Col passo lento delle generazioni i Fragiacomo smottano verso Venezia. Arrivano da Pirano, est dell’ex repubblica, passando da Trieste. La città lagunare, leone intontito, cataratta agli occhi, sonnecchia appesantita sotto le smanie retoriche costruttiviste di un neo-stato perennemente in ritardo. Pietro Fragiacomo (1856 – 922) inizia qui un percorso fatto di tanta gavetta e pochi studi, mille mestieri e niente soldi, con la fatica dei giorni e la leggerezza di una città impalpabile. Apprendista in tutto. A testa bassa. Proprio come un mulo di Trieste, falegname, tornitore, fabbro. L’avventura di Pietro Fragiacomo, classe 1856, sta tutta in questo principiare privo di approdo.
Inizia a dipingere tardi. A 23 anni non ha ancora combinato niente e gioca la carta degli studi. Si iscrive all’Accademia di Belle Arti e qui intravede l’insolito.
Il neonato stato si dipinge con i colori dei Macchiaoli e si legge con romanzi come Giacinta e Vita dei Campi. Sole e vita grama. Il neonato stato si dà Cuore come decalogo. Dentro questo orizzonte nazionale terrigno, Fragiacomo debutta come pittore alla Mostra d’arte di Torino nel 1880. Ha 24 anni. L’Italia insiste con puntiglio a scrivere la propria storia, si accaparra la sua prima Colonia, con slancio positivista progetta opere come il Canale Vacchelli, colonna sonora di Mascagni. Le diversità preunitarie si disperdono sotto la mescola del nuovo “stile Italia”.
Fragiacomo continua ad esporre. Anno dopo anno. I riconoscimenti arrivano e alla Triennale di Milano, del 1891, il suo quadro, Pace, viene comprato da re Umberto. Nelle sue opere c’è un che di irriducibile, di non assimilabile ai “pensiero unico” trombettante. Ed è Venezia. La città non è più quella del Guardi, ma la sua laguna, i suoi palazzi, gli odori e i colori non si possono annullare, e Fragiacomo li riflette con un lirismo commovente. La sua è una pittura delle emozioni che mira a fissare i giochi di luce tra laguna e cielo, la magia delle albe e dei tramonti sull’acqua e, insieme, i silenzi, le solitudini, lo strillo di un gabbiano, lo sciabordio delle acque. Come le musiche al Café del Mar. L’artista si spegne, nell’ormai sua Venezia, nel 1922, a soli 66 anni.
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