L’ex militante delle Pantere Nere, George Wright è stato catturato nei giorni scorsi in Portogallo. Era latitante dal 1972, colpevole di rapina, omicidio, evasione da un carcere americano e del dirottamento di un aereo di linea da Miami a Boston. Rifugiato politico in Algeria, poi fuggiasco attraverso la Francia, l’FBI aveva perso le sue tracce da più di trent’anni. A tradirlo una carta d’identità non rinnovata ed una vecchia impronta digitale.
Almoçageme, Portogallo. Il 26 settembre, un uomo di 68 anni è stato arrestato dalla polizia portoghese su segnalazione della polizia federale USA. Si tratterebbe di George Wright, ex militante delle Pantere Nere, latitante dal 1970. Una task force dell’FBI ha lavorato al suo caso per quasi dieci anni.
La sua è una storia degna di un thriller di Michael Mann, o del migliore romanzo criminale. Pochi terroristi hanno avuto la sua fortuna ed anche – bisogna ammetterlo – la sua abilità nello sfuggire alla giustizia. Neppure il leggendario Carlos, lo Sciacallo (al secolo Ilich Ramírez Sánchez) è stato capace di fare meglio. I quasi vent’anni di latitanza di Carlos sembrano una sciocchezza se paragonati ai 41 di George Wright. Ma chi è questo running man che conosciamo solo da una foto segnaletica degli anni 60?
Nel 1962, appena diciannovenne, George Wright venne processato per rapina a mano armata ed omicidio. Insieme ad un complice uccise a colpi d’arma da fuoco Walter Patterson, veterano di guerra e gestore di una pompa di benzina nei pressi di Collingswood, New Jersey. Wright venne condannato a 30 anni di carcere, pena che scontò per un terzo. Otto anni dopo il suo arresto infatti, l’uomo ed altri tre carcerati riuscirono ad evadere in maniera rocambolesca dalla prigione di stato di Leesburg: i quattro detenuti rubarono l’auto del Direttore del carcere e con questa si diedero alla fuga. Era il 19 agosto 1970.
Secondo l’FBI, Wright si trasferì a Detroit, all’epoca importante centro d’irradiazione del movimento di liberazione degli afroamericani, il temuto “Black Liberation Army” (le cosiddette Pantere Nere). Da delinquente comune, Wright si politicizzò. Si convertì al marxismo-leninismo ed alla causa rivoluzionaria. Visse in una comune e partecipò ad alcune operazioni di lotta. Si dice che nello stesso periodo si guadagnasse da vivere facendo il modello sotto falso nome.Ma l’azione più incredibile e spettacolare, che lo rese celebre in tutti gli Stati Uniti, avvenne il 31 luglio 1972. Era il periodo caldo dei dirottamenti aerei a scopo politico, si conta che tra il 1968 ed il 1972 ve ne furono 364 casi in tutti il mondo. Quella mattina, un commando formato da cinque membri delle Pantere Nere (Wright insieme ad altri due uomini e due donne con ben tre bambini al loro seguito), s’imbarcò su un volo di linea, l’841 della Delta Air Lines, diretto a Miami.
Wright era vestito da prete, e portava – come nella più classica spy-story – una pistola di piccolo calibro nascosta tra le pagine della sua Bibbia. I dirottatori presero possesso del DC-8 poco prima dell’atterraggio. Una volta a terra, chiesero un riscatto di un milione di dollari (il più alto mai preteso all’epoca) in cambio della liberazione dei 94 passeggeri. Wright e le altre pantere imposero una mise quanto mai insolita agli agenti dell’FBI incaricati di consegnargli il denaro: i federali dovettero raggiungere l’aereo vestiti solo di un costume da bagno, per evitare sorprese. L’aereo fece quindi rotta verso Boston e, dopo un pieno di carburante, poté ripartire alla volta di Algeri.
Senza aver sparato neppure un colpo e con la fama di rivoluzionari professionisti, i dirottatori poterono contare sull’aiuto dell’Algeria. Retta dal governo del Colonnello Boumedienne, autore del cosiddetto “raddrizzamento rivoluzionario”, l’Algeria dei primi anni 70 era uno stato socialista su modello sovietico disponibile ad accogliere i dissidenti ed i militanti rossi di tutto il mondo, come aveva già fatto nel 1968 per uno dei leader delle stesse Black Panthers, Eldridge Cleaver. Il governo algerino confiscò il riscatto e restituì l’aereo agli Stati Uniti, ma le pantere poterono darsi alla macchia. Quattro dei cinque hijackers vennero catturati a Parigi nel 1976, solo uno riuscì a scappare. Il terrorista vestito da prete, il Reverendo L. Burgess, alias George Wright, che svanì nel nulla.Fino a lunedì scorso. La task force degli US Marshals (l’agenzia federale americana resa celebre dal film Il Fuggitivo, con Harrison Ford) ha lavorato senza sosta al caso Wright dal 2002, quando il suo fascicolo è stato riaperto. Gli agenti federali hanno monitorato pazientemente le comunicazioni della famiglia di Wright negli Stati Uniti, hanno stilato una lista di indirizzi da controllare, tra i quali vi era quello che è poi risultato essere l’abitazione di Wright in Portogallo. Ma senza ottenere grandi risultati.
A tradire il terrorista in pensione sarebbe stata una semplice distrazione: una carta d’identità scaduta e non rinnovata. La segnalazione, girata dalla polizia portoghese ai federali americani, ha dato riscontro positivo: il nome del documento falso, José Jorge Luis dos Santos, corrisponde ad uno pseudonimo usato da Wright durante il periodo di clandestinità a Detroit. La conferma definitiva è arrivata con il confronto tra l’impronta digitale presente sul documento portoghese e quella del latitante americano.
Sembra finire così, dopo quaranta lunghissima anni, l’avventura di George Wright, giovane rapinatore (ed omicida) divenuto guerrigliero in fuga attraverso tre continenti. Dalla sua cella a Lisbona, la vecchia pantera combatte l’ultima battaglia. Quella contro l’estradizione, che dal Portogallo lo riporterebbe in una fredda prigione del New Jersey.
Emanuele Midolo
per Agoravox.it