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C’è un giudice, ma è a Nottingham

Creato il 13 febbraio 2015 da Ilbocconianoliberale @ilbocclib

“Fatti straordinari richiedono interventi straordinari”: è il 2008 quando il ministro delle Finanze – di un Governo che tutti ricordiamo come particolarmente lib(b)erale – istituisce con decreto legge un’ addizionale sull’ IRES dal 6,5% al 10,5% a carico delle imprese che operano nel settore dell’ energia.
Colto da un velleitario ma indubbiamente genuino impeto redistributivo, Tremonti battezza la sua creatura “Robin Hood Tax”, la tassa che toglierà ai petrolieri – e poi anche ad altre categorie di operatori energetici, compresi i produttori da rinnovabili… – per finanziare la social card per gli anziani poveri (sic).
La “congiuntura economica eccezionale” posta a giustificazione dell’aggravio fiscale è, nel frattempo e come da prassi, diventata strutturale e senza limiti di tempo (un po’come quelle accise sui carburanti dalla genesi leggendaria); prevedibilmente le conseguenze per il settore energetico sono state negative in termini di investimenti e di prezzi per i consumatori finali e il gettito è stato lungi dall’essere impiegato per finalità solidaristiche.
Sette anni dopo, la Robin Tax – che nell’ ultimo anno ha consentito di incassare circa un miliardo di euro dalle società energetiche- viene dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale, per motivi legati all’ assenza di delimitazione temporale della sua applicazione, all’ impossibilità di prevedere meccanismi a garanzia della non-translazione dell’aggravio fiscale dalle imprese ai consumatori finali, e perchè la stessa norma, nata come imposta sugli extra-profitti, si configurava in realtà come una maggiorazione d’ aliquota applicata all’ intero reddito d’impresa.
Il tutto apparirebbe piuttosto ragionevole, se non fosse per il particolare non irrilevante che la pronuncia di incostituzionalità non avrà effetti retroattivi. La norma è incostituzionale sì, ma solo “pro futuro”, a partire dal giorno dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

robin hood

Quanto versato dai contribuenti non verrà restituito, perchè, viene spiegato nella sentenza della Corte, “l’ impatto macroeconomico delle restituzioni dei versamenti tributari determinerebbe uno squilibrio del bilancio dello Stato di entità tale da implicare la necessità di una manovra aggiuntiva”.
L’ aver scelto di abdicare ad un principio di rule of law per ragioni di convenienza amministrativa non è ciò che definirei un precedente rassicurante per il contribuente che deve già avere a che fare con un fisco molte volte arbitrario e norme tributarie complesse, spesso non univoche e ancor più spesso modificate a discrezione dei politici di turno.
Quante altre norme tributarie potenzialmente incostituzionali possiamo aspettarci, e qual è la probabilità che quanto pagato indebitamente al Fisco ci venga rimborsato?
E’ giustificabile trattenere un pagamento non dovuto, facendosi scudo della volontà di preservare le finanze statali?
<<Per diritto di natura è equo che nessuno possa arricchirsi a danno di un altro e in difformità dal diritto>>
Sì, a meno che il soggetto della frase sia “lo Stato”, e il complemento di svantaggio “i contribuenti”

Alice Speranza


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