Ammetto di non aver seguito molto il Festival di Sanremo rispetto alle passate recenti edizioni. Non per snobismo ma più che altro per i postumi di un’influenza che mi ha bloccato a letto, con picchi di febbre molto alti. La concentrazione non era massima insomma, e nemmeno la voglia in fondo, quando stai lì a farti impacchi con il ghiaccio e continui a tossire. Ora per fortuna sto meglio, e va da sè che in ogni caso internet, i filmati in rete e in tv, i programmi e le radio aiutano a recuperare un po’ tutti i momenti salienti.
Posso dire con fermezza che sin dal primo ascolto il mio pronostico era andato agli Stadio, gruppo che da sempre apprezzo, e quindi la loro vittoria mi ha fatto piacere, specie vedendo con chi nel podio erano arrivati a contendersela.
Credo che Carlo Conti abbia condotto al meglio l’edizione, sempre sul pezzo, puntando sul ritmo e sull’essenzialità, in modo molto sobrio, stile che da sempre lo contraddistingue. Ieri l’ho visto particolarmente a suo agio con gli amici storici, “fratelli” come ama chiamarli lui, Pieraccioni e Panariello.
La vera mattatrice delle serate festivaliere è stata Virginia Raffaele, ieri nei panni di se’ stessa, dopo che aveva imperversato imitando alla perfezione Sabrina Ferilli, Carla Fracci, Donatella Versace e la consueta Belen, suo cavallo di battaglia.
Gabriel Garko ha compensato con la fisicità e l’autoironia alcune pecche e disagi evidenti, ma mi fermo qui, altrimenti poi le mie lettrici potrebbero pensare che sono invidioso :-) Mi è parsa comunque più sciolta e spontanea la statuaria, bellissima Madalina Ghenea.
La gara, quindi. Detto degli Stadio, autori come sempre di un brano aggraziato, melodico il giusto e romantico, stavolta sul delicato tema genitori/figli, occorre anche ammettere che forse la vittoria arriva a suggellare una carriera fatta di molti brani preziosi ma che, nella fattispecie, questa loro “Un giorno mi dirai” non vale ad esempio “Lo zaino” con cui fecero commuovere tutti nel 1998.
Non mi sarei aspettato il secondo posto della giovane Francesca Michielin, il suo exploit è dettato da una discreta canzone ma soprattutto dall’interpretazione, dal magnetismo e dalla naturalezza con cui canta. Propone un pop moderno e piuttosto rarefatto come poche altre in Italia, mi viene in mente Meg, per quanto la napoletana sia molto più sperimentale.
Sul podio finiscono anche Giovanni Caccamo e Debora Iurato, con una ballata di Sangiorgi, una canzone che aveva i crismi per puntare al bersaglio grosso ma a mio avviso i due sono ancora acerbi, la vittoria sarebbe stata troppo, anche se il podio ci può stare in questo contesto.
Poi molte sorprese, per quanto la classifica non avesse a questo punto molto senso. Io preferisco sempre ci sia una graduatoria ma forse era più stimolante aver avuto delle indicazioni anche nei giorni scorsi. In ogni caso, se pensiamo che Noemi la prima serata figurava tra gli ultimi 4 della decina proposta, certamente ha avuto una buona impennata arrivando ottava con la raffinata e intensa canzone scritta per lei fra gli altri da un ispirato Masini.
Giusto il quarto posto di Enrico Ruggeri, con un pezzo pop rock contemporaneo e una carica e passione ritrovata, o forse mai sepolta del tutto. Il cantautore ha ancora tante cose da dire. Pare esagerato il quinto posto di Lorenzo Fragola con una ballata piuttosto insipida ma si sa che l’ex vincitore di X Factor gode di un consenso enorme. Io personalmente preferivo la più ritmata “Domani”. Ho sentito molti pareri positivi su Patty Pravo e quindi non stupisce in fondo il suo sesto posto finale, però io francamente sospendo il giudizio perchè, per un motivo o per l’altro, non l’ho mai vista esibirsi. Clementino dal giorno della cover in poi (in cui secondo me doveva vincere con la sua riuscita interpretazione di “Don Raffaè” di Faber, invece anche lì hanno trionfato gli Stadio), ha alzato di molto le sue quotazioni. Il suo brano è molto leggero però se paragonato alla quasi totalità della sua produzione, e anche il messaggio, sì di valore sociale, ma molto all’acqua di rose.
