I Campionati Europei di calcio vanno a cominciare. Per quel che ci riguarda, facciam voti agli dèi (del pallone)...
Il cinema non ha mai reso un buon servizio a questo sport, avendogli riservato pellicole di livello non eccelso. Varrebbe la pena di capirne i motivi. Forse perché il calcio mal si presta alla spettacolarizzazione tipo Ogni maledetta domenica. Negli Usa, in effetti, è guardato con un certo distacco: non mancano film sul baseball o sul football, ma sul soccer niente. Si tratta di roba nostra. Siamo noi italiani – più degli inglesi – a detenerne il copyright. Mi sono sempre chiesto come mai nessun grande regista abbia pienamente attinto da tale risorsa. Si dice che è impossibile (e probabilmente lo è), che non si può fare, che non esiste il modo se non trattandolo in forma trasversale. Alcuni sostengono a causa delle difficoltà tecniche di riprodurre il dinamismo e la coralità del gioco. Da noi, in ogni caso, il pubblico non ha mai dimostrato di gradire. Secondo me, non tollera la combinazione tra fantasia e realtà. Piuttosto preferisce un documentario - notevole quello di Sandro Ciotti dedicato a Johan Cruijff. Oppure una gustosa fiction nello stile di Zelig circa un fantomatico Mondiale che si sarebbe disputato in Patagonia nel 1942.
Fuga per la vittoria di John Huston (1981) è diventato ormai un classico, per quella parata di campioni anni ’70 e la famosa rovesciata di Pelé.
Sognando Beckham e La coppa sono favolette gradevoli e poco altro. Come Shaolin Soccer, il calcio secondo l’immaginario nipponico, quindi mischiato al Kung-fu. Da vedere, sebbene l'adattamento pessimo abbia stravolto il senso di parecchie scene. (Però mi piacerebbe saper parcheggiare come fanno in quel film!). Una favola dai contenuti sociali è invece il recente Il mio amico Eric di Ken Loach, con uno strepitoso Cantona. Bella poi la ricostruzione della Swinging London in Best.
Febbre a 90°, tratto da un libro di Nick Hornby, si lascia vedere senza lasciar traccia.
I cinefili di lunga memoria e data ricordano Gli eroi della domenica del 1952, per la regia di Mario Camerini. Protagonista Raf Vallone (realmente calciatore nelle giovanili del Torino), il quale interpretava il centravanti di una squadra in zona promozione tentato dalla corruzione. Contenuto più che mai attuale…
L'uomo in più di Paolo Sorrentino non è un film sul calcio: il calcio è solo un pretesto, è filosofia del calcio perché il calcio è (ebbene sì) filosofia. O dovrebbe, almeno. (Qualcuno provi a spiegarlo a Milanetto e Mauri.)
C'è L’estate di Bobby Charlton, film del 1994 di Massimo Guglielmi. C’è Italia-Germania 4-3 di Andrea Barzini, il quale più che parlare della partita è l’amarcord di una generazione. E Ultimo minuto, per la regia di Pupi Avati, con un crepuscolare Ugo Tognazzi: non male. Il figlio Ricky, invece, girò nel 1991 Ultrà.
Il colore della vittoria di Vittorio De Sisti narra della vittoria mondiale dell'Italia nel '34 guidata da Pozzo (interpretato da Adalberto Maria Merli). Ovviamente poco gioco e molti risvolti umani in salsa televisiva. Caruccio, ma nient’altro.
A questo punto è inevitabile nominare L'allenatore nel pallone, protagonista Lino Banfi, e Paulo Roberto Cotechiño centravanti di sfondamento, con Alvaro Vitali. Due classici del trash anni '80 assurti all’onore del cult (questo è, ahinoi, lo Spirito dei Tempi). Poi Il presidente del Borgorosso Football Club, un film minore di Sordi. Quindi un episodio tratto da I mostri di Dino Risi (1963) - quello in cui Vittorio Gassman va allo stadio a urlare Forza Roma - e la lunga sequenza della partita tra scapoli e ammogliati in Fantozzi.
Chiudo l’elenco (incompleto) citando Comizi d'amore, in cui Pier Paolo Pasolini intervistava i giocatori del Bologna campione d'Italia (era il '64) circa amore e sesso, tra sorrisetti imbarazzati e reticenze. Altro che veline e letterine.