Calderoli: “La Porcellum fu un ricatto”. I maiali protestano
Creato il 03 ottobre 2011 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Un milione e duecentomila firme raccolte in appena due mesi per abrogarla, la dicono lunga sul gradimento di cui gode fra gli italiani la legge elettorale in vigore, la cosiddetta “Porcellum”. Il nomignolo con il quale è universalmente conosciuta venne coniato dal suo stesso estensore che, a domanda, rispose: “Questa legge è una porcata”. Ora, diteci voi in quale altro paese del mondo, una legge appena varata viene definita una “porcata” da chi materialmente l’ha scritta: schizofrenico, no? Oggi, o meglio ieri, un Roberto Calderoli in evidente crisi di astinenza da banane, ha spiegato di cosa e di chi fu figlia la sua legge: “La Porcellum – ha detto il ministro per la Semplificazione dei Ragionamenti – rappresentò la sintesi di tre ricatti. Il primo, di Pierferdinando Casini che pretendeva l’introduzione di una quota proporzionale con lo sbarramento. Il secondo, di Gianfranco Fini che voleva a tutti i costi le liste bloccate perché temeva sgambetti da parte degli uomini di Berlusconi. Il terzo, dello stesso presidente del consiglio che, convinto di vincere, impose il ‘premio di maggioranza’. La sinistra? – ha concluso Calderoli – Non disse nulla, evidentemente a loro stava bene così”. Crediamo sia inutile soffermarci sui ricatti degli alleati, ognuno rispondente a precise necessità di bassa bottega, mentre sui silenzi della sinistra forse vale la pena spendere qualche parola in più. Il centrosinistra non aveva nessuna velleità di vittoria e qualcuno provi a dimostrarci il contrario. Uolter Veltroni, e la sua sgangherata banda di politici d’accatto alla Calearo, avevano già alzato bandiera bianca, anzi. Il fatto che ci fosse una soglia del 5 per cento da superare per avere una rappresentanza in Parlamento, lo metteva al riparo dalla presenza ingombrante dei rompicoglioni di Rifondazione Comunista che nel frattempo si erano pure divisi. Qualsiasi legge Calderoli avesse proposto, la sinistra l’avrebbe accettata perché non aveva nessuna seria intenzione di ostacolare la marcia trionfale di Berlusconi. L’idea di Veltroni, protagonista di una campagna elettorale condotta senza mai nominare il Cavaliere, mentre dall’altra parte sparavano con il bazooka, era quella di seguire la strada tedesca, una riedizione della “Grosse koalition” che, in quel momento, stava guidando con successo la Germania. Insomma, Veltroni non ci provò neppure a vincere quelle elezioni, e dire che aveva fatto moltissimo per arrivarci da candidato premier dopo aver contribuito fattivamente alla caduta del governo di Romano Prodi. Il Professore racconta ancora oggi, non senza qualche imbarazzo, ciò che accadde quando arrivò Veltroni a dirgli che alle politiche il Pd avrebbe corso da solo. “In quel momento nel mio studio – ricorda Prodi – c’era Clemente Mastella che ascoltò paro paro quello che Uolter mi disse. Notai immediatamente la sua espressione fra il sorpreso e l’incazzato e, andandosene, sibilò fra i denti: ‘Volete fottere a me?’. Il risultato fu che il giorno appresso l’Udeur lasciò il governo e io me ne tornai a casa”. Considerati i presupposti, quindi, non ci resta che credere alle parole di Calderoli: la sinistra non mosse un dito perché la Porcellum non passasse. E quelli del Pd sono talmente affezionati a questa legge (che gli consente di far eleggere mogli e parenti e portaborse e affini), che ai comitati promotori del referendum per abrogarla, hanno concesso carinamente i banchetti per la raccolta delle firme e nulla di più. Bersani lo ha ripetuto ieri sera senza vergognarsi neppure un po’, a “Che tempo che fa”, dando ancora una volta la dimostrazione che, in fondo, a loro Berlusconi va bene che cuocia nel suo brodo, altro che richieste di dimissioni come piovesse! E siccome non ci stancheremo mai di dirlo né di ripeterlo ad ogni occasione utile, dobbiamo prendere atto che perfino il non aver messo mano al conflitto d’interessi si porta dietro un retropensiero figlio del “Mediaset è una grande industria culturale” di dalemiana memoria. Bersani ci sta simpatico, quando poi fa il Crozza diventa inarrivabile, ma ci lascia sempre con l’amaro in bocca quando parla seriamente di politica o quando, come ieri sera, affrontando l’affaire Penati non è riuscito a guardare né Fazio negli occhi né gli italiani dalla telecamera. “Quello di Penati è un capitolo doloroso”, ha ripetuto fino all’esaurimento PierGigi, ma oltre non è andato perché da persona onesta qual è, Bersani conosce il senso del pudore e il limite della vergogna. Non è con questa classe dirigente che usciremo fuori dai famigerati 750 chilometri del tunnel Cern-Laboratorio del Gran Sasso. Non è con questa classe dirigente che Berlusconi si farà da parte. Prendiamone atto e confidiamo nella Provvidenza, purché non sia quella del B&B, Bertone-Bagnasco, altrimenti meglio soprassedere.
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