Il fatto che la decisione di Napolitano, messa a punto con gli alambicchi sbreccati delle vecchie logiche tirate fino agli estremi, sia venuta dopo la telefonata di Draghi che spiegava la posizione dei mercati, vale a dire della Bce stessa e del sistema bancario, spacciata come la mano invisibile, quando invece è il visibilissimo bastone, è il segno senza equivoci che la confusione istituzionale, la cristallizzazione dell’eccezione, serve ai veri padroni per evitare che la situazione italiana scompagini il castello di carte false di questa Europa. L’Italia è così tre volte prigionierà: di Bruxelles e della volontà tedesca che si esprime attraverso i suoi ventriloqui, della partitocrazia che bara senza vergogna per la salvezza di se stessa e dei pezzi di classe dirigente attaccati alle sue ossa e infine di una sedicente opposizione anti sistema che pensa di aver fatto una grande furbata “astenendosi”, ma che in realtà ha commesso il medesimo errore del Pd, quando nel 2011 non scelse le elezioni.
Essendo uno dei pochi ad aver letto da ragazzino il ciclo della Fondazione di Asimov, a cui pare si ispiri Casaleggio, mi chiedo come mai non sia adesso in Parlamento a fare figure meno impacciate dei portavoce o a proporre cose un po’ più impegnative che un piano per risparmiare 42 milioni sui costi della Camera. Ciumbia, ancora duemila di questi piani e potremo pagare il fiscal compact e dare un reddito di cittadinanza per il 2013: presentandone uno ogni 15 giorni fra sessant’anni saremo a posto. Per il momento però ci godiamo Draghi e le sue “riforme” che i saggi non mancheranno di avallare. Ma c’è poco da scherzare: questa auto referenzialità e frivolezza della forza che ha attirato i voti di chi voleva un cambiamento reale, crea ancora una volta un vuoto di rappresentatività dal quale può nascere qualsiasi avventura.
Ma in fondo ciò che vuole l’Europa dei ricchi, intesa in ogni senso, è proprio questo: che la politica rappresenti solo i grandi interessi e non i popoli, non la vita e il futuro delle nazioni, ma l’eterno presente della finanza. Alle opinioni pubbliche non rimane che la cattività nella claustrofobia dei piccoli interessi individuali o i lacerti di protesta declamata. Ma sì teniamoci pure Re Giorgio fino all’ultimo giorno anche se ogni minuto della sua presidenza è stato un minuto di troppo: non ha mai superato l’esame per l’avvocatura, però è un solerte e intelligente notaio della sconfitta.