizzazione delle Nazioni Unite in Mali (MINUSMA) delle truppe francesi dalla Forza Serval, il Mediatore (Burkina Faso), il Mediatore Associato (Nigeria) e l’Unione Africana. A questo comitato si aggiunge un Comitato di Monitoraggio e Valutazione presieduto dal Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite e composto da un rappresentante del Mediatore e del Mediatore Associato, uno della Commissione della CEDEAO, uno dell’UA, l’ONU, l’UE, l’Organizzazione della Conferenza Islamica (OCI), Francia, USA , Svizzera, Algeria, Mauritania e Niger. Questo Comitato supervisionerà l’attuazione della normalizzazione del territorio con il dispiegamento dell’Amministrazione Civile, dei servizi sociali e del normale sviluppo della campagna elettorale.
La seconda fase sarà dopo le elezioni e stabilisce che 60 giorni dopo la costituzione del nuovo governo che uscirà dalle elezioni si stabilirà un processo di dialogo che risolva, tra le altre questioni, la forma dell’organizzazione territoriale e amministrativa del paese, in particolare dell’Azawad, e provi la riorganizzazione delle Forze Armate e il miglioramento della governabilità nel paese.
Questo accordo presuppone che il Burkina Faso manterrà il suo ruolo di Mediatore nel medio e lungo periodo ed è riuscito, per quello che si riferisce al Burkina, ad ottenere un accordo che rispetti le rivendicazioni Tuareg, che sia stato accolto con piacere da Bamako e che abbia permesso una volta di più di aumentare il valore diplomatico di Compaoré e di stabilire stretti legami con i futuri leader e dirigenti del Mali. Quest’ultimo obiettivo è sempre una massima dei negoziati del Burkina Faso perché è un dato fondamentale per mantenere l’importanza del Burkina agli occhi della Francia, degli USA e dei loro alleati.
Dopo la vittoria della IBK e la sua presa di potere ufficiale del 4 settembre, inizia a correre il calendario dei 60 giorni per il processo di dialogo. La situazione interna in Burkina, dove l’opposizione prende forza e solleva dubbi circa la continuità di Compaoré al potere dopo il 2015, la diffidenza del nuovo presidente del Mali e del suo entourage verso il ruolo del Burkina e la loro riluttanza a concedere l’autonomia al nord e il di per sé instabile equilibrio di forze nel nord fanno crescere i dubbi sulla capacità e continuità del lavoro mediatore di Compaoré nel conflitto. All’inizio si conferma la sua continuità come Mediatore: non è la prima volta che Compaoré si trova in una situazione simile, anche se il mix di ostacoli interni ed esterni si impone con intensità nel suo lavoro diplomatico.
I vantaggi del lavoro diplomatico per il Burkina e Compaoré
Compaoré, a causa di questo protagonismo, ha ottenuto un ruolo diplomatico per il suo paese di gran lunga superiore a quello che i media e le caratteristiche dei paesi simili si possono permettere e viene loro attribuito: ha esercitato la Presidenza di turno della CEDEAO e UEMOA nel 2007 e 2008, ha occupato un posto come Membro Non Permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per il biennio 2008-2009, l’attuale Ministro degli Esteri, Djibril Bassolé, è stato nominato Mediatore Comune della Missione delle Nazioni Unite e dell’Unione Africana in Darfur fino al suo ritorno nel mese nell’aprile 2011 come Ministro e nel febbraio 2012 Kadre Désiré Ouedraogo (ex Primo Ministro e Ambasciatore presso l’Unione Europea) è stato nominato Presidente della Commissione della CEDEAO. Quest’ultimo, dopo una dura battaglia con il Senegal, permette a Ouagadougou di prendere le redini dell’organizzazione fondamentalmente con l’approvazione della Nigeria e della Costa d’Avorio. Compaoré ha avuto un duro scontro diplomatico con il presidente del Benin Boni Yayi per presiedere nuovamente la CEDEAO nel 2013; dopo tese trattative la presidenza è esercitata dall’ivoriano Ouattara, un alleato e un amico di Compaoré, mentre Yayi perde la possibilità di esercitare la sua influenza regionale e ha affrontato un tentativo di colpo di Stato nel febbraio di quest’anno. Ancora una volta coloro che si scontrano con Compaoré non ne escono bene.
