Da ragazzino divoravo i libri fantarcheologici di Peter Kolosimo, quelli sulla parapsicologia di Massimo Inardi, i film sugli zombie e i fumetti di zio Tibia. Ma non significa che credessi che i maya fossero i discendenti di un'antica civiltà extraterrestre o che i vari effetti speciali della bibbia fossero opera di potenze aliene e, tanto meno, ho mai creduto che esistesse l'aldilà, o che qualcuno, come crede per esempio il marito di mia cognata, possieda poteri paranormali per parlare con i morti.
Una volta sua moglie, la sorella di L., sostenitrice dei presunti poteri del marito, buttò lì che mio padre, morto da qualche tempo, avesse avuto un qualche tipo di contatto con suo marito.
"Assì? - le risposi - e che cosa gli ha raccontato di bello?". Non ricordo di preciso come intendesse coinvolgermi, ma mi pare fosse qualcosa di terribilmente complicato e ridicolo, e che dipendeva tutto dai poteri del marito (che poi sarebbe il famoso tipografo). Le dissi che poteva andare affanculo, lei e quel demente di suo marito, e che non provassero più a tirarmi dentro in cose così imbecilli, se non altro per riguardo alla memoria di mio padre.
Ora che ci penso, quando morì mia suocera, lei probabilmente ci stava già parlando, perché, malgrado l'avessimo avvertita che era questione di ore, se l'era presa molto comoda, arrivando quando ormai la frittata era fatta.
Anche in quel caso, non poté fare a meno di uscirsene con: "Ma non avete sentito che profumo di violette (o ciclamini o qualcosa del genere) c'è in camera di mamma?".
Credo sia inutile dire che non percepivo assolutamente nessun profumo, semmai, un odore non troppo piacevole di morte. Che voleva dimostrare? Voleva creare un'aura di santità attorno alla madre che non aveva nemmeno salutato per l'ultima volta per non perdere una giornata di mare? Ma falla finita!
Ho molto più rispetto di mia moglie, che, con un figlio piccolo a casa, trascorreva ore e ore a fianco di sua madre, ormai nel nirvana della morfina, cantandole canzoni di Rosana, quella di Luna Rotas, che, naturalmente, non abbiamo più riascoltato da quella volta.
E quell'altra volta in cui, sempre lei, fervente cristiana persa in sordide stupidaggini che, secondo me, il marito crea ad arte per divertimento personale, andò a una messa di Milingo per salvare la vita al fratello, condannato da un tumore ai polmoni. Ah, beata ignoranza! Del tutto simile a quella dimostrata dall'altro fratello che se ne tornò forse dalla Sardegna con una miracolosa pozione a base di aloe vera di non so che frate. A., naturalmente morì dopo solo una seduta di chemioterapia, come la medicina umana aveva pronosticato.
Chissà se il tipografo magico avrà parlato anche con lui? Peccato che l'unico a sopportare la vista di quell'enorme siringone di non so che liquido sparato nel petto di mio cognato sono stato io. Come amico, non me la sono sentita di lasciarlo da solo mentre degli estranei lo stupravano a quel modo.
Però dicevo che, mentre il lavoro dell'ex direttore langue, ieri, domenica, ne abbiamo approfittato per inviare ancora un bel po' di mail autopromozionali. Sarà stupido, ma in questo momento è l'unica cosa che ci viene in mente di fare.
L. non ne può più del lavoro part-time che si è rivelato una mezza trappola e per di più mal pagato, e io, anche se non disdegno di dedicarmi ad altro che non sia il lavoro, non reggo più ai sensi di colpa, col risultato che qualunque cosa faccia mi sembra di compiere chissà quale reato contro l'etica o la morale o la mia famiglia.
Incredibilmente, anche se domenica pomeriggio, abbiamo ricevuto due risposte: una che ci metteva a conoscenza che il destinatario aveva girato la nostra mail alla persona più adatta della casa editrice, e un'altra in cui ci si offriva un incontro senza impegno, tanto per conoscerci.
Questa è una delle poche cose che mi piacciono di Milano. Una qualsiasi domenica pomeriggio trovi qualcuno che lavora, che è presente in ufficio, fosse anche un direttore editoriale, o un art director. È come sapere che non siamo soli nell'universo, che in fondo, c'è vita anche su Marte.
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