Avete mai accostato la guancia al muso vellutato di un cavallo per respirare il suo odore di erbivoro timido?
Quello per me è l’odore della felicità.
Ed è l’odore che si respira entrando nel Théâtre équestre Zingaro: odore di legno aromatico, di fieno, di cavalli dal manto lucido, di finimenti di cuoio appena ingrassati.
Saliamo le scale ripide, passiamo dal freddo intenso del cortile al tepore delle scuderie immerse nella penombra e percorriamo senza far rumore la passerella sospesa sopra i box. I cavalli sotto di noi non si curano dei nostri sussurri concitati.
Ci ritroviamo a calpestare la sabbia della pista aerea dove tra poco gli animali si lanceranno in un galoppo sfrenato: è un tunnel fiocamente illuminato, delimitato da pannelli di tessuto leggero da cui ci irridono teschi di merletto incoronati di fiori.
Un ragazza vestita di nero ci guida attraverso un’apertura nel tunnel e scendiamo nel teatro: fa caldo e la luce fioca ci permette di intravedere soltanto i contorni delle gradinate e, sulla pista rotonda, le sagome piumose di enormi tacchini neri addormentati e di scheletri pallidi che tra poco prenderanno vita.
Ci muoviamo tutti in punta di piedi, bisbigliando come se entrassimo in un Tempio, in fervida attesa dell’Uomo Centauro e della sua danza macabra.
Ma Calacas è anche la celebrazione dell’assenza, del lutto che l’uomo affronta nel perdere il suo compagno cavallo, perché perdere l’animale con cui si è lavorato per tutta una vita, per Bartabas equivale a perdere una parte di se stessi.
Il senso della morte è presente in tutti gli spettacoli del Théâtre équestre Zingaro, ma in Calacas prevale il lato gioioso della celebrazione perché, come in un Carnevale, la Vita è un moto perpetuo e continua nella sua corsa senza fine.
Vorrei potervi descrivere esattamente a parole quello che è stato definito dalla stampa francese un spectacle époustouflant, ma non è facile perché negli spettacoli di Bartabas le coreografie, le scenografie immaginifiche e le musiche giocano insieme a creare solamente degli spunti, e lasciano ogni spettatore libero di vivere a suo modo le emozioni evocate dalla sinergia tra uomini e cavalli.
Ho guardato senza fiato cavalli montati da cavalieri disincarnati lanciarsi in un galoppo sfrenato sulla pista sospesa tra la terra e il cielo, inseguiti da carovane di carri macabri e da folli pistoleri.
Ho respirato l’odore di incensi aromatici e ho guardato la Morte, vestita come Frida Kahlo, dondolarsi su un’altalena al suono di lugubri campane.
Per me Calacas è stato un delirio di emozioni fortissime che mi hanno lasciata spossata e svuotata, una vera e propria catarsi artistica come ho provato raramente nella mia esistenza.
Ora lo sapete che io sono di parte, perché amo Bartabas come pochi altri artisti a questo mondo e perché nelle mie passioni rasento il fanatismo, ma credo fermamente che uno spettacolo del Théâtre équestre Zingaro (che amiate o meno i cavalli) sia un’esperienza da provare almeno una volta nella vita.