Questo protagonismo è stato accompagnato anche dalla presenza di truppe del Burkina nei conflitti come quelli in Costa d’Avorio, Darfur, Guinea Bissau o Mali sotto la bandiera delle Nazioni Unite, della CEDEAO o dell’Unione Africana.
Anche gli uomini d’affari del Burkina Faso approfittano di questa influenza e cominciano a estendere la loro influenza e i loro investimenti in paesi come il Mali e il Niger, mentre il paese mira a rendere Ouagadougou il principale porto secco del Sahel e il Burkina il nodo di comunicazione interno alla regione, in parte per il fatto che il paese è il più stabile e sicuro dei suoi vicini. E un altro vantaggio è che il Burkina ottiene il sostegno internazionale per i progetti di sviluppo del paese, già abbiamo visto le cifre fornite dall’UE o dagli USA per il SCADD 2011-2015 ma potremmo parlare anche dei contributi di Canada, Giappone, Germania o Taiwan che, motivati dalle urgenti necessità della popolazione e dallo stimolo degli interessi minerari e dal ruolo di negoziatore influente di Compaoré nella regione, forniscono enormi quantità che facilitano gli interessi di questi paesi nella regione.
Il Burkina è diventato la pietra angolare di tutti gli sforzi per mantenere la pace nella regione, senza lasciare da parte gli interessi del paese e del proprio Presidente in ogni trattativa. Le parti possono essere più o meno soddisfatte della sua mediazione, ma ovviamente il Burkina e Compaoré ne escono sempre rafforzati e beneficiati. Quest’ultimo sfrutta le sue abilità diplomatiche e la sua personalità e il fatto che è il leader più longevo in Africa Occidentale. È stato presente ai funerali dei padri dell’indipendenza della regione, alle investiture di tutti i Presidenti e ha mantenuto amicizie e relazioni con quasi tutti i leader politici e con i loro consulenti, sia al potere che all’opposizione. Francia, Unione Europea e Stati Uniti lo appoggiano, gli chiedono consiglio e consulenza e si appoggiano al suo dominio dei mezzi diplomatici e politici della regione.
I suoi viaggi nella regione e la partecipazione ad alcuni dei principali forum politici in Europa, Stati Uniti e Asia (esclusa la Cina) lo hanno fatto diventare l’interlocutore di riferimento. Usando la diplomazia, l’astuzia e la perfetta conoscenza della regione e dei suoi protagonisti, Blaise Compaoré è ora l’arbitro del futuro della regione, sempre che riesca a mantenere il suo status interno. Il suo potere raggiunge un livello tale che se prima i leader della regione come Ouattara venivano chiamati l’”uomo degli USA” o l’”uomo di Sarkozy” ora li si chiama l’”uomo di Blaise”. Per tessere questa rete regionale di contatti e fare con successo il suo lavoro di mediazione Compaoré ha un supporto efficiente.
Gli uomini di Compaoré
“Non è che i funzionari del Burkina Faso siano più intelligenti o più competenti di altri, ma giocano “collettivamente”, mentre troppo spesso, in queste cose, altri pensano di giocare “da soli”.
Questa idea contenuta nella stampa regionale non è una semplice lode. Il lavoro diplomatico del Burkina non si basa solo sulla figura del Presidente: Blaise Compaoré è riuscito a creato un team di consulenti, diplomatici e militari, attivi o in pensione, che gli consentono di controllare tutte le leve del potere interno e di mobilitare il loro potenziale a livello regionale.
