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Caffè time. Intervista a Teresa Petruzzelli

Creato il 23 dicembre 2011 da Patriziabi (aspassotrailibri) @openars_libri

Qualche settimana fa ho terminato di leggere il romanzo Storie di sesso e di ringhiera, di Teresa Petruzzelli, di cui presto leggerete la recensione sul blog.
A chiusura della quarta mi sono soffermata sui miei pensieri, come faccio sempre a conclusione di una lettura, e mi sono detta che dovevo intervistare l’autrice.
Storie di sesso e di ringhiera è un libro, come ce ne sono tanti, che o piace o rimane “relegato” tra gli incompresi.
‘Intervista’ è una parola a volte pomposa ed incravattata alla quale preferisco di gran lunga ‘chiacchierata’: trasmette il senso di un incontro piacevole (anche se non fisico, ma virtuale), il gusto della condivisione non tanto di informazioni quanto di emozioni e sensazioni.
Scelgo le scrittrici e gli scrittori con il cuore della passione, lo stesso che metto nelle recensioni (nel dire bene o male dei libri) e Teresa Petruzzelli non mi ha delusa ed ha colto l’anima che è propria non solo di queste chiacchierate ma della struttura del blog: “per me questo tipo d’intervista non è solo promozione o pubblicità ma è un momento di riflessione profonda.” (cit.)
Questo blog, non mi stancherò mai di dirlo, è nato e continua ad esistere nella radicata convinzione, propria di coloro che lo animano, che i libri non siano un prodotto da scaffale, da bancarella, mero oggetto di scambio, ma abbiamo un valore aggiunto che non ha prezzo: contenere vita. L’importante è saper cogliere il loro essere vitali attraverso emozioni, sensazioni, immagini e riflessioni.

Quattro chiacchiere con… (Audio del post)

Caffè time. Intervista a Teresa Petruzzelli
Teresa Petruzzelli

Patrizia. Per il tuo libro Storie di sesso e di ringhiera hai preso spunto, per delineare i personaggi, dal tuo impegno nel sociale? (N.d.R. Teresa, regista e drammaturga, si occupa di Teatro e Disagio con persone disabili e in particolare con pazienti psichiatrici).
Teresa. In realtà dal fondo del mio inconscio e dal mio lavoro nel sociale. Tanto per essere politically correct. Miscelando con cura e attenzione. La penna (o la tastiera) non è un’arma per vendicarsi , deridere o parlare di qualcuno che conosciamo. Difficile è parlare di chi non conosciamo.
P. Il sesso narrato (N.d.R. anche se sarebbe più giusto dire “incontri emozionali”: la parola sesso è aggressiva riferita a questo libro) è quella piccola miccia che innescata fa esplodere le emozioni dei personaggi, in particolare la solitudine di ciascuno. E’ difficile raccontare le solitudini?
T. No, non è stato difficile. In fondo è nel Dna di tutti. E’ chiaro che qui il sesso è il focus della dimensione affettiva. Non è sfregamento di mucose, ma un bisogno ancestrale che ci unisce all’universo.
P. Il quartiere di Ringhiera in cui si svolgono gli incontri ha un che di tipico ed unico, il fascino dell’oltre confine, quel quid che solo i quartieri popolari posseggono. Quale rapporto hai con i quartieri di ringhiera?
T. Sarà che non ci vivo, ma ogni volta che ci vado per lavoro è come se un fiume in piena m’inondasse, non senza danni. Un fiume di vita e poesia.
E chi ci abita o è costretto, ha paura della nostra paura e diventa fragile. Come i bambini a cui qualcuno nega affetto e attenzioni. Diventano aggressivi.
P. La copertina del libro bene esprime la credenza popolana che esagerare è bello. Nel romanzo ci sono esagerazione ed esasperazione manifestate ora attraverso racconti amorosi, ora attraverso le ossessioni, ora attraverso la voglia (quasi adolescenziale) di conquista. L’esagerazione è sintomo di debolezza?
T. Non credo. Penso ad una sfida. Una sfida con quelle parti di noi ombrose. Una sfida che serve soprattutto a far perdere tempo alla morte. Vincerà lei, ma almeno le avremo dato fastidio sentendoci un pochino più forti e importanti.
P. Tanti i personaggi che si affacciano sulle scale, i ballatoi, i cortili. Quali sono nati per primi dalla tua penna?
T. Piero e Maria. La non-coppia. Maria me la sono immaginata grassa e silenziosa. Poi man mano, sono stata clemente con lei, è diventata formosa e loquace.
P. Radiossessione (in cui si dispensa psicologia casalinga!) ha un riscontro nella realtà?
T. Ebbene si. Il delirio ossessivo è stato nominato dall’Unesco patrimonio dell’Umanità…
P. “Le porte di casa, una volta aperte, danno direttamente sulla porta delle anime.” (cit. dal libro). Per tua esperienza, quanto è difficile varcare la soglia della “porta delle anime” che incontri?
T. Pensavo all’Insondabile. Quella porta è finta. Si apre su un murales, una wild style. Si è dipinto qualcosa ma non si può sapere cosa c’è dietro. Ed è giusto che sia così. Perché aprire le porte? Meglio tenerle socchiuse.
P. Si avvicinano le feste: hai fatto l’albero o il Presepe?
T. Ogni anno con mio figlio realizzo un alberello rigorosamente cinese, ma ci metto tutti i suoi lavoretti dalla scuola materna in poi, incluse le letterine di Natale. Io mi commuovo sempre,preferirei solo il presepe, sarà l’età, ma meglio accontentarlo non vorrei che da grande dallo psicanalista parlasse della mamma che non voleva fare l’albero…
P. Tu sei della bellissima terra di Puglia. Quale sarà il menù di Natale (N.d.R. Sul blog c’è, e spero riprenderà a gennaio, una rubrica chiamata Una lettrice in cucina in cui batte il cuore della nostra curiosità letteral-culinaria).
T. E’ bene distinguere il menù natalizio pugliese di oggi fatto di svariate varietà di pesce (il capitone e l’anguilla) cucinato in modi diversi. Il dolce tipico, le cartellate, molto complesse da realizzare, un impasto di farina e vino bianco che a breve mi accingerò a realizzare (entro il 25, prometto). Mia nonna invece cucinava pochissime portate, la più importante, il baccalà fritto era preparato con tale amore che sembrava unico. Il vassoio delle cartellate invece veniva custodito in un armadio e chi andava a rubacchiarne qualcuna rischiava grosso. L’eccesso di portate è nefasto. C’è troppo da mangiare e la qualità non sempre è eccellente.
P. Tutte le chiacchierate che faccio con gli autori si concludono con una domanda impertinente e personale, che ci fa sentire più “amici”.
Come piace (se piace) il caffè a Teresa?

T. Non sono una grande consumatrice di caffè. Lo prendo al mattino per carburare e il pomeriggio bevo del tè verde che ho scoperto avere proprietà dimagranti. Per il resto, mai usato droghe. Mi piacerebbe però avere sotto casa il pusher che spaccia endorfine. Quelle si che son potenti.


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