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Calcio Sfogliato: “Il ragazzo che non giocò la finale”, il viaggio da Montserrat al Buthan

Creato il 16 novembre 2015 da Pablitosway1983 @TuttoCalcioEste
Calcio Sfogliato: “Il ragazzo che non giocò la finale”, il viaggio da Montserrat al Buthan

30 giugno del 2002, a Yokhoama si disputa la finale della Coppa del Mondo fra Germania e Brasile, fu un giorno storico per la nazionale verde oro che conquistò il quinto titolo mondiale grazie a una doppietta del fenomeno Ronaldo. Ma la storia del calcio fu scritta non solo dai vertici e dai campioni internazionali, quel 30 giugno si disputò un'altra finale storica fra Buthan e Montserrat.
In una piacevole chiaccherata, Danilo De Nardis per la rubrica Calcio Sfogliato presenta il suo libro: "Il ragazzo che non giocò la finale" (2015, Urbone Publishing), dove narra le vicende di quell'incontro che non è stato solo un avvenimento sportivo, ma anche un incontro fra due culture estremamente distanti fra loro.

Calcio Sfogliato: “Il ragazzo che non giocò la finale”, il viaggio da Montserrat al Buthan Quali furono gli eventi che portarono alla disputa di questa amichevole così insolita?

Fu organizzata da un regista olandese, ai mondiali del 2002 l'Olanda non si qualificò ai mondiali. Jhoan Kramer un po' abbattuto dai fatti visionò quasi per gioco il Ranking della FIFA e agli ultimi due posti vi erano proprio Buthan e Monteserrat, così decise di organizzare con il patrocinio della FIFA tale incontro nel paese asiatico lo stesso giorno della finale dei mondiali di Corea-Giappone, fu realizzato un documentario dal titolo "The other Final".

Mi stupiscono sempre le tue scelte narrative, così come ne "L'Eroe Sbagliato", di cui abbiamo parlato in questa rubrica qualche settimana fa, anche nella tua ultima opera hai deciso di raccontare i fatti non con uno stile biografico, bensì come un romanzo che si incentra molto più sul viaggio, facendo passare in secondo piano le vicende sportive

Su questa storia ci ho voluto costruire un romanzo, incentrandomi anche sul tiro con l'arco, come nella mia precedente opera i personaggi non mollano mai, anche se la vita ti para di fronte un ostacolo insormontabile magari la via giusta è un'altra strada come si vedrà.
Ho voluto scrivere una piccola favola, che si incentrasse sul viaggio e la scoperta dell'altro. Secondo me l'integrazione non deve essere imposta, lo scambio culturale è una magia, ma la politica e le istituzioni dettano una integrazione forzata, la globalizzazione a mio avviso non è un percorso praticabile. Il protagonista incontra un ragazzo buddhista, e viene a contatto con la cultura millenaria del luogo, ma la sua esperienza non si ferma li, torna nella sua piccola Monteserrat cercando di mettere in partica quello che ha appreso pur non disconoscendo mai le sue radici e la sua religione. E' una mia interpretazione su come deve essere affrontata la questione, purtroppo fra noi aleggia troppo buonismo e nel nostro sistema una vera integrazione non avviene per fattori economici e interessi politici.
In questo senso adoro il buddhismo perché è l'unica religione che diche che Dio sta dentro di te, e non fuori, e questo ognuno di noi lo può mettere in pratica. Dio è uno solo, se si vuole portare all'estremo come l'IS o come i cattolici nelle epoche passate... no, Dio non è una imposizione, ma purtroppo dobbiamo fare i conti con chi amministra la religione e di conseguenza la politica, ovvero un uomo come noi.

Nel libro racconti anche della esperienza che fa il protagonista Charly con il tiro con l'arco, trovi similitudini fra questa disciplina e il calcio?

Ho avuto modo di conoscere il tiro con l'arco grazie a un mio amico che è stato anche campione regionale, è una disciplina nella quale la concentrazione fa perdere gran parte delle energie, si deve calcolare la forza e la direzione del vento, addirittura l'umidità può influire sulla traiettoria, vi sono una quantità incredibile di elementi da prendere in considerazione. L'accuratezza di queste discipline è affascinante. Per quanto riguarda il calcio... è lo sport più bello del mondo, anzi, non lo è, se vai a vedere a livello estetico vi sono sport migliori, spesso mi chiedono "Perché il calcio attira così tanto?" e io gli rispondo "Ragazzi, quando voi calciate un pallone, date un calcio a qualcosa di estremamente famigliare alla quale state sopra, la palla ha una piccola deflessione nei pressi della valvola, assomiglia molto alla terra", e calciare inconsciamente qualcosa che assomiglia alla nostra esistenza, può essere un fattore inconscio per il quale siamo così affascinati. E' una piccola pazzia, ma una teoria.

A tredici anni di distanza quale è la situazione delle due nazionali?

Montserrat è salito parecchio e ha guadagnato venti posizione nel ranking, Il Buthan ha vinto la prima partita per la qualificazione ai mondiali, se non vado errato contro il Nepal, adesso sta facendo un girone a cinque. Quando hanno vinto là è successo il finimondo, gente in strada e festeggiamenti. Ho mandato una mail alla federcalcio del Buthan per sapere le loro reazioni e sono molto felici del risultato conseguito, stanno facendo passi da gigante, rispetto a tredici anni fa lo stadio è stato ristrutturato e hanno anche un manto sintetico. Diciamo che prima il regista olandese, poi io, gli abbiamo portato fortuna.

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