Di Noemi ottava già detto, a colpirmi sono state le posizioni che vanno dalla 9 alla 11. Il giovane napoletano Rocco Hunt secondo alcuni rumors era dato per favorito, e in effetti il suo brano portava scompiglio, allegria e movimento. Sembrava il volto nuovo al momento giusto. Detto ciò, mai avrei premiato come miglior brano il suo rap funky intriso dei soliti messaggi scritti in modo un po’ troppo banale. Stride invece vedere i nomi di Arisa e Annalisa al decimo e all’undicesimo posto. Non avevano brani molto orecchiabili, dal ritornello facile, però hanno cantato benissimo, quello sì. Dei rimanenti, soltanto il penultimo posto di una convincente Dolcenera grida vendetta. Seguo da sempre la cantautrice pugliese e credo che, qualche errore di percorso a parte, sia una delle nostre più valide artiste contemporanee. Ha proposto una ballata dolente, dai toni blues, con inserto di coro gospel. Un brano ben costruito, interpretato con vigore, personalità e sicurezza, ma non è stato capito, troppo difficile per vaste platee.
Secondo me doveva arrivare ultimo Elio e Le Storie Tese perchè qui hanno toppato. Adoro il gruppo, possiedo i loro dischi e quasi sempre ne condivido le idee e le trovate. Qui mi hanno fatto sorridere e poco più, mancava la canzone, visto che sostanzialmente il loro è stato un pasticcio, nove/dieci stornelli in uno e alla fine non ti è rimasto niente. In modo scontato è arrivata ultima la bistrattata Irene Fornaciari, che però aveva una canzone con un testo di buon impatto, sul dramma dell’emigrazione. Valerio Scanu non ha demeritato secondo me con la canzone scritta per lui da Fabrizio Moro, ha pure cantato egregiamente, ma non gode di molte simpatie.Lui stesso c’è da dire che ha contribuito a fare terra bruciata attorno a sè, anche se qui è parso molto più sorridente e rilassato del solito. Alessio Bernabei non è stato infine premiato dal pubblico. Sin troppo furbetto il suo pezzo, di stampo pop dance, con la produzione ok, l’arrangiamento giusto, in linea con i tempi (tradotto, ha scopiazzato un brano della pop star Ariana Grande) e il ciuffo sbarazzino. Molta forma e poca sostanza nel suo esordio da solista, dopo aver lasciato i Dear Jack. Quelli invece erano stati eliminati prima, assieme al duo degli Zero Assoluto (che però ha portato in gara un brano orecchiabile e gradevolmente pop), ai redivivi Bluvertigo di un Morgan purtroppo non al top della voce e a un deludente Neffa, alla vigilia uno dei miei favoriti ma che poi ho trovato innocuo con la sua canzoncina retrò e stiracchiata, non da lui che è solito ad ogni uscita stupire l’ascoltatore con suoni sempre diversi.
Non so quante di queste canzoni avranno poi concreti risconti radiofonici, viene difficile ipotizzare che qualcuna, compresa quella vincitrice, possa diventare una evergreen. Però il livello generale, in ambito pop, musica leggera ovviamente, non era male, e ripeto sono felice per gli Stadio perchè sono riusciti ancora una volta a emozionare e trascinare, magari non ai livelli della struggente “Sorprendimi”, ma con una ballata dal bellissimo significato e dal testo in cui un padre, ma anche un figlio, può sicuramente immedesimarsi.