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Visto in tv. La storia di tre amici (Manfredi, Satta Flores e Gassman) dai felici giorni della resistenza fino agli anni ’70, le strade divise e costantemente riunitesi, la politica, il lavoro, i cambiamenti sociali e l’amore sempre per la stesa donna (la Sandrelli).
Sono un giannizzero di questo film che considero il più bello (a livello di regia) che sia mai stato fatto in Italia fino all’arrivo di Sorrentino. Quindi mi metto subito e dirne i lati negativi. Certamente la scrittura non è il punto di forza; i personaggi, seppure ben distinti e caratterizzati, sono molto superficiali e sciocchi; gli eventi non sono ben mostrati e, soprattutto, ogni cosa è mostrata con il filtro dell’ideologia che identifica con il denaro la morte spirituale e con la povertà l’unico vero sistema di rimanere onesti di fronte a se stessi...
Ma anche di fronte a queste evidenti pecche il film rimane un’opera larger than life. In questo film sono condensate tutte le turbolenze che dal dopo guerra si sono mosse in italia. Le lotte politiche, il boom economico, i vizi e le frodi dell’epoca e i vizi e le frodi che da allora ci accompagnano (significativamente profetico Gassman quando con Aldo Fabrizi si lamenta della conduzione dell’azienda, dicendo che non si può andare avanti con la bustarella all’assessore, ma bisogna pilotare i piani edilizi, avere contatti con la politica e farsi quotare in borsa), la storia del cinema di quel periodo (le duemila citazioni splendidamente sparse, come quella sfacciata e anche quella nascosta de "L'eclisse" di Antonioni e i reiterati camei di Fellini, Mastroianni, De Sica o la partecipazione come attore dello stesso Aldo Fabrizi ed Elena Fabrizi), le abitudini le manie ed i sogni dell’epoca. Il tutto viene mostrato e mischiato tanto da non esserci una differenza quando parla della vita o del cinema.
Il film poi riesce a far ridere quando deve, mentre si costella di diverse sequenze strappalacrime fatte da dio, come le foto della Sandrelli in lacrime in Piazza di Spagna, la canzone dei partigiani continuamente suonata/cantata, ecc… davvero i momenti da ricordare sono troppi.
Infine il motivo per cui l’ho sempre amato, Scola fa di tutto, fa di tutto, fa parlare i morti, sfrutta B/N e colori, utilizza le musiche, muove la macchina da presa con dolly enormi e sfrutta gli stilemi teatrali (i pensieri detti ad alta voce dai personaggi è un’idea fantastica, perché viene prima spiegata, poi utilizzata per finta nel film e solo dopo Scola la utilizza come tecnica reale… beh bisogna vederlo per capire) arrivando addirittura far recitare una lettera dalla donna che l’ha scritto, un sistema che all’epoca utilizzava solo Bergman (successivamente, per quanto ne so, solo Scorsese). Fantastico.
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