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Il motivo delle dimissioni è organizzativo, molto puntuale e "manageriale": no non si tratta di mala gestione o assenza di risultati (da quando è un carica se non altro ha portato molta fortuna ai club e alla nazionale inglesi); piuttosto avrebbe "fatto casino" col ruolo di Performance Director della Rfu e soprattutto "annoiato" il candidato in pectore per quel ruolo, cioè il potente Sir Clive Woordward, colui che guidò dalla panchina inglese la conquista del Mondiale 2003.
Ricapitoliamo la storia dall'inizio, tanto è breve: John Steele, ex giocatore e allenatore dei Northampton Saints poi divenuto capo della UK Sports, l'Ente che supporta finanziariamente gli atleti inglesi selezionati per le Olimpiadi 2012, giusto un anno fa viene nominato capo della Rfu. Il board lo sceglie col preciso incarico di ridisegnare la struttura della Rugby Union più importante del Mondo, col target la Coppa del Mondo da organizzare in casa nel 2015.
L'uomo si mette al lavoro e propone rapidamente una ristrutturazione radicale, che raggruppa e riassegna tutti i dipartimenti della Rfu in tre direzioni ed elimina il ruolo di Elite Rugby Director occupato da Rob Andrews, teoricamente il capo del head coach della nazionale ma nella pratica un ruolo molto di back-office, politica interna, qualche intervista e pochi fatti.
La ristrutturazione proposta da Steele viene approvata dal Board all'unanimità; Andrews viene riciclato in un ruolo minore, s'avanzano candidature prestigiose per gli altri posti e paiono tutti felici e e contenti. Il diavolo però si annida nei dettagli, in particolare nel nuovo ruolo di Performance Director, un incarico di sostanza anche se da tribuna e non da campo, che pare disegnato apposta per la figura di Clive Woodward. Questi però si schermisce immediatamente e afferma pubblicamente di voler rimanere alla guida del Comitato Olimpico London 2012.
Probabilmente Steele lo prende troppo sul serio, anche se annuncia un "ritardo" nel reclutamento, guarda caso per aspettare ch epassino 'ste Olimpiadi: dentro al board c'è chi lo vuole a ogni costo. Il mese scorso il Ceo annuncia a ciel sereno una ridefinizione dell'incarico - la job description, sottraendo al futuro Performance Director chiunque sarà, il compito di gestire il coach della nazionale. Forse l'ha fatto per eliminare ogni potenziale conflitto o forse per troppa condiscendenza nei confronti di coach Martin Johnson, uno che già dalla faccia non vuole noie nel suo locale e al massimo il timido Andrews poteva sopportare.
Apriti cielo: dieci giorni fa Steele viene costretto a far marcia indietro rimangiandosi la modifica, pur incassando al contempo il supporto formale di tutto il Board, a stretto giro di posta dopo una nuova dichiarazione di Woodward di essere interessato al posto meno di prima.
Erano solo parole: evidentemente gli "stakeholders" del rugby inglese nutrivano serie speranze su un ripensamento di Woodward. Oppure chi non amava il decisionisno manageriale di Steele, ha usato abilmente la storia - e la sua ingenuità - per fucilarlo alle spalle. Tanto che il Telegraph preannuncia che la riunione del board che dovrebbe "prendere atto" delle dimissioni di Steele, "will get nasty".
Vorremmo anche vedere: in sostanza il "regolamento di conti" interno proclama lo stato di emergenza ai piani alti della Rfu a meno di cento giorni dall'inizio dei Mondiali, dove l'Inghilterra arriverebbe rilanciata come principale antagonista dei vincitori designati, gli All Blacks di casa.
Se il Telegraph ha fonti buone, allora che razza di dilettanti son quelli della Rfu, verrebbe da commentare dall'Italia. Tutto 'sto casino per una riorganizzazione interna! S'ispirassero ai veri professionisti della Fir, che da vent'anni fan rivoluziò battagliò e tutto continua tranquillamente a girare intorno ai soliti motori immobili (quanta invidia ...).
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