Un esempio delle capacità dei suoi uomini. Il 3 dicembre 2009 Compaoré manda il fratello François e uno dei suoi Consiglieri, il mauritano Mustafá Chafi, a Conakry per consultare i leader religiosi locali sulla crisi nel paese mentre il leader della Giunta Militare, Dadis Camara, è gravemente ferito da un recente tentativo di assassinio e il paese è in procinto di esplodere in una guerra civile. Quella stessa mattina Camara viene portato a Rabat nell’aereo del Burkina in cui ci sono François e Chafi e dal luglio 2010 si stabilisce a Ouagadougou dove riceve gli esponenti della Guinea e controlla i suoi interessi e sostegni nel paese. Nell’aprile 2013 Camara assiste al funerale di sua madre in Guinea dove ancora si dibatte se arrestarlo e giudicarlo. È accompagnato tra gli altri da Gilbert Diendéré, Capo Di Stato Maggiore dello Stato, al fine di assicurarsi che nessun incidente si verifichi durante il viaggio. Di ritorno Camara passa per Monrovia e Rabat dove si incontra con Mohamed VI e torna a Ouagadougou.
Questi uomini, il mauritano Mustafá Chafi, il Colonnello Gilbert Diendéré e il fratello del Presidente, François, sono tre dei Consulenti personali di Compaoré, pilastri del suo lavoro internazionale e del suo potere interno. Ad essi potremmo aggiungere altri nomi come quelli del maliano Sadio Lamine Sow, il ministro Djibril Bassolé, l’ex Ministro della Cultura Mahamoudou Ouedraogo o l’attuale Ambasciatore a Riad Mansa Ountana. Chi sono? Uno breve sguardo alle biografie di alcuni di loro rivela molto sul passato, il presente e il futuro del Burkina Faso e di Blaise Compaoré.
Mustafá Chafi, nato a Nouakchott nel 1960, figlio del leader di uno dei partiti di opposizione in Mauritania, è cresciuto tra la Mauritania e il Niger. Membro della tribù Tajakant, presente dalla Mauritania fino all’Arabia Saudita, conosce il Sahel come pochi, parla molte lingue della regione (dal tamashek al bambara, il hausa o il wolof) ed è stato uno dei principali rappresentanti di Compaoré in tutto il continente.
È stato presente in gran parte dei conflitti africani dal 1980. Da allora sostiene il Fronte di Liberazione del Ciad di Goukouni Oueddei e entra in contatto con Gheddafi in Libia, passando a sostenere il suo panafricanismo dalla Mauritania e dal Sahel. Poi si trasferisce in Burkina Faso per sostenere Sankara, diventando la connessione tra Ouagadougou e Tripoli e abbandonando il paese dopo la morte di Sankara nel 1987.
Torna nel 1995, dopo essersi mosso attraverso il Sahel, e vi si stabilisce definitivamente dopo aver ripreso la sua amicizia con Compaoré. Inizia il suo lavoro come rappresentante e mediatore sotto l’ombrello di Compaoré in Niger, dove approfitta della sua amicizia personale con il leader dei ribelli Tuareg Mano Dayak. Il successo in Niger gli fa continuare il suo lavoro: in Congo accompagna il ritorno di Laurent-Désiré Kabila nel 1997, interviene nella crisi del Ciad, dal 2002 è il corriere tra i ribelli ivoriani e Compaoré, nel 2005 media nella crisi di successione in Togo e nel 2009 riesce a prendere Dadis Camara da Conakry.
Nello stesso anno il suo lavoro guadagna protagonismo nella stampa mondiale, un pericolo per qualcuno che basa sulla discrezione il suo lavoro e la sua sicurezza. Interviene nella liberazione dei due diplomatici canadesi rapiti da islamisti in Niger. L’anno seguente la sua foto e il suo nome sono in prima pagina nella stampa spagnola, al negoziare direttamente con il leader terrorista islamista Mokhtar Belmokhtar per il rilascio di due cooperanti spagnoli rapiti in Mauritania, perché viene analizzata e scoperta dall’opinione pubblica la sua figura e il suo ruolo tanto in Burkina come all’estero. Questo ruolo nei successivi sequestri che si verificano nel Sahel lo hanno fatto diventare un personaggio conosciuto sia dai mezzi di comunicazione occidentali sia dai servizi diplomatici e di intelligence che lo vedono come un personaggio chiave per tutto ciò che riguarda il Sahel.
