Il giornalista burundese, Hassan Ruvakuki, dopo essersi fatto ben 15 mesi in carcere è stato liberato.
Ruvakuki lavorava per conto dell’emittente indipendente Bonesha Fm ed era anche in swahili di Radio France Internationale (Rfi).
Era stato accusato di ribellione armata in quanto pare si trovasse, più di un anno fa (novembre 2011), al seguito di alcuni gruppi di miliziani ribelli in lotta col potere centrale, nella provincia di Canzuko, nella zona orientale del Paese al confine con il Tanzania.
Il giornalista, una volta arrestato, si è sempre discolpato sostenendo, tramite il suo avvocato, di essere lì per motivi di lavoro.
Ma non è servita a nulla la sua difesa e, addirittura, in prima istanza la condanna inflitta era stata quella dell’ergastolo.
Successivamente, in altro appello, si è giunti ad una pena più mite (sempre ingiusta) e cioè di soli tre anni.
E poi, per motivi seri di salute,da poche ore finalmente Hassan è stato liberato e si augura che la sua innocenza sia ufficialmente riconosciuta in quanto realmente estraneo ai fatti.
Questo è l’ennesimo episodio a conferma della impossibilità di avere in Burundi, e nell’Africa tutta, un giornalismo che possa dirsi critico a ragione e, quindi, libero.
Basta un sospetto o un nemico personale, o magari più di uno e anche potente, che si finisce con false accuse in galera.
Le organizzazioni della stampa locali e anche quelle dell’Onu hanno sempre denunciato questo andazzo fatto di continue intimidazioni. Ma sono rimaste inascoltate. E intanto il numero dei giornalisti scomparsi, uccisi o sbattuti in galera è in crescendo.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)