“Ogni anima seguirà il suo percorso verso Dio”, “leggete Al Fatiha per coloro che giacciono qui”, queste sono alcune delle incisioni poste davanti ai cancelli della città dei morti, si tratta del più antico cimitero musulmano del Cairo e dell’Egitto, coabitato dai defunti e dai vivi.
A partire dalla metà del secolo scorso con la crescita esponenziale della popolazione nella capitale egiziana e la difficoltà nel trovare abitazioni, gli abitanti hanno iniziato a stabilirsi nella necropoli, trasformando illegalmente gli spazi in dimore permanenti o sedi di attività lavorative, senza preoccuparsi di dover pagare un affitto.
Secondo un censimento del 1986 un trentesimo della popolazione vive nei sei cimiteri che si estendono per un’area di 1.000 ettari, con circa 180.000 abitanti cui 15.000 all’interno delle tombe. Nel cimitero di Qaitbay la maggiore densità abitativa è localizzata nell’area monumentale dei cinque complessi funerari dei sultani mamelucchi costruiti nel 1400.
Dopo il terremoto del 1992 numerose famiglie si sono trasferite nel Al Qarafa, abitando nella tomba della famiglia. Metà degli abitanti del cimitero sono profughi palestinesi fuggiti a seguito delle occupazioni ebraiche in Palestina nel 1967.
Il profilo della città dei morti si presenta come un cuneo che si insinua tra la periferia urbana e i quartieri storici centrali.
La città dei morti è suddivisa in più quartieri, alcuni hanno le tombe ridotte a dei cortiletti tra i palazzi, altri, invece situati tra tombe ed edifici pubblici e privati.
Ogni quartiere ha una sua particolare fisionomia e struttura spaziale, sociale e culturale.
Alcune strutture vicino al centro storico sono molto più urbanizzate, hanno poche tombe rispetto ad altre e sono provviste di acqua, gas e corrente elettrica.
Il cimitero è abitato fin dal 642 d.c., anno in cui è stato costruito dal comandante arabo Amr ibn al-As l’indomani della conquista del Cairo. Nel Medioevo era considerato un luogo piacevole dove trascorrere le festività.
Le tombe tradizionali includevano dei piccoli alloggi che permettevano ai parenti lontani di visitare i propri morti.
La “città dei morti” è circondata a nord dalla moschea del sultano Fara e a sud dal mausoleo del sultano Barquq. Al complesso si lavorò dal 1398 al 1411.
Dall’alto della moschea si può ammirare l’intero cimitero. Nel 1432 “Bay il Leopardo” fece costruire il mausoleo del sultano Bars-Bay, che attualmente si trova a sud del cimitero. Sempre verso sud si trova il mausoleo del sultano Qait-Bay, costruito fra il 1472 e il 1474, considerato la massima espressione dell’architettura islamica della capitale egiziana.
La prima testimonianza storica che avvisa il cimitero musulmano cairota e ne narra la genesi, secondo una descrizione storica della città dei morti del Cairo dall’antropologa Anna Tozzi Di Marco appartiene a Ibn Abd al Hakam nel suo libro Futuh Misr (La conquista dell’Egitto) del IX secalolo, riferisce la storia della richiesta del patriarca copto Cirus al conquistatore arabo Amr ibn Al-As, di vendergli un appezzamento di terreno ai piedi del gruppo collinare Moqattam. Infatti secondo la tradizione sacra musulmana sulle alture vi crescevano gli alberi del Paradiso. Amr rifiutò tale istanza ritenendo che gli alberi del Paradiso dovessero appartenere ai credenti della sua fede e usò l’area per seppellire i membri del suo clan, quello coreiscita.
Così come espresso dall’antropologa: “il quadro identitario delle epoche passate sin qui delineato è quello di un cimitero urbanizzato e inurbanizzato, integrato pienamente nella società cairota ed egiziana e rinomato nel mondo islamico di quel tempo. Un luogo inizialmente fruito da tutta la cittadinanza, abitato perfino dall’ elitè, ma che perse la sua portata sociale e culturale all’impatto con l’occidente e la modernizzazione, per essere progressivamente relegato alle sole classi popolari… L’immagine odierna della comunità della città dei morti rispetto alle altre zone popolari del Cairo è quella di una struttura sociale e culturale ancora molto avviluppata e coesa al suo interno, sebbene non immune alla globalizzazione…la necropoli ha ormai recuperato la fitta trama di relazioni economiche e sociali tra le parti cittadine, interrotte durante i due secoli precedenti…”.
Gli abitanti del cimitero godono di una cattiva reputazione in tutto l’Egitto, soprattutto perché la religione musulmana ritiene haram la coabitazione vivi/defunti e le autorità egiziane tendono sempre di più a nascondere questo luogo ai turisti. Di recente nella necropoli mamelucca vicino al mercato di Khan El Khali è stato aperto un Bed&Breakfast, per ospitare i visitatori occidentali nelle vicinanze delle tombe che desiderano immergersi nella cultura egiziana e visitare l’affascinante, ma anche oscura città dei morti.
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