Forse a causa di questa improvvisa “fama” mediatica o forse perché nel gennaio 2012 è stata resa pubblica la richiesta del Governo mauritano per la sua estradizione con l’accusa di collaborazione e finanziamento di gruppi terroristici, Chafi ha cercato di mantenere un profilo più basso anche se la sua partecipazione ai negoziati politici del conflitto maliano e ai recenti rapimenti sembra continuare. D’altra parte la relazione di Chafi con la Mauritania esce dal suo quadro d’azione per gli interessi del Burkina Faso, qui ha interessi personali. Il Presidente mauritano Abdel Aziz, ottenuto il potere nel 2008, ha cercato di far tornare Chafi a Nouakchot per avere il suo sostegno: sapeva che Chafi sarebbe stato una pietra miliare per controllare gli islamisti e i Tuareg e soprattutto sospettava che lo potesse fare fuori dal suo controllo. Questo timore era fondato: Chafi ha riconosciuto pubblicamente e costantemente la sua inimicizia verso Aziz (che critica e che considera un usurpatore del potere democratico che ostentava Sidi Ould Cheikh Abdallahi). Nel 2004, prima dell’arrivo di Aziz al potere, l’allora governo mauritano ha denunciato che in Burkina si allenavano miliziani disposti a provocare un colpo di stato in Mauritania. Tanto dietro questi fatti quanto dietro qualsiasi azione o incursione islamista in Mauritania i successivi Governi mauritani hanno visto la mano di Chafi.
Diversa è la biografia di Gilbert Diendéré, l’eterna ombra di Compaoré da quando era capitano. Lui era dietro i quattro leader del Colpo di Stato del 1983 ed è considerato il coordinatore e la mano esecutrice del golpe del 1987. Riconosciuto come uno degli uomini più potenti del paese, dopo il Presidente e suo fratello, è colui che ha la migliore rete di informazioni e di contatti non solo in Burkina Faso, ma in tutta l’Africa Occidentale. Con la linea diretta con i servizi di intelligence occidentali così come del continente africano, è in grado di anticipare colpi di stato, vittorie e sconfitte sui campi di battaglia e di individuare una persona o un gruppo che si spostano nel Sahel.
Diendéré ha sotto il suo comando la guardia presidenziale, la RSP, la miglior attrezzata e addestrata unità dell’Esercito del Burkina, e controlla i servizi segreti. I suoi uomini sono stati addestrati da americani e francesi e anche se la RSP si è ribellata contro Compaoré nei moti del 14 aprile 2011, l’unico vertice militare che ha mantenuto la sua posizione è stato Diendéré. Nonostante tutto mantiene i segreti dello Stato e molti della regione: colpi di stato interni che si sono verificati o potrebbero essersi verificati negli ultimi 30 anni in Burkina e nella maggior parte dell’Africa Occidentale, i politici del paese scomparsi e uccisi, i movimenti di armi attraverso il Burkina verso la Liberia, la Sierra Leone e la Costa d’Avorio, i movimenti di denaro libico per finanziare colpi di stato e elezioni negli anni ‘90 e nei primi anni del 2000, la fuga di Hissène Habré dal Ciad o di Dadis Camara da Conakry e il futuro dei movimenti Tuareg.
Chafi non agisce senza che Diendéré lo sappia o addirittura pianifichi le sue azioni, è uno dei consiglieri più riservati di Compaoré anche se in Burkina tutti sanno chi è e che potere ha. Il suo recente intervento per il rilascio di un’italiana e una svizzera rapite in Mali durante il mese di aprile, la prima volta che la stampa occidentale è riuscito a fotografarlo, lo ha messo al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica. Circa il suo futuro politico e militare non si sa nulla, anche se la moglie si occupa di questo aspetto essendo deputata nazionale e importante membro del partito presidenziale. Le voci sulla possibilità che sostituisca Compaoré come Presidente dopo il 2015 si moltiplicano, lui nega ogni interesse, di certo il suo potere è tale che egli non ha bisogno di avere la Presidenza perché chiunque sostituisca Compaoré nel 2015 e qualunque sia il futuro della regione nei prossimi anni, tutti dovranno fare affidamento su di lui.
