Alle motivazioni scientifiche che cercano di spiegare l'origine di questo prodotto, ci sono quelle che entrano nelle tradizioni e si caricano di leggende, storie e credenze che mostrano perfettamente come il caffè sia profondamente intrecciato con il tessuto sociale umano. Tutti conoscono a tal proposito la leggenda del pastore che scopre la pianta del caffè perché le proprie capre, cibatesi dei frutti, mostravano di essere particolarmente vitali.
Tornando però all'aspetto storico-scientifico, alcuni storici hanno ipotizzato che la sua presenza nella storia dell'uomo sia ben più antica, ovviamente non nella forma che intendiamo noi ora ma come elemento in pozioni e bevande rituali.
(Vincent van Gogh, La terrazza del Caffè in
Place du Forum ad Arles di notte, 1888,
Otterlo, Rijksmuseum Kroeller-Mueller)
Addirittura molti studiosi sostengono che nella Bibbia, quando nel primo "Libro dei Re" si parla di "grani abbrustoliti" portati da David come dono di riconciliazione a Abigail, essi altro non siano che i chicchi del caffè. Si pensa che esso fosse conosciuto anche nell'antico Egitto e presso le civiltà del Mediterraneo, tanto che è presente nell'Odissea e più precisamente nel pezzo in cui Elena tenta di asciugare le lacrime degli ospiti di Telemaco e Menelao, affranti per la sparizione di Ulisse.
" ... Allora Elena entrò. Nel dolce
vino, di cui bevean, farmaco infuse
contrario al pianto e all'ira, che all'oblio
seco inducea d'ogni travaglio e cura. "
Va detto che prima dell'anno Mille le popolazioni antiche dell'Etiopia non lo utilizzavano come bevanda ma con la polpa e i semi schiacciati e aggiunti al grasso animale, ne facevano delle palline molto nutrienti, indispensabili negli spostamenti nel deserto.
Secondo un manoscritto compilato nel 1587 da Abd al-Qadir al-Jaqziri, sarebbe stato uno sceicco, muftì ad Aden, ad adottare l'uso del caffè come bevanda attorno al 1454.
La storia della sua esportazione e diffusione coincide con la credenza diffusa in molti paesi che fosse un valido medicinale; a tal proposito molti medici nei loro trattati lo consigliavano per la cura di numerose patologie.
Che il caffè sia profondamente legato al mondo arabo è testimoniato dal nome stesso che deriverebbe dal turco kahve, a sua volta derivato dall'arabo qihwa, che vuol dire vino o bevanda eccitante.
Il nostro prodotto è poi inevitabilmente e indissolubilmente legato alla diffusione, nel corso dei secoli, dei caffè, luoghi in cui non solo si poteva degustare questa bevanda ma che divennero presto ritrovo per letterati, filosofi e dissidenti politici. La nascita di questi locali fu comune (chiaramente in forme e modi differenti), sia a Oriente che ad Occidente; il primo ritrovo pubblico per la mescita del caffè-bevanda fu aperto al Cairo nel 1592.
In un primo momento la Chiesa fu contraria a questa bevanda, considerata opera del diavolo perché sottraeva fedeli che preferivano frequentare i caffè, non a caso Clemente XIII ricevette forti pressioni da parte del clero per metterlo al bando. Tuttavia, dopo questi primi pareri negativi, ne venne consentito il consumo. Questa sorte toccò anche l'oriente dove i fedeli preferivano i caffè ai luoghi di culto; a tal proposito Alexandre Dumas nel suo Dictionaire de cuisine scrisse che a Costantinopoli il caffè era così apprezzato che gli imam si lamentavano del fatto che le moschee erano deserte e le sale da caffè piene.
In Germania, rispetto agli altri paesi, faticò a imporsi definitivamente perché il suo avvento fu un duro colpo al consumo della birra (il prodotto locale), che calò sensibilmente. Tutto ciò fece si che il principe-vescovo di Paderborn arrivò a far punire severamente chi consumava questa bevanda.
Anche Federico II di Prussia non lo amava, tanto da affermare:
" E' disgustoso vedere l'aumento della quantità di caffè usato dai miei sudditi e la quantità di denaro che di conseguenza lascia il Paese. Tutti consumano caffè. Se possibile, questo dev'essere impedito (...) Il mio popolo deve bere birra (...) Sua maestà fu cresciuto con la birra, e così i suoi antenati e i suoi ufficiali. Molte battaglie sono state combattute e vinte da soldati nutriti con la birra, e il Re non crede che da soldati che bevono il caffè si possa attendere, nel caso di una guerra, la forza di affrontare i disagi e sconfiggere i nemici."
Nonostante questi pareri discordanti alle tendenze collettive, il caffè si consolidò nelle abitudini di numerosi paesi; la prova di quanto detto la troviamo anche in numerose opere d'arte di cui qui ne abbiamo due esempi.
Tutte e due le opere hanno come soggetti persone appartenenti aceti medio-alti. Nello specifico nella prima opera di Pietro Longhi, La lezione di geografia, (1752), Venezia, Fondazione Querini Stampalia, troviamo un tipico ambiente aristocratico del Settecento. Il caffè per le sue caratteristiche era particolarmente amato dagli intellettuali che lo avevano eletto a loro bevanda rappresentativa; in questa prospettiva non stupisce che la donna ritratta si appresti a consumarlo per rinfrancarsi dagli sforzi profusi durante la lezione. Si è certi che si tratti di caffè perché le piccole tazzine poste sul vassoio ricordano per dimensioni e forma quelle turche destinate a contenere il nostro protagonista.
Nella seconda opera, di Silvestro Lega, Un dopo pranzo, (1868), Milano, Pinacoteca di Brera, illustrano una scena simile ma al tempo stesso diversa. Nell'Ottocento nonostante il caffè fosse diventato una bevanda per tutti, la scena rappresentata è quella del rito del caffè pomeridiano in una signorile villa della campagna toscana, come è rimarcato dalla caffettiera in argento portata dalla cameriera.
L'arte e la storia ancora una volta hanno dimostrato che vasto mondo può esser racchiuso in una semplice tazzina, ricordiamocelo la prossima volta che berremo un caffè, magari in tutta fretta, al bancone di un bar!