Ester Nobile nasce a Brescia il 5 marzo del 1985. Le piacerebbe dire che è nata lo stesso giorno di Pier Paolo Pasolini, ma i suoi avvocati glielo sconsigliano perché rischia la denuncia per diffamazione e calunnia da parte degli eredi.
A tre anni si è trasferita da Brescia a Catania; a sei da Catania a Ragusa, luogo dove ebbe a crescere e a deprimere fino ai diciotto. Raggiunta la maggiore età ha deciso che era ora di vivere esattamente come i suoi miti letterari e si è messa a vivere in quanti più posti possibili: Roma, Bologna, il Belgio, gli Stati Uniti. Poi quando ha finito i soldi è tornata a Ragusa, perché tutto sommato tra i luoghi in cui è stata è quello dove deprimersi le costa esponenzialmente di meno.
Non ha mai pubblicato nulla, né ha mai vinto una beneamata ceppa. Difatti si è sempre scocciata di partecipare ai vari concorsi letterari, dato che non ha ancora capito come cavolo si fa a raccontare qualcosa in 4000 battiture, spazi compresi. Soprattutto non ha capito come diavolo si fa a realizzare un bel racconto avendo come tema la parola orologio o balaustra.
Le piacerebbe anche tantissimo dire che il suo stile è fortemente influenzato dal contributo di importanti scrittori come Nadine Gordimer, Doris Lessing, Ernest Hemingway, George Orwell. Invece sarà onesta e dirà la verità. Se ha finalmente imparato a scrivere qualcosa che non facesse più venire solo la voglia di gettare una secchiata di acido muriatico in faccia al vicino di casa, è grazie ad una misconosciuta quanto geniale fumettista americana, Miriam Engelberg.
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Titolo: Cafonal Natalizio
Autore: Ester Nobile
Serie: //
Edito da: Edizioni Esordienti E-book
Prezzo: 4,90 €
Genere: Romanzo, Narrativa
Pagine: 95 p.
Voto:
Trama: Il Cafonal è la rubrica del sito Dagospia dove vengono pubblicate le foto più ridicole e terrificanti delle feste della Roma Bene. Politici che mangiano con le fauci spalancate, vip con la faccia devastata dal botulino, nobildonne che si atteggiano festanti come la più sguaiata delle vajasse. Questi baccanali degli orrori, queste cene a metà tra l’atroce e l’esilarante, sono diventati la più vivida immagine dell’Italia degli ultimi due decenni. Lo stesso si prefigge di fare questo libro: narrare la vera trucida e tragica essenza della nostra odierna realtà tramite un cenone.
Naturalmente natalizio.
Recensione
di CriCra
Cafonal Natalizio è un breve racconto, tutto italiano, che appare subito un testo basato sull’irriverenza, a partire dalla copertina stessa, che in un primo momento ti lascia un po’ spiazzato, facendoti pensare a qualcosa di non convenzionale, ma che poi leggendone le pagine, se ne capisce il senso e l’umorismo che ne può scaturire.
È un racconto diretto, che ti parla di molteplici fatti reali, alternando temi molto seri come lo sfruttamento minorile, la politica, la povertà e la fame nel nostro paese o all’estero, a quelli di genere più “casereccio” come la vita familiare quotidiana.
In uno spaccato di vita siciliana, conosciamo la storia di una famiglia, attraverso la voce narrante di una delle due sorelle che ne fanno parte, Alessandra; una famiglia dove una coppia di genitori è dovuta crescere e maturare in fretta, mettendo da parte i propri sogni e dovendosi adattare alla vita di tutti i giorni (lavoro, tasse, bollette, casa), cadendo in uno stato di scontento e costernazione e riversandoli di conseguenza sui propri figli, dai quali non si spera altro che una sorta di riscatto, per tutto ciò che non si è stati in grado di realizzare.
… mia mamma era fermamente convinta che
i miei eccellenti risultati scolastici e la mia intrinseca
e genuina secchioneria, fossero più che sufficienti
per legittimare qualsiasi mia aspirazione.
Nessun membro della famiglia, viene risparmiato a descrizioni a dir poco taglienti ed esilaranti, come un padre un po “bohémien“ che lascia tutto, lavoro casa e famiglia per rifarsi una vita all’estero con un’altra persona; una madre che fa di tutto per non cadere nell’abisso della frustrazione, adattandosi a lavori umili ma utili; una sorella amante della vita “dark” e dei tatuaggi; uno zio saccente ed opprimente da credersi un dio in terra. Per farvi un esempio pratico è come un mix di scene viste in film – più o meno conosciuti – come Parenti serpenti o Fratelli Coltelli.
…era il figlio spudoratamente preferito da parte di mia nonna materna,
per l’assolutamente logico motivo che lui era maschio
e mia mamma femmina.
Paradossale e deprimente per la sua veridicità. Sono questi i termini che mi vengono in mente per descrivere ciò che l’autrice ci racconta in questo suo spaccato d’Italia, sulla quale ogni giorno se ne sentono dire di tutti i colori, dove purtroppo il più delle volte i propri valori, i risultati ottenuti con grandi sacrifici e la giusta meritocrazia personale vengono messi da parte da atti di corruzione, raccomandazione, nepotismo e così discorrendo.Oppure, sempre su quest’onda di pensiero, è sconvolgente venire a conoscenza dell’esistenza di famiglie dove – come si dice dalle mie parti – ci sono figli e figliastri, dove spiccano distinzioni e favoritismi umilianti.
La sua spontanea donazione non era dettata dalla volontà di riconciliazione,
ma da puro spirito pietistico. La pietà, almeno in questo mondo, non è una virtù,
ma un modo per piastrellare d’oro massiccio il piedistallo
su cui ci si trova ad ergersi nei confronti di chi si trova in difficoltà.
Tutto questo, da parte dell’autrice è sempre fatto con grande ironia e ilarità, riuscendo a porre verso se stessa, come scrittrice, anche delle autocritiche serie ma allo stesso tempo divertenti e spiritose, come quando parla dell’essere costretti a “fare buon viso a cattivo gioco” e di conseguenza per la sua protagonista “fare impennare le quotazioni in borsa dell’azienda che produce il Maalox”.
Una lettura che, seppur racchiusa in un breve testo, ti lascia il tempo di pensare a fatti reali, cose che nel quotidiano possono essere giuste e/o sbagliate, il tutto condito con semplicità, ironia e il giusto contatto da scrittore a lettore. Una lettura diversa dai soliti schemi, ma che lascia a mio parere, soddisfatti di averla fatta.