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C'era una volta un oceano su Marte...

Creato il 18 febbraio 2014 da Aliveuniverseimages @aliveuniverseim

Vasto oceano su Marte

Credit: Taylor Perron/UC Berkeley

L'argomento "acqua su Marte", passata e presente, è ormai oggetto di dibattito da molti anni, da quando le immagini dei Viking orbiter rilevarono la possibile presenza di antichi litorali vicino al polo nord, dove le pianure devono essere state inondate da un grosso oceano che ricopriva un terzo del pianeta, l'Oceano Borealis.

Ora, un nuovo studio condotto da Lorena Moscardelli, un geologo dell'Università del Texas, Austin, contribuisce con nuove prove, o, piuttosto, una reinterpretazione dei processi che potrebbero aver trasformato il pianeta come che vediamo oggi.

I vasti campi di rocce di grandi dimensioni che ricoprono le odierne pianure settentrionali di Marte, attentamente osservati dalle fotocamera HiRISE ad alta risoluzione a bordo della sonda della NASA MRO (Mars Reconnaissance Orbiter), mostrano caratteristiche geologiche analoghe ad alcune zone terrestri.
I massi sarebbero giunti nella loro posizione corrente a seguito di sconvolgimenti subacquei e frane.

Il documento è stato pubblicato questo mese nella rivista della Geological Society of America.

ANALOGIE TERRESTRI
In passato i geologi ritenevano che i sedimenti oceanici si depositassero come una lenta "pioggia" a grana fine sul fondo del mare, ma oggi sappiamo che non è l'unico scenario possibile.

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Credit: NASA (Moscardelli 2014)

"Sappiamo che le frane sottomarine sono in grado di trasportare grandi massi, a volte grandi come una casa, per centinaia di chilometri, nelle acque profonde degli oceani della Terra".
"Immaginate un'enorme frana che interessi l'intero stato del Texas ma nell'oceano", spiega Moscardelli.

Sulla Terra troviamo alcuni esempi nel Pennsylvanian Jackfork Group al centro-sud dell'Arkansas, negli affioramenti della formazione Guandacol in Argentina o nel bacino di Santos, al largo del Brasile.

Moscardelli fa notare che gli eventi subacquei possono interessare vaste zone, come la frana che ha coprì migliaia di chilometri quadrati nel Mare di Barents, a nord della Russia, circa un milione di anni fa.

In realtà, alcuni studiosi avevano ipotizzato che i grandi massi nelle pianure settentrionali di Marte fossero stati prodotti da impatti meteorici ma per la geologa non un'ipotesi plausibile.
"Questo è possibile per alcuni massi, in particolare quelli che si trovano vicino ai crateri", dice, "ma come si fa a spiegare i campi di massi che possono coprire migliaia di chilometri quadrati, senza crateri da impatto? L'ipotesi sottomarina fornisce un'alternativa fattibile".

IL CASO DELL'OCEANO MARZIANO

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Nel 1980 le immagini inviate a Terra dalle sonde Viking rivelarono due possibili antichi litorali vicino al polo, molto simili a quelli che si trovano nelle regioni costiere della Terra.

Ulteriori osservazioni, nel 1990 con la sonda della NASA Mars Global Surveyor che mappò il pianeta ad una risoluzione di 300 metri, mostrarono che le coste variano in elevazione come un'onda (fino ad un chilometro di altezza!), facendo tentennare l'ipotesi oceano dato che sulla Terra l'evazione dei litorali è pressoché costante.

Successivamente, però, gli scienziati dell'Università di Berkeley spiegarono, che la deformazione potrebbe dipendere semplicemente dal movimento dell'asse di rotazione di Marte, e quindi dei suoi poli, di quasi 3.000 chilometri (pari ad uno spostamento di 50 gradi dal polo attuale) lungo la superficie negli ultimi 2 o 3 miliardi di anni.
Quindi, l'inclinazione dell'asse di rotazione di un pianeta rimane effettivamente fissa rispetto al Sole, ma la crosta si muove rispetto a questo asse e, quando l'asse di rotazione si muove rispetto alla superficie, la superficie si deforma. Sui pianeti come Marte e la Terra che hanno un guscio esterno, o litosfera, che si comporta elasticamente, la superficie solida si deformerà in modo diverso rispetto alla superficie del mare, creando cambiamenti non uniformi nella topografia.

Ulteriore dato rilevante potrebbe essere che tutte le pianure settentrionali del pianeta, si trovano ad una quota inferiore rispetto a quelle meridionali, proprio come accede per i bacini oceanici sulla Terra.

Oltre ai massi delle pianure del nord, Moscardelli aveva precedentemente documentato altre caratteristiche geologiche tipiche di una formazione sottomarina sulla Terra, comprese le isole a forma di goccia e le aree a forma di poligono.

"Ci sono molte ipotesi valide da vagliare ed abbiamo bisogno ancora di apprendere un bel po' prima di dire se sono giuste o sbagliate", spiega. "Propongo un parere autorevole in base alle mie osservazioni tecniche, ma io sono prudente ed umile, perché potrei sbagliarmi!".

Sulla Terra, evidenze geologiche analoghe sono state studiate grazie ad indagini sismiche tridimensionali, utilizzate dall'industria petrolifera e del gas. Così, Moscardelli spera che in un prossimo futuro, le scienze planetarie e altre discipline interagiscano maggiormente e la cooperazione aiuti a svelare i segreti anche in altri mondi.

Riferimenti:
http://phys.org/news/2014-02-evidence-ancient-ocean-mars.html
http://www.berkeley.edu/news/media/releases/2007/06/13_mars.shtml
http://www.geosociety.org/gsatoday/archive/24/2/article/i1052-5173-24-2-4.htm


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