Calderón denunciato alla Corte Penale Internazionale

Creato il 27 novembre 2011 da Eldorado

Da cinque anni Felipe Calderón sta librando la sua personale guerra contro i cartelli narco messicani. Cinque anni che sono stati marcati da una recrudescenza senza precedenti dei delitti commessi dal narcotraffico, costata sinora 50.000 morti (tra cui 4000 bambini) ed il coinvolgimento della popolazione civile. Un conflitto di bassa intensità, al quale non viene data la sufficiente attenzione, che ha minato la società messicana ed ha scavato un solco tra questa ed il mondo politico, spesso colluso con la criminalità.   

Era il primo dicembre 2006 quando, in mezzo ad una sonora fischiata di disapprovazione, il candidato del Pan, prendeva possesso dell’incarico di presidente del Messico. Calderón ci mise solo dieci giorni per annunciare il suo piano di tolleranza zero e di impiego delle forze armate nella lotta contro il crimine. Una decisione che avrebbe marcato il futuro del Messico che non solo non ha vinto la battaglia contro i narcocrimini, ma che si è visto coinvolgere sempre più in una deriva sociale, politica ed istituzionale. Negli ultimi tempi segnali dalla società civile ne sono stati lanciati, dalla protesta del poeta Javier Sicilia (http://www.facebook.com/pages/Javier-Sicilia/153387091395851) alla giornalista Anabel Hernández, che sono diventati i simboli della rinascita di un movimento prima silenzioso e che ora sta alzando sempre più la voce. É la cultura della legalità, che inizia a reclamare il proprio spazio. Ora sull’ondata del rifiuto alle politiche governative, l’avvocato Netzai Sandoval ha presentato una denuncia firmata da 23000 persone alla Corte Penale Internazionale dell’Aja contro Felipe Calderón ed il Cartello di Sinaloa, nella persona del capo Joaquín el Chapo Guzmán. La denuncia è circostanziata e documenta 470 casi di tortura, sparizione e reclutamento forzato nel contesto della guerra tra Stato e narcomafie costato sinora –oltre i 50.000 morti di cui parlavamo in apertura di articolo- 230.000 sfollati e 10.000 desaparecidos.

Nella denuncia è chiamato in causa l’esercito messicano, autore di omicidi, violenze sessuali, torture, sequestri ed esecuzioni extra giudiziarie.  Secondo Sandoval l’istanza è stata presentata alla CPI per ¨l’incapacità del sistema giudiziario messicano nel giudicare i crimini di lesa umanità¨.  Al di là della possibilità o no della Corte di aprire un dossier sul presidente Calderón, l’iniziativa è sorta per attirare sul Messico l’attenzione dei media e del mondo politico internazionale. Un caso simile era toccato alla Colombia, che venne messa sotto osservazione, senza che il suo presidente venisse chiamato in causa all’Aja.

Calderón non si è riferito al caso. Più volte, in passato, ha reiterato la sua decisione di coinvolgere le forze armate nella lotta al narcotraffico e più volte ha dimostrato di non volere ascoltare le richieste della società civile. In una recente intervista al New York Times, il presidente messicano ha segnalato ancora una volta la convinzione della validità della sua politica: ¨Il Messico è molto più sicuro ora e se non avessimo attuato il problema sarebbe peggiorato¨ ha detto. Un’intervista nella quale rinnova la sua fiducia nelle forze armate, che indica come l’unica alternativa di ordine in un paese dove i corpi di polizia sono segnati dalla corruzione e dall’inaffidabilità.

Ora, la denuncia alla CPI vuole porre in evidenza –a chi non lo avesse ancora capito o fa finta di non intenderlo- che esiste un altro Messico, lontano da quello delle istituzioni che hanno dichiarato una guerra dove l’unica a perdere è la società.


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