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"C'era un manto di cenere alta come neve ad Ercolano".

Creato il 12 marzo 2014 da Il Viaggiatore Ignorante

Era a Miseno [Plinio il Vecchio] e, presente, governava la flotta. Il 24 agosto era trascorsa appena un'ora dopo mezzogiorno e mia madre gli mostra una nuvola che allora appariva, mai vista prima per grandezza e figura. [...] La nube si levava, non sapevamo con certezza da quale monte, poiché guardavamo da lontano; solo più tardi si ebbe la cognizione che il monte fu il Vesuvio. La sua forma era simile ad un pino più che a qualsiasi altro albero.Come da un tronco enorme la nube svettò nel cielo alto e si dilatava e quasi metteva rami. Credo, perché prima un vigoroso soffio d'aria, intatto, la spinse in su, poi, sminuito, l'abbandonò a se stessa o, anche perché il suo peso la vinse, la nube si estenuava in un ampio ombrello: a tratti riluceva d'immacolato biancore, a tratti appariva sporca, screziata di macchie secondo il prevalere della cenere o della terra che aveva sollevato con sé. [.....]

Già sulle navi la cenere cadeva, più calda e più fitta man mano che si avvicinavano; già cadevano anche i pezzi di pomice e pietre annerite ed arse e spezzettate dal fuoco; già, inatteso, un bassofondo e la riva, per la rovina del Monte impedisce lo sbarco. Ebbe un momento di esitazione, se dovesse tornare indietro e il pilota così lo consigliava, ma egli subito disse: "la Fortuna aiuta i forti. Raggiungi Pomponiano!"[...]Lì Pomponiano aveva fatto caricare su navi il bagaglio ed era determinato a fuggire, se il vento contrario si fosse placato. Per mio zio, invece, il vento soffia molto propizio ed egli riesce a sbarcare. Abbraccia il trepido amico, lo consola, gli fa coraggio.[...]Frattanto dal Monte Vesuvio rilucevano in più di un punto estesi focolai di fiamme ed alte colonne di fuoco: il loro fulgore spiccava più chiaro sulle tenebre della notte.

[...] il cortile da cui si accedeva all'appartamento, per cumulo di cenere e lapilli, aveva tanto accresciuto il suo livello che egli, se avesse ancora indugiato nella stanza, non sarebbe potuto uscirne più. Perciò fu svegliato. Venne fuori e si ricongiunse a Pomponiano e gli altri che mai avevano ceduto al sonno.Discutono tra loro se sia interesse comune rimanere dentro l'abitazione o vagare all'aperto. La casa, infatti, vacillava per frequenti e violente scosse di terremoto, e, quasi divelta dalle sue fondamenta, pareva ondeggiare ora qui ora là, e poi ricomporsi di nuovo in quiete.D'altronde, all'aperto si temeva la caduta di lapilli, anche se lievi e corrosi. Tuttavia si confrontarono i rischi e si scelse di uscire all'aperto. In lui pensiero su pensiero prevalse, negli altri paura su paura. Mettono dei guanciali sul capo e li legano fortemente con teli: in tal modo si difendevano dalla pioggia di lapilli.Già altrove era giorno, lì era notte: una notte più fitta e più nera di tutte le notti. Tuttavia la rischiaravano molte bocche di fuoco e varie luci.Deliberarono di raggiungere la spiaggia e di vedere dal punto più vicino possibile se ormai il mare consentisse un tentativo di fuga. Ma il mare ancora grosso continuava ad essere contrario. Lì egli buttò giù un telo e vi si sdraiò...

Una volta fuori del centro abitato, sostiamo. Molti spettacoli prodigiosi vediamo, molte angosce patiamo. I carri che ci facemmo portare con noi, anche se erano su un terreno assolutamente piano, sobbalzavano ora in una, ora in un'altra direzione e, pur puntellati con sassi, non rimanevano fermi nel medesimo punto.
Inoltre vedevamo il mare ritirarsi, quasi ricacciato dal terremoto. Senza dubbio, il litorale si era allungato e sulle aride sabbie era rimasto al secco un gran numero di pesci.[...]


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