Mondiale 2014 Brasile, la nazionale cancella le proteste
Poche manifestazioni. E solo fino all'inizio delle gare. Merito di Neymar e co. Che hanno fatto dimenticare tutti i problemi.
di Andrea Torrente
Le prestazioni in campo della Seleção non saranno state finora esaltanti, ma tanto è bastato ai brasiliani per ritrovare l’orgoglio nazionale e far scattare l’euforia per il Mondiale 2014 che la presidente Dilma Rousseff ha definito solo pochi giorni fa la «Coppa di tutte le coppe».
NIENTE PROTESTE. Per come stanno andando le cose, l’ardore e la gioia del capo dello Stato, d’altronde, appaiono comprensibili. I timori della vigilia di tumulti e caos che promettevano di scuotere il Brasile, con il rischio di fare una figuraccia in diretta planetaria, sembrano d’incanto essere svaniti. La festa del Mondiale ha di fatto dato un calcio alle proteste.
POCHE MANIFESTAZIONI. A onor di cronaca, manifestazioni di piazza si svolgono quotidianamente nelle principali città del Paese, ma il rumore dei caroselli, dentro e fuori gli stadi, ha ormai sovrastato il coro di chi si lamenta. Il malcontento del resto non raduna più le folle oceaniche che solo nel 2013, in occasione della Confederations Cup, avevano invaso le strade di San Paolo, Rio de Janeiro, Brasilia ed altre decine di grandi centri.
PIAZZE SEMIVUOTE. Da quando è iniziata la competizione, le manifestazioni richiamano poche centinaia di persone e i contestatori sono spesso mal visti dal resto della popolazione. Che in alcuni casi si è apertamente schierata contro i manifestanti con fischi, insulti e lanci di oggetti.
UOVA SU CHI VA IN STRADA. Durante la partita inaugurale tra Brasile e Croazia, per esempio, le circa 600 persone che hanno bloccato una strada di Copacabana, a Rio de Janeiro, sono state prese di mira con uova, gavettoni e parolacce dagli abitanti del quartiere, più interessati alle giocate di Neymar e compagni che alle spese folli dell’organizzazione del Mondiale. E non è stato un caso sporadico: episodi simili si sono ripetuti anche a San Paolo, Brasilia e Porto Alegre. Le reazioni della 'maggioranza silenziosa' sono del resto comprensibili. Da un lato ci sono gli occhi di tutto il mondo puntati addosso e nessuno in Brasile vuole accollarsi la responsabilità di far passare all’esterno un’immagine negativa del Paese. Dall’altro, l’euforia per la Seleção sembra assorbire tutte le energie.
FLOP DEGLI ANTI-MONDIALE.Un’indagine del quotidiano Folha de S. Paulo ha calcolato che nei primi 12 giorni del Mondiale, il numero delle manifestazioni nelle 10 principali città del Brasile è precipitato del 39% rispetto ai 12 giorni precedenti la competizione: 43 dimostrazioni contro 71.
CROLLO DELL'INTERESSE. Anche le motivazioni sono cambiate: le proteste per migliori condizioni salariali e di lavoro hanno lasciato spazio solo a piccole contestazioni contro il torneo, la Fifa, i costi gonfiati delle opere e la richiesta di maggiori investimenti in Educazione e Sanità. Rivendicazioni tanto legittime quanto generiche che oltre a ripetersi immutate da un anno sembrano al momento aver esaurito la loro spinta propulsiva.
IN SILENZIO PER IL CALCIO. Se poi ci mettiamo che il calcio a queste latitudini è una cosa terribilmente seria, il quadro è completo. Talmente seria che perfino le dimostrazioni contro il torneo vengono portate a termine prima del fischio d’inizio delle partite del Brasile per permettere anche ai manifestanti di fare il tifo.
SOLO BIANCHI ALLO STADIO. D’altronde, la cosiddetta 'élite bianca', la fetta più ricca e istruita della popolazione brasiliana, ha preferito andare allo stadio piuttosto che scendere in piazza.
I RICCHI SULLE TRIBUNE. Poi da un sondaggio dell’istituto Datafolha è arrivata la conferma. Nella partita degli ottavi di finale tra Brasile e Cile disputata a Belo Horizonte, il 90% degli spettatori ha dichiarato di appartenere alle classe economiche più abbienti del Paese. Il 67% di loro si dichiarava bianco, il 24% mulatto e il 6% nero. Percentuali che stridono con il reale profilo della popolazione verdeoro che in maggioranza è mulatta (42%) e nera (15%). Alla luce dei dati, non sorprendono più di tanto dunque gli insulti e i fischi raccolti da Rousseff durante la partita inaugurale. La presidente, infatti, non gode di particolare favore tra le fasce più ricche della popolazione, ma è molto più popolare tra la cosiddetta classe media che oggi rappresenta il 49% dei brasiliani e che invece era poco presente allo stadio (in media il 9% degli spettatori).
BIGLIETTI TROPPO CARI. A incidere molto probabilmente sono stati i prezzi dei biglietti in molti casi proibitivi. È vero che i più economici partivano da 60 reais (circa 20 euro), ma erano difficili da accaparrare.
In media, assistere ad una partita costa 530 reais (circa 175 euro), una cifra sicuramente non alla portata di tutti (secondo i dati del The world fact book della Cia, il reddito annuo pro capite nel 2013 è stato di circa 12 mila dollari). Senza contare che, date le dimensioni del Paese, in molti casi è necessario fare lunghi e costosi spostamenti per recarsi allo stadio.
SITUAZIONE TRANQUILLA. Proprio sul fronte dei trasporti è arrivata un’inaspettata sorpresa.
Nonostante le molte criticità che alla vigilia della competizione minacciavano di mettere in ginocchio il Paese, il sistema nel suo complesso ha retto. L’arrivo di circa 600 mila turisti spalmati su un mese e su un numero elevato di città - le sedi delle partite sono 12 - ha inoltre permesso di gestire meglio la situazione. L’assenza di manifestazioni oceaniche o violente come quelle del 2013 ha poi lasciato spazio esclusivamente alla festa.
OPERE NON CONCLUSE. Dopo il Mondiale bisognerà tornare alla realtà e fare i conti con le molte infrastrutture tuttora incompiute o rimaste sulla carta. Mentre gli stadi, inaugurati in fretta e furia, avranno bisogno di ulteriori ritocchi. Tuttavia, nonostante i ritardi e i problemi irrisolti, l’aver trasformato l’incubo della vigilia in una festa, per il Brasile è già una mezza vittoria.
FESTA DOPO LA FINALE. Tanto che Rousseff starebbe pure pensando di rispettare il protocollo e di partecipare, accanto al presidente della Fifa Joseph Blatter, alla cerimonia di premiazione dopo la finale, il 13 luglio allo stadio Maracanã. Sfidando nuovamente il rischio di fischi e insulti. Fonte: Lettera 43