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C'è del marcio in ... Scozia

Creato il 01 aprile 2011 da Rightrugby
C'è del marcio in ... ScoziaAbbiamo fatto cenno alcune volte alla situazione del rugby in Scozia, anche ultimamente. Esemplare di un modello di sviluppo che non si sviluppa, adottato da questa stagione anche dall'Italia.
L'occasione per approfondire è arrivata, lo vuol fare la Union scozzese stessa (Sru): la notizia è che il suo capo esecutivo Gordon McKye ha annunciato una prossima performance review riguardante tutto il rugby d'alto livello nazionale, le cui performance ha giudicato, parole sue: "bitterly disappointing in the last three months".
Le quali sono sotto gli occhi di tutti: la nazionale entra nel Sei Nazioni col generale consensus di possibile anzi quasi certa sorpresa, dopo cinque risultati positivi negli ultimi sei Test Match e coach Andy Robinson confermato alla sua guida sino al 2015; ma il risultato è un Cucchiaio di Legno schivato solo all'ultima giornata, tra prestazioni sconfortanti. Quanto alle due (uniche) rappresentative Pro scozzesi impegnate in Magners League,  anch'esse sono state largamente deludenti, perlomeno rispetto alla stagione precedente, quando tutti si sperticavano in lodi al modello vincente scozzese e salutavano l'arrivo dei frutti delle scelte fatte. Era illusione: alla data Glasgow langue penultima e Edimburgh è nona in classifica su dodici. Modello o meno, di fatto son tornati indietro nonostante le tradizioni e le scuole (gli unici veri asset invidiabili in quella Nazione per il nostro rugby).
Su tale situazione deficitaria cala allora la temuta performance review federale,  termine drastico che negli anglosassoni evoca livelli di stress che in noi potrebbe suscitare, secondo l'età e la professione, il termine "ispezione della Guardia di Finanza" o "interrogazione non programmata".
"We have a resolve and a determination to tackle some areas that are not right and there's room for improvement", ha dichiarato McKye. E' una fase che, come ben sa chi ha esperienza di multinazionali, non può certo chiudersi con tutti allo stesso posto di quando comincia: sarebbe come ammettere che allora la colpa è degli stessi vertici che l'han promossa ...
"Over the next couple of months or so we're going to look at all things (...). We'll come out with a vision which is achievable and is realistic and will ultimately contribute to more regularly winning teams.".
Colui che rischia meno di tutti è Andy Robinson: non possono certo rimangiarsi la sua recente conferma; per le altre panchine, l'allenatore di Edimburgh è già saltato alcune settimane fa, si fa il nome di Eddie O'Sullivan come candidato, vedremo che succederà.
Tolta quindi la direzione della nazionale dall'equazione, non ha tutti i torti il Gran Capo federale a voler vedere bene cosa stian combinando a livello di franchigie Pro.
Le quali però non si può dire siano messe nelle migliori condizioni per competere: Robinson ha appena deciso, come in suo potere nel nome del conditioning, di ritirare dalle competizioni di club fino ai Mondiali cinque atleti di interesse nazionale: il capitano Alastair Kellock, John Barclay e Richie Gray di Glasgow (gli Aironi ringraziano) e Ross Ford, Allan Jacobsen di Edimburgh.
McKye non ci sta che la Federazione venga accusata di sabotare le franchigie, la definisce "cultura  delle scuse": il controllo centrale delle franchigie non è stato esercitato così rigidamente come si potrebbe, afferma, e i club devono produrre migliori risultati.
Oltre ai giocatori fermati, si registra lo stop del rientro dall'estero di giocatori di interesse nazionale anzi al contrario, l'aumento delle partenze: dopo Dan Parks e Kelly Brown l'anno scorso, a fine stagione se ne andranno anche Max Evans e Richie Vernon, mentre Nathan Hines cambierà Paese ma rimarrà fuor di Scozia, da Leinster a Clermont e Euan Murray è già passato dai Saints a Newcastle. Come se Tommy Benvenuti e Zanni andassero a giocare in Francia, Masi da Parigi andasse a Belfast e LoCicero si trasferisse a Castres.
Un ulteriore potente grattamento di testa deriva dallo scoprire - lo dichiara Mr. McKye, noi non lo sapevamo - che le due franchigie godono di un budget di 5 milioni di euro ciascuna, superiore a quello di tutti i club "salary-capped" della Premiership, Leicester o Saints inclusi!
Per giunta, le due franchigie sedute su 'sta montagna di soldi avrebbero anche piena autonomia su assunzioni e rilasci. "La partenza di Dan Parks ha consentito di responsabilizzare e far emergere di Ruaridh Jackson", sottolinea McKye: sarebbe come se Dondi affermasse che il taglio di Tebaldi era programmato per lanciare Semenzato; par più una excusatio non petita, rivelatrice di come tutta quella conclamata autonomia di scelte molto probabilmente non esista proprio (forse c'è per gli stranieri, azzardiamo).
Insomma, da tutti 'sti fatti messi in fila l'impressione si fa netta ed assume anche il senso di utilissima lezione per chi, come noi italiani, s'è incamminato lungo la stessa strada con qualche anno di ritardo. E con meno "dotazioni".
I risultati dicono che ci sia del marcio da rivedere nelle franchigie scozzesi, ma forse nella direzione opposta a quella che piacerebbe al Gran Capo: forse nelle franchigie troppa gente s'è seduta, troppi si stan preoccupando più dei "collegamenti" e del farsi vedere ligi ed allineati alla politica federale che impegnati a vincere le partite.
Altro allora che "rinsaldare la collaborazione" tra franchigie e nazionale, come già dicono qui da noi alla vigilia del nostro Consiglio Federale, il problema è esattamente l'opposto: se la performance review scozzese sarà seria, evidenzierà sicuramente che il problema, direbbe Totò, è che in franchigia "si vivacchia" nella oggettiva assenza di obiettivi, dato che tutto è finalizzato teutonicamente al solo Bene Supremo Nazionale - "Nicht fur uns, alles fur Deutschland".
Meditate o italiche dirigenze, sia a livello federale che di franchigia o di club, prima di commettere gli stessi errori e ritrovarsi quindi nelle stesse condizioni (e per giunta, senza poter certo contare su tutti quei soldi); meditate. Per quanto ci riguarda, nel nostro piccolo non finiremo mai di supportare il massimo dell'autonomia che Benetton gelosamente riuscirà a preservare e loderemo ogni coraggiosa iniziativa rivolta a una maggior autonomia gestionale da parte del vertice degli Aironi; non è contrapposizione sterile, è riconoscere che di "centralismo democratico" si può solo morire. Dalla Scozia fin quaggiù, senza eccezioni.

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