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C’era una volta in Anatolia

Creato il 21 giugno 2012 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

C’era una volta in Anatolia

 

Anno: 2011

Distribuzione: Pathénos

Durata: 157′

Genere: Drammatico/Noir

Nazionalità: Turchia/ Bosnia Erzegovina

Regia: Nuri Bilge Ceylan

Volendo analizzare C’era una volta in Anatolia, appare doveroso, se non obbligatorio, iniziare con un elogio al regista: Nuri Bilge Ceylan scrive e dirige un film di altissima qualità sia sotto il profilo tecnico che sotto quello contenutistico. Ci racconta una storia, proprio come si farebbe con una fiaba (da qui il “c’era una volta” del titolo) apparentemente molto semplice, quasi “classica”: un gruppo di poliziotti porta in giro per le steppe dell’Anatolia una coppia di assassini in cerca del luogo in cui hanno seppellito un cadavere poco tempo prima. Fin qui, la strada del noir è tutta dritta; più avanti invece, si biforca diverse volte fino a diventare un incrocio complesso di linee narrative, personaggi e situazioni, di cui lo spettatore attento non potrà non godere.

C’era una volta in Anatolia

Un po’ come accade per le opere di Andrej Tarkovskij, pensando a C’era una volta in Anatolia vengono in mente l’atmosfera e le sensazioni che il film nel suo complesso suggerisce; impossibile pensare ai singoli elementi perché hanno tutti una ben precisa ragione di esistere, all’interno di un quadro collettivo. Il primo elemento che colpisce, e che rende Ceylan un grande narratore cinematografico, è la dilatazione temporale: il film è di per sé parecchio longevo (forse troppo) e alla lunga durata si aggiunge la soluzione del piano sequenza; ogni situazione è risolta con inquadrature lunghe, lunghissime – come la maggior parte dei campi scelti dal regista – grazie alle quali chi guarda ha la possibilità di immergersi completamente nei dialoghi. La parola è un altro caposaldo del film, fondamentale per la sua comprensione; anche la sceneggiatura è firmata da Ceylan e si compone principalmente di dialoghi ironici, alcuni anche comici, che nel piano sequenza trovano una possibilità unica di articolarsi al meglio. Stesso discorso vale per la recitazione: gli attori, tutti molto competenti e intensi, non hanno l’impedimento del montaggio e dell’interruzione continua a sbarrargli la strada della recitazione. Sono liberi di sviluppare il discorso, di arricchirlo con infiniti particolari che a noi vengono restituiti tramite forti sensazioni. L’interpretazione è ricca quanto la fotografia, realizzata da Gökhan Tiryaki, che tira fuori dalle immagini (anche notturne) i colori vivi della Turchia, la sua fortissima luce naturale che rende tutto vivido incandescente.

C’era una volta in Anatolia

Campi lunghissimi, piani sequenza di svariati minuti e spessore della sceneggiatura sono i punti forti di C’era una volta in Anatolia, cui si aggiunge l’utilizzo del cinemascope che permette di avere inquadrature di maggiore grandezza rispetto al normale formato offerto dal 35mm: ogni quadro è titanico, uno spettacolo da guardare con la massima attenzione in tutti i suoi dettagli, sfruttando il lungo tempo che le inquadrature di Ceylan occupano in grande stile.

Fabiola Fortuna

C’era una volta in Anatolia
Scritto da il giu 21 2012. Registrato sotto IN SALA. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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