mercoledì 10 luglio 2013 di Gas Giaramita

In Italia, la stagione dell’amore e delle contestazioni politico-studentesche ha lasciato degli strascichi pesanti ed un livello di tensione molto alto tra le fazioni politiche, inaugurando gli anni di piombo. Chiunque all’epoca avesse 20-30 anni ricorda e racconta come quelli fossero i tempi delle ideologie forti, di un impegno politico appassionato come non mai, di gesti reazionari e mai banali, di come le arti e l’impegno andassero di pari passo e che, quando non era così, si cadeva nella contestazione più aspra, perché gli anni ’70 non potevano e non dovevano essere anni di leggerezza.
Che il genere western fosse inizialmente di intrattenimento poi, è chiaro. Ricordo mio padre che da piccolo mi citava continuamente suo padre e la passione sfrenata per i film di John Wayne, quando una generazione di ragazzi e adulti non andava ancora al cinema, ma condivideva lo schermo di una tv in bianco e nero, attorno alla quale ci si appollaiava con le sedie di legno.

In Italia si sta combattendo una vera e propria guerra civile e gli attentati sono all’ordine del giorno in tutta la penisola: fascisti, Brigate rosse, estremismi extraparlamentari ovunque, perché il Parlamento non è altro che la feccia, la presa in giro di tutti i bei discorsi sulla rappresentanza democratica dettata dalla Costituzione. Il film di Leone ci parla invece della rivoluzione a Mesa Verde, del Messico e del regime dittatoriale dei primi del ’900. Non a caso la pellicola inizia con la citazione di Mao Tse-tung, che testimonia l’obbligata lettura di un decennio, e che sarebbe stata prontamente gettata nel fango negli anni ’80, quando ci si accorgerà dell’illusione dell’utopia comunista cinese. Quindi, il film ci parla di come combattere un regime, dei pro e dei contro di una rivoluzione; del fatto che ci sarà sempre chi leggerà i libri, e teorizzerà un golpe nella piacevolezza di una poltrona e chi andrà a combattere rischiando la pelle.

Sergio Leone darà la propria e personale risposta con questo film.
Qui possiamo dire che, da che mondo è mondo, la pace è stata sempre interrotta dalla guerra e questa da un’altra pace. Una banalità che si fonda da sempre sul consenso. Una banalità che ancora non viene rispettata che, di tanto in tanto, viene ricostituita (temporaneamente) per/con la rabbia dilagante del popolo.
Per zittirla un poco.
Giù la testa, appunto!
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