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Calamitare, assumere e tenere stretti i talenti

Creato il 04 novembre 2015 da Propostalavoro @propostalavoro

CatturaTalenti: croce e delizia delle aziende italiane. Tutte cercano talenti, ma quanti ne trovano?

Secondo gli ultimi studi, l'Italia può ritenersi fortunata: siamo tra i paesi dove si fa meno fatica a trovare talenti. Il Giappone, leader nella classifica dei paesi dove è più difficile soddisfare le aziende, indica che l'83% dei posti rimane scoperto. Da noi è solo il 38%. "Solo", si fa per dire. Pensate a quanta fetta di disoccupazione si potrebbe mangiare se solo le competenze messe sul mercato del lavoro (soprattutto da scuole e università) fossero le stesse richieste dalle aziende. Quanti posti vacanti in meno. Quanti giovani in più con famiglia, casa e potere d'acquisto…

La novità, ce ne parlano altri studi, però è che le aziende, quando le aziende non trovano il giusto match di competenze, diventano via via sempre più improduttive. Produttività persa vuol dire meno competitività ed il rischio di venire superati ed annientati dalla concorrenza.

Le aziende italiane non possono permetterlo. E quindi ecco la caccia al talento, ma il talento non si trova. E allora perché non formarlo in casa, magari assumendo giovani a costi minori ma fornendo loro una formazione di ferro? Ottima idea, ci pensa l'apprendistato. Ma in Italia l'apprendistato non va. Quante aziende sono disposte a formare talenti?

La Buona Scuola ha puntato sull'alternanza scuola-lavoro, allora, sistema con due pregi. Il giovane non viene assunto, quindi è più svincolabile se non si trova bene in azienda, e fa esperienza non dopo, ma prima del titolo – così nessuno potrà dire che è bravo ma non sa cos'è il lavoro.

L'apprendistato è più tosto, ma proprio per questo incoraggia le aziende a investire sulla formazione dei talenti. Un investimento remunerativo, che in Svizzera, un paese più simile a noi di quanto solitamente pensiamo, ha già dato ottimi risultati in questo campo. Il Jobs Act ha avuto il merito di rendere più gestibile questo tipo di rapporto che storicamente è stato ostico per le imprese. La palla passa al sistema dell'istruzione e formazione, che dovrà essere all'altezza del compito: educare talenti che vengono formati anche in azienda. Con l'alternanza se l'è cavata piuttosto bene, incoraggianti i risultati del Progetto IMO, quindi piena fiducia per l'apprendistato.

Sui talenti la partita si gioca anche dalle parti delle agenzie per il lavoro, che, se volessero puntare sul raccordo scuola-impresa, potrebbero avere porte spalancate su un nuovo tipo di attività e dunque su un business tutto da conquistare.

E le aziende? Se sono aziende valide, non perderanno certo questo treno: la possibilità di costruire non solo prodotti e servizi per il mercato di oggi, ma anche talenti che portino avanti l'azienda nel domani.

Simone Caroli


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