Magazine Bambini
Siamo arrivati anche alla fine della fase “asilo nido”, dopo ben due anni. Si cresce, è normale. Si chiude un primo breve ciclo, importantissimo perché ha significato il vero e proprio “debutto in società” di mia figlia. Il confronto con un primo ambiente esterno alla sua famiglia e alla sua casa, con tanti altri bambini, con altri adulti di riferimento, con nuove sfide da affrontare. Il primo ambiente veramente suo, con ritmi, esperienze, amicizie, antipatie, litigi che noi potevano conoscere solo indirettamente. Tutti elementi difficilmente riproducibili al di fuori di questa esperienza che occupava una parte importante della sua giornata ma che doveva necessariamente affiancarsi e mai sostituirsi alla normale vita familiare.
Ricordo ancora la prima volta che la portammo al nido, noi dovevamo riempire dei fogli e lei faceva esperienza del nuovo ambiente. Era una bella giornata e tutti i bambini erano fuori nel giardino a loro disposizione per le uscite. Sembrava veramente uno scricciolo.Poi è arrivato l'inserimento. Il primo giorno sarebbe rimasta solo un paio di ore, quando i bambini erano fuori in giardino. Io dovevo rimanere lì per darle sicurezza in un ambiente nuovo e per gestire eventuali momenti critici. Seduto su una panchina guardavo questo mondo per me nuovo, fatto di bambini che cadevano e si rialzavano, bambini che piangevano, nasi che colavano, bambini lanciati su macchinine a tutta velocità lungo il vialetto.La mia piccola sembrava tranquilla. Si muoveva indagando le novità, soprattutto i giochi. Ad un certo punto si è avvicinato un bambino. Si è fermato a guardarmi e si è seduto accanto a me. Mi sentivo un po' imbarazzato.Mi sembrava di essere sulla panchina di Forrest Gump. Avessi avuto una scatola di cioccolatini avrei potuto rompere il ghiaccio.Ero osservato.Così mi sono girato verso di lui e gli ho sorriso.Guardandomi mi ha detto: “Babbo”.“Che io sappia, no” avrei voluto dirgli ma sicuramente non avrebbe capito la battuta.