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Caccia al ladro (1955, tit. or. To Catch a Thief) di Alfred Hitchcock è una commedia romantica, perfettamente allineata nella grande filmografia di quegli anni. Ambientata in una Costa Azzurra da cartolina e dominata dalla bellezza di set lussuosissimi, vede quale splendida protagonista l'allora "signorina" Grace Kelly, che solo l'anno dopo avrebbe sposato Ranieri di Monaco e proprio in seguito a questo terzo e ultimo film sotto la direzione di Hitchcock. Caccia al ladro, uscito immediatamente prima de La congiura degli innocenti, è a tutti gli effetti l'ennesimo incontro tra divi del cinema e funziona tanto nei suoi momenti di tensione - a dire il vero piuttosto edulcorata, se si pensa ai più grandi capolavori del regista - quanto nei suoi rallentando sofisticati ed elegantemente mélo.
L'abilità di Alfred Hitchcock consiste nell'associare a un fiabesco mondo di principesse ricchissime e ville da sogno, dinamiche affettive e relazionali che il pubblico più ampio potesse riconoscere: l'invidia, la gelosia, la passione, la paura. Con la consueta ironia, ci si presenta in Robie (Cary Grant) un uomo pieno di fascino, abile e intelligente, ma tutt'altro che un seduttore consumato; al contrario abbiamo in Danielle (Brigitte Auber), figlia di un ex complice di Robie, la giovane, carina e sfacciatissima adescatrice, pronta a tutto per guadagnare la stima del suo eroe - "il gatto" - e una certa felicità terrena: Donna diversissima, Frances (Grace Kelly): sveglia e superba, non ha mai fatto i conti con un uomo del calibro di Robie; la bellissima americana indovina di lui tutto ciò che c'è da sapere, eppure non riesce a tenere il controllo del suo cuore. Superbo per carattere il dr. Hughson (John Williams), il pavido e mediocre assicuratore di gioielli al quale Robie si rivolge per avere indicazioni utili a pedinare il nuovo ladro che gli contende la fama e gli rovina la reputazione.
Attorno a questi personaggi si aggira la consueta giostra di piccole e meno piccole figure che conferiscono alla pellicola il tratto inimitabile di Hitchcock: da Jessie Stevens (Jessie Royce Landis), la mondanissima madre di Frances, ciarliera e dal carattere forte e concreto, ma troppo preoccupata per la sua vecchiaia, all'infido "ristoratore" Bertani; tutti sono macchie - e non macchiette - di una realtà che si squaderna senza segreti agli spettatori. L'effetto è quello piacevole di prevedibilità che non disturba e non stona con la pretesa tensione della caccia al ladro.
Anche episodi come l'immancabile puntata al casinò, la fuga dalla polizia sull'auto guidata da France e il pomposo ballo in maschera settecentesco - forse le sequenze più memorabili del film - sono capolavori di familiarità che non diventa mai luogo comune. Caccia al ladro di Alfred Hitchcock, su sceneggiatura del fedelissimo John Michael Hayes a partire da un romanzo di David Dodge, è un tour certo di suspence un po' debole, che però non stanca, tra i capitoli più importanti della grande narrativa popolare cinematografica targata anni '50: se non stupisce il detective che ogni spettatore vuol essere alle prese con un film del genere, incanta comunque il pubblico per le soluzioni filmiche e per le inquadrature a fortissima tensione psicologica, ancor oggi esemplari di un grande maestro.
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