“Nessun Paese è riuscito a distruggere le proprie istituzioni con tanta solerzia come l’Inghilterra. Gli ultimi quindici anni sono stati segnati da classi dirigenti corrotte, dallo strapotere mediatico, da Grandi Fratelli e popolarità a ogni costo, da uno stile di vita dettato dal gossip e da una famiglia reale sempre meno dignitosa e sempre più chiacchierata. Con uno stile vivace e ironico, Gaia Servadio raccoglie dati, avvenimenti, storie vere, mettendo a nudo le piaghe di una società ferita, colpita da mali simili a quelli che affliggono tutta Europa (e forse l’Italia in particolare): una burocrazia ipertrofica, l’aumento della disoccupazione, lo spreco di denaro pubblico, lo sfascio della sanità e dell’istruzione. L’Inghilterra del senso dell’umorismo, del distacco, il Paese guida della ricostruzione nel secondo dopoguerra si ritrova oggi deprivato di risorse e di speranza. A meno che i cittadini non ricostruiscano tutto quello che, da Margaret Thatcher a Tony Blair, è stato distrutto sotto i loro occhi: la tradizione, la cultura, la dignità, il senso dello Stato.”
Ho riletto questo libro di recente, dopo aver letto molti più giornali e dopo aver discusso molto di più di polita con amici e colleghi (che adesso e’ accettabile parlare di politica in Inghilterra, almeno tra i giovani), e soprattutto dopo aver sperimentato sulla mia pelle cinque anni dell’austerity dei Conservatori che – a sentir loro – non fanno altro che raccogliere i pezzi di un’economia rotta dal New Labour. E improvvisamente tutto ha cominciato ad avere senso. O almeno più senso di prima…
Scrittrice, storica e giornalista, Gaia Servadio vive dal 1956 tra la Gran Bretagna e l’Italia, quindi chi meglio di lei può raccontare “dall’esterno” questa spettacolare caduta? E lo fa in netti capitoli/ritratti, che ripercorrono principalmente gli ultimi trent’anni, anche se non mancano incursioni in anni più lontani, come quelle nell’amore Edoardo VIII per la divorziata americana Wallis Simpson o nel misterioso viaggio di Rudolf Hess, il portetto di Hitler, in Gran Bretagna nel bel mezzo della la II guerra Mondiale (se Churchill l’avesse saputo…!). E naturalmente dal libro non manca Margareth Thatcher, The Iron Lady, che odiava i deboli in quanto erano sanguisughe che succhiavano il sangue dello Stato e se avesse potuto li avrebbe sterminati tutti; certamente li sterminò dal suo Governo…
Ho rivissuto la vita di personaggi di cui avevo letto più o meno distrattamente sul giornale o, nel caso di Jade Goody, la “proletaria” londinese diventata famosa per aver partecipato al Big Brother, la morte in diretta televisiva nel 2009 per assicurare un futuro economico ai suoi figli. Aveva 28 anni e un cancro al collo dell’utero. Ma soprattutto ho letto con orrore di cose che mi erano sfuggite all’epoca, principalmente perché il mio inglese non era all’altezza e perché non avevo idea di chi la meta di questi personaggi fosse. Come l’aver sfacciatamente alimentato le menzogne sulla presenza di armi nucleari in Iraq di Tony Blair per portare il Paese in guerra – evento a cui viene legata anche la storia della misteriosa morte nel 2003 dello scienziato David Kelly, colpevole di aver puntato il dito contro quelle bugie.
“Photo Op” – a satirical anti-war photomontage artwork created by Kennard Phillips
E improvvisamente l’immagine “finta” creata da Peter Kennard e Cat Phillips che vede Tony Blair fotografarsi con un cellulare sullo sfondo di un pozzo petrolifero iracheno in fiamme che avevo visto alla mostra Rude Britannia: British Comic Art a Tate Britain nel 2010 e che allora non avevo capito, ora ha senso. I danni lasciati dal New Labour di Tony Blair e Gordon Brown sono stati epocali, direi ormai irreparabili. La degenerazione dell’Inghilterra che credevo di conoscere è definitiva. E quando la Servadio dice, ad un certo punto del libro, che l’Inghilterra di adesso è come l’Italia, ma senza il bel tempo non posso che convenire…
Ma non bisogna disperare, che ci sono ancora cose che funzionano meglio che da noi. In Novembre per esempio, il ministro del Tesoro George Osborne all’ultima manovra economica non ha tagliato i fondi ai Beni Culturali, tra il sospiro di sollievo di tutti noi che lavoriamo nel settore. Il motivo? Il fatto che uno dei migliori investimenti che una nazione può fare è nell’arte, nei musei, nei beni culturali, nei media e nello sport. Alla faccia di quel filisteo di Tremonti che nel 2010 aveva detto che “con la cultura non si mangia.” Si mangia eccome, provare per credere…
Ma questo di Gaia Servadio resta un libro che tutti quelli che sognano ancora l’Inghilterra delle teiere con la Union Jack e la Cool Britannia dovrebbere leggere…
Su You Tube un’interessante intervista della giornalista.
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