Leggevo qualche settimana fa un articolo di Nadia Terranova (Con le fate e con i maghi) in cui, grazie al punto di vista di Natalia Ginzburg, si poneva l’accento sulla necessità di non edulcorare le parole rivolte ai bambini e, a maggior ragione, di non zuccherare le fiabe, che per i bambini esistono e ai bambini parlano. Scriveva la Ginzburg nel 1972 [...] I bambini sono fragili e perciò li nutriremo con vivande lavate e disinfettate. Li educheremo alla concretezza, avendo isolato nella concretezza ciò che non manda né bagliori né lampi. Li nutriremo con sabbia, accuratamente filtrata e senza batteri (da senza fate e senza maghi).
Ovvio che con quell’articolo sono pienamente d’accordo e altrettanto ovvio come io ritenga che sia necessario nutrire i bambini, esattamente come auspicava la Ginzburg, con pietanze ricche, saporite, speziate, profumate e, perché no?, al sangue. E più ricche, senza raffinazione, integrali nel vero e proprio senso della parola, delle fiabe dei fratelli Grimm è raro trovarne.
Fabian Negrin, Il Principe Cigno (Biancaneve) – 2014, Donzelli
Già nel 2012 Donzelli editore aveva pubblicato una raccolta di fiabe dei Grimm in occasione dei 200 anni dalla pubblicazione delle loro fiabe: Principessa Pel di Topo (e altre 41 fiabe da scoprire) è un volume imperdibile, prezioso: raccoglie 42 fiabe sorprendenti e quantomai autentiche. Fiabe che oggi presentano dagli ingredienti rarissimi in via d’estinzione, la morte per esempio, la fame, le madri crudeli, la rivalità tra fratelli, la malvagità nella sua forma più estrema. Tra queste splendide fiabe, di cui ho parlato qui, c’erano delle tavole illustrate di Fabian Negrin, e rapivano. Ora con Il Principe Cigno – e altre undici fiabe segrete dei fratelli Grimm possiamo godere appieno delle illustrazioni grazie al grande formato e regalare ai nostri bimbi 12 fiabe straordinarie, crudeli, bellissime.
Fabian Negrin, Il Principe Cigno (Urliburlebù) – 2014, Donzelli
Sono fiabe senza scorciatoie, che lasciano senza fiato, talvolta senza parole, perplessi; ma sono fiabe potenti, vere come solo le fiabe possono essere. C’è Biancaneve che ha una madre (non una matrigna) terribile, talmente presa da sé da arrivare ad odiare la propria figlia; ci sono i nani (sette); c’è una bara di cristallo ingombrante, pesantissima che i servitori del principe devono spostare da un punto all’altro del castello affinché egli possa sempre vedere la povera morta. E il finale è sì romantico, fa giustizia, ma è grottesco.
Fabian Negrin, Il Principe Cigno (Giovanni lo sciocco) – 2014, Donzelli
C’è La mano col coltello talmente crudele e spiazzante che a rileggerla e rileggerla non si crede a quanto sanguigni possano essere gli eventi e precari i rapporti umani. C’è Urliburlebù in cui ancora una volta ci si chiede come sia possibile che esseri vanesi e privi di qualsiasi spessore abbiano sempre una buona sorte. Sono queste le fiabe più stranianti, quelle che premiano gli inetti. Disturbano e fanno storcere il naso perché in esse ritroviamo la realtà, che replica, sempre, le parole fiabesche. Questo fanno le fiabe, anche; oltre a tutto il resto.
Fabian Negrin, Il Principe Cigno (La mano col coltello) – 2014, Donzelli
Le illustrazioni di Fabian Negrin parlano e raccontano sostituendo ai tratti caratteristici dell’oralità quelli del racconto per immagini e operano quella magia del raccontare un’intera storia in un’unica immagine che sempre mi affascina e con la quale amo confrontarmi e far cimentare i bambini con cui leggo. Prendiamo per esempio la tavola per La mano col coltello. Una bambina è costretta a recarsi a scavar torba ogni giorno dalla madre e dai tre fratelli maschi che la vessano. Si innamora, ricambiata, di un elfo delle montagne che la aiuta porgendole attraverso la roccia un coltello molto affilato, grazie al quale la bambina riesce a svolgere il lavoro presto e senza fatica. I familiari però lo scoprono e non tollerandolo bussano alla roccia al posto della bambina e una volta afferrato il coltello tagliano la mano all’elfo che, ritenendo la fanciulla colpevole del fatto, non si fa più vedere. Negrin racconta la storia ponendo una fascia di grigio, la roccia, a separare il mondo fatato, generoso e fiducioso degli elfi da quello crudele, maschilista ed egoista degli uomini. L’elfo, scalzo, in contatto diretto con la natura, tende gli occhi e le orecchie alla fanciulla in un atteggiamento di propensione che ne lascia trasparire il candore. Si tende e porge uno strumento che è funzionale ad alleggerire le fatiche della fanciulla quando è nella sua mano e che porge con decisione, dalla punta affilata, senza paura di ferirsi. Dall’altra parte della roccia la fanciulla, sguardo basso, vestita e costretta in pettinature complicate, cinte, fasce e scarponcini, afferra con cautela il coltello, a bocca socchiusa e tesa, timorosa, sebbene lo prenda dal manico, quasi presagisse la funzione finale di quel coltello, la violenza che prenderà il posto dell’amicizia e dell’amore. Questo intendo quando parlo di immagini capaci di raccontare un’intera storia, e Negrin in questa operazione è maestro.
Fabian Negrin, Il Principe Cigno (Il leone e la raganella) – 2014, Donzelli
Per il resto, oltre alle tinte piene e naturali, oltre alle prospettive che si avvicendano e cambiano offrendo visuali differenti, oltre ai richiami ad altri albi, oltre alla rappresentazione della natura fedele e fiabesca, c’è il tratto raffinato e consapevole che è solo dei grandi autori, e che aggiungono le qualità della modernità alle fiabe classiche.
Titolo: Il principe Cigno e altre 11 fiabe segreteAutore: Fabian Negrin
Editore: Donzelli
Dati: 2014, 60 pp., 19,00 €