Ma se Diendéré nega ogni interesse per la presidenza, il contrario accade con il fratello del Presidente, François Compaoré, noto come “Monsieur Frére” o “Petite Presidente”. Consigliere Economico del Presidente, con una reputazione di persona competente e capace, ben considerato in Europa, controlla le leve dell’economia nazionale: qualsiasi decisione o investimento finanziario devono passare per le sue mani, ha messo uomini di sua totale fiducia nelle principali posizioni di potere, pubbliche e private, relazionate con l’economia, gli imprenditori leader del paese formano l’Esecutivo del Fedap-BC e sua suocera è una delle persone più ricche del paese e Presidente della Camera di Commercio. Controlla anche gran parte dei leader tradizionali e, soprattutto, è la mano destra per eccellenza del Presidente.
Qualsiasi discussione sulla fine del mandato del Presidente nel 2015, se non è possibile modificare l’articolo 37 della Costituzione che impedisce la ricandidatura, include il riferimento al fatto che lui sia il successore nella posizione migliore. Perciò è entrato nell’Esecutivo del CDP ed è stato eletto deputato nelle elezioni del dicembre scorso, anche se ha poi ceduto il posto. Il suo principale svantaggio: la sua enorme impopolarità e la poca influenza nelle Forze Armate. Oltre a mancare della personalità di suo fratello e di essere fuggito lontano dai riflettori della stampa, pesa su di lui l’accusa di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Norbert Zongo, fatto che viene ricordato assiduamente dalla stampa locale e apertamente dall’opposizione e dalla cittadinanza.
Per risolvere questo problema, dalle insurrezioni interne del 2011, con il supporto di sua sorella Antonietta e con il potere economico, ha cercato di rafforzare la sua immagine pubblica, isolare i suoi avversari all’interno e all’esterno del regime e di ottenere il favore delle Cancellerie limitrofe e occidentali per cercare di garantirsi la successione di suo fratello nel caso in cui egli non venga riconfermato nelle elezioni del 2015. Per compensare la sua influenza nelle Forze Armate dovrà fare affidamento sul buon lavoro di Blaise Compaoré e per estensione di Gilbert Diendéré, altrimenti è impossibile che mantenga il potere. Gli analisti concordano sul fatto che François sia il successore desiderato da Blaise Compaoré e che questo sia il modo più logico affinché le élites create dal 1987 mantengano la loro influenza. Contro c’è il totale rifiuto popolare (il conteggio dei voti nel distretto dove si è presentato nel mese di dicembre è stato rinviato per problemi “tecnici” e i risultai sono stati resi noti ben dopo quelli del resto del paese) che, dopo il 2015, potrebbe provocare contestazioni e instabilità politica tali da far cadere il sistema di potere creato da Blaise Compaoré. Questa è una delle principali preoccupazioni del Presidente e del suo entourage.
Un altro uomo di Compaoré da considerare è Sadio Lamine Sow, del Mali, che è stato ministro degli Esteri del Governo di Transizione del Mali di Cheick Modibo Diarra e in seguito Consigliere di rango ministeriale dall’agosto 2012. L’ex corrispondente della rivista Jeune Afrique è arrivato in Burkina ai tempi di Sankara ed è rimasto con Compaoré come Consulente della Comunicazione per poi diventare il collegamento tra Ouagadougou e le capitali dell’Africa Centrale. Presente a distanza nella politica del Mali, è stato uno dei principali sostenitori del deposto presidente del Mali Amadou Toumani Toure (ATT) e, essendo una delle persone più fidate di Compaoré, è riuscito a convincere quest’ultimo ad appoggiarlo.
Il suo ritorno a Bamako è un altro esempio dell’influenza e dell’importanza di Compaoré negli affari interni dei suoi vicini, anche se in questo caso questa vicinanza del Presidente del Burkina ha portato Sow a diventare un elemento estraneo per l’élite del Mali. Considerato come un intruso e una pedina di Ouagadougou, con il nuovo governo del Mali è sparito dal Governo, anche se il suo lavoro rimane presente dietro le quinte.
Un altro eccezionale sostegno del Presidente è il Ministro degli Esteri Djibril Bassolé che ha gestito i negoziati della CEDEAO per risolvere il conflitto in Mali prima dell’intervento francese e più tardi per ottenere il recente Accordo su Kidal. Il Colonnello della Gendarmeria è il volto pubblico della diplomazia del Burkina. Iniziò la carriera diplomatica casualmente, in seguito al suo lavoro come responsabile della sicurezza degli accordi in Togo nel 1993. Nel 1994 ha partecipato con altri consiglieri nella mediazione della ribellione Tuareg in Niger.
In seguito è stato Ministro della Sicurezza e poi degli Esteri, realizzando molte missioni e interventi in Costa d’Avorio. Ha ricoperto questo incarico fino alla sua nomina come Mediatore Congiunto delle Nazioni Unite e l’Unione Africana (UA) in Darfur. Dopo la crisi del Burkina del 2011, Compaoré ha chiesto il suo ritorno come Ministro degli Esteri: la sua missione era quella di coordinare tutte le responsabilità del Burkina come custode degli accordi raggiunti nelle successive crisi regionali dove Compaoré è Mediatore e si scontra con lo scoppio della crisi in Mali.
In seguito al mandato della CEDEAO per raggiungere un accordo tra le parti nella crisi del Mali il suo lavoro è stato quello di portare avanti i negoziati “pubblici” tra il Governo di Bamako, i Tuareg e gli islamisti. Ha visitato sia Bamako sia le città del Nord che stavano cadendo nelle mani dei ribelli, Gao, Timbuctù e Kidal, negoziando con tutte le parti ed essendo ben accolto soprattutto dai Tuareg e dagli islamisti. Fin dall’inizio è stato contro l’intervento militare e ha sostenuto la differenziazione tra i Tuareg e gli islamisti del Mali e l’abbagliante presenza di Al Qaeda nel Magreb Islamico (AQIM) e il recente Movimento Unificato per la Jihad in Africa Occidentale (MUYAO). Prospetta la legittimità delle richieste di autonomia dei Tuareg, rappresentati dal Mouvement National de Libération de l’Azawad (MNLA) e dal Mouvement Islamique de l’Azawad (MIA) e anche degli islamisti dei gruppi come Ansar Dine. Si è mostrato contrario a AQIM e nella pratica i suoi negoziati hanno aiutato a isolare AQIM dagli altri attori del nord del Mali.
Al lavoro di questi Consiglieri si uniscono i diplomatici del Burkina Faso, tutti uomini fidati di Compaoré, molti ex compagni d’armi come l’Ambasciatore in Marocco, Yéro Boly, che in passato occupò questo posto a Abidjan e a Tripoli ed è stato Ministro della Difesa e Capo di Gabinetto di Compaoré. Ora avrà il compito di migliorare le già fluide e convergenti relazioni di Rabat e Ouagadougou e promuovere la crescente presenza economica del Marocco in Burkina Faso. Un altro diplomatico importante è l’attuale ambasciatore a Riad, Mansa Ountana. Ex Consigliere diplomatico del Presidente, è ora responsabile delle relazioni del Burkina con il Medio Oriente, mettendo in evidenza le relazioni con il Qatar la cui influenza nel Sahel, come in altre parti del mondo, è in crescita soprattutto tra le forze islamiste. Sia Doha che Ouagadougou hanno capito l’importanza di entrambi nella regione e sono disposti a sfruttare ciò per reciproco vantaggio.
Potremmo aggiungere altri partner di rilievo di Compaoré, fino al momento i suoi principali consiglieri e funzionari provengono dai giorni della rivoluzione sankarista e la maggior parte sono stati militari poliziotti. Alcuni sono andati all’opposizione, sono stati messi da parte dall’ostracismo o semplicemente si sono ritirati dalla politica. Di fronte all’inevitabile cambio generazionale dei prossimi anni, il governo prevede già misure per poter contare sui migliori diplomatici e negoziatori possibili; perciò sta creando, nella misura delle sue possibilità, centri di studio e formazione in previsione di dare la migliore formazione ai futuri funzionari che dovranno continuare a sfruttare per il paese i vantaggi del suo ruolo diplomatico.
Conclusioni
Dopo 26 anni al potere Blaise Compaoré si trova davanti a due scenari diversi, uno interno e uno esterno. Internamente la situazione è caratterizzata dall’estrema povertà di molte classi della popolazione, non migliorata dai risultati relativi a settori come le infrastrutture o al boom minerario; dalla mancanza di una reale libertà politica, malcelata dalla libertà di stampa e di partiti politici, e dall’accumulo di potere in élites politiche ed economiche molto limitate ed endogamiche che producono corruzione e distribuzione ineguale della ricchezza. Come ha mostrato da fine giugno, l’opposizione del Burkina Faso è stata rafforzata e ha reso Zéphirin Diabre, Presidente dell’”Union pour le Progrès et le Changement” (Unione per il Progresso e il Cambiamento, UPC), una figura in ascesa nella scena politica alla quale si aggiungono il movimento “Balai Citoyen” (Scopa Cittadina) guidato dai musicisti Smokey e Sam’s k le Jah e ispirato ai movimenti cittadini senegalesi e il rilancio per mano degli influenti sindacati della “Coalition Contre la Vie Chère” (Coalizione contro il Caro Vita, CCVC) di carattere rivoluzionario e anti-neoliberista. Se a ciò si sommano le recenti voci sullo stato di salute di Compaoré, in generale la situazione interna è afflitta da periodi ricorrenti di crisi.
A questo si aggiunge il fatto che, nonostante gli anni passati al potere, Compaoré controlla tutti i livelli della polizia e delle forze militari, soprattutto tra i sottoufficiali e i soldati, e ciò lo ha portato a prendere personalmente e direttamente le redini delle Forze Armate. Anche se il cerchio di potere che il Presidente ha sviluppato tiene saldamente le leve del potere, gli eventi del 2011, cioè che Compaoré non è stato in grado di imporre la riforma dell’articolo 37 della Costituzione, e l’attuale corrente di opposizione contro la creazione del Senato mostrano che non sarà facile per il Presidente mantenere il potere nelle sue mani o in quelle di qualche successore di sua elezione. Anche se dopo il 2015 saranno in grado di mantenere lo status quo di Compaoré, è chiaro che sarà difficile da mantenere nei termini attuali. Sebbene Compaoré abbia insistito sul fatto che le proteste non cambieranno la sua azione di governo, per ora ha ritardato sine die il processo di creazione del Senato. Tuttavia la sua abilità nel rimanere al potere e aumentarlo, per vie più o meno spicce, dà prova che il Presidente è stato in grado di adattare e modellare le circostanze interne per uscirne più forte e annullare l’opposizione.
A livello esterno il Presidente Compaoré è riuscito a sfruttare al meglio la vasta rete di amici e contatti a livello regionale, le capacità dei propri collaboratori, i bisogni dei suoi alleati al di fuori della regione e la perfetta conoscenza del funzionamento e delle complessità della politica e diplomazia in Africa occidentale. I diplomatici, i leader dell’opposizione, i Capi di Stato, i capi di organizzazioni dedicate ai tanti traffici illegali del Sahel, i militari occidentali o i giornalisti sono consapevoli del fatto che da Ouagadougou in un modo o nell’altro passano le questioni diplomatiche, di sicurezza e le questioni più oscure della regione. Indipendentemente dalle opinioni su Compaoré, sul suo regime e sul suo modo di agire internamente o esternamente, finché si trova al potere la sua presenza resterà essenziale in qualsiasi negoziazione e azione pubblica o segreta sia in una crisi politica, in un rapimento o nel traffico illegale. Anche se Compaoré lascia o perde il potere, la sua importanza e il suo ruolo rimarranno tali come dimostrano le opinioni che già prevedono che se dopo il 2015 Compaoré non riesce a rimanere al potere può passare a dirigere o rappresentare un’organizzazione come l’Unione Africana o la Francophonie perché molti paesi non vogliono perdere la sua mediazione e influenza. Un’altra questione è quale influenza avranno Compaoré e i suoi collaboratori nei confronti dei futuri cambiamenti politici, economici e generazionali tra le élite africane. Finora la loro capacità di adattamento ha compensato il rischio di perdere influenza e sembra che a breve e medio termine continuerà ad essere così.
(Traduzione dallo spagnolo di Arianna Plebani)