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Call center tra imbrogli ed imposizioni: l’intervista a chi ci ha lavorato

Creato il 08 novembre 2013 da Alessiamocci

Lavoro nei call center: nel sud Italia spopolano e in tanti pensano sia un’opportunità da non perdere pur di guadagnare qualche euro. Ma vi siete mai chiesti come davvero si svolge il lavoro all’interno di un call center?

Call center tra imbrogli ed imposizioni: l’intervista a chi ci ha lavoratoA causa della crisi che coinvolge l’interno territorio italiano sempre più si sente parlare di persone che cercano lavoro nei call center, soprattutto al sud dove queste strutture si sono spostate con la consapevolezza di poter risparmiare sullo stipendio degli operatori.

È sufficiente consultare un qualsiasi sito Internet che contenga annunci di lavoro per accorgersi di quanti  ne siano presenti per lavorare nei call center, soprattutto outbound cioè che si occupano di effettuare telefonate in uscita per vendere prodotti, una sorta di telemarketing insomma.

Per capire ancora meglio basta pensare a quando sul nostro telefono, fisso o cellulare, riceviamo quelle irritanti e importune telefonate da operatori che tentano con insistenza di venderci le loro promozioni.

Noi di Oubliette abbiamo pensato di intervistare una persona, che per sua scelta ha preferito rimanere anonima, che ha lavorato in un call center per svelare degli aspetti ai più sconosciuti. L’intervistato non dirà esplicitamente il nome della compagnia telefonica alla quale fa riferimento ma basti sapere che queste strutture lavorano per chiunque li contatti: un periodo si occupano di promozioni per operatori telefonici, poi di altre legate all’energia e così via.

R.M.: Come sei arrivata a lavorare in un call center?

Call center tra imbrogli ed imposizioni: l’intervista a chi ci ha lavoratoAnonimo: Trovai l’annuncio sul sito Internet subito.it, e decisi di inviare il curriculum vitae all’indirizzo e-mail indicato. Dopo circa una mese mi chiamarono e una voce femminile mi disse che erano interessati a me e che dovevo presentarmi nella sede del call center (out-bound) per fare un colloquio.

R.M.: Come si è svolto il colloquio e ci sono state eventualmente delle altre prove selettive?

Anonimo: Arrivata lì, vidi che c’erano altri ragazzi che attendevano di essere chiamati come me, saranno stati circa venti. Giunto il mio turno entrai all’interno dell’edificio e mi trovai davanti un ragazzo che mi fece delle domande, in particolare mi chiese perché ero li e mi fece fare una finta chiamata in cui dovevo convincere un cliente fittizio a comprare una bottiglietta d’acqua. Finito il colloquio mi disse che mi avrebbero richiamato entro poche ore per  dirmi se mi avevano preso. E infatti mi richiamarono e mi dissero che avevo passato il colloquio e dovevo recarmi di nuovo al call center l’indomani per frequentare un corso che sarebbe durato tutta la mattina.

R.M.: Durante le fasi di selezione qualcuno vi ha spiegato come si sarebbe svolto il lavoro?

Call center tra imbrogli ed imposizioni: l’intervista a chi ci ha lavoratoAnonimo: Sì, durante il corso (eravamo presenti solo in 3 a discapito del gran numero di partecipanti iniziali) fummo informati di tutto e ci presentarono le offerte inerenti a quella compagnia telefonica, ma soprattutto ci spiegarono che l’elemento principale era non arrendersi mai, insistere sempre ed essere convinti che la promozione che andavamo a proporre a un eventuale cliente fosse realmente vantaggiosa. Inoltre ci dissero come si svolgeva l’attività lavorativa, ovvero di fronte a un computer sei ore al giorno dal lunedì al sabato. E l’obiettivo era quello di stipulare almeno un contratto al giorno.

R.M.: Quanti giorni dopo aver passato la selezione hai cominciato a lavorare?

Anonimo: Il giorno dopo quel corso  mi fecero fare un breve test dove erano presenti circa una trentina di domande, su ciò che si era svolto la mattina prima, con un limite massimo di 3 errori oltre i quali non avremmo potuto iniziare a lavorare. Io risposi a tutto correttamente e decisero allora di affiancarmi per almeno due giorni alle ragazze che già lavoravano lì (circa 15) affinché mi abituassi e imparassi da loro. Dopodiché mi fecero firmare il contratto ed iniziai a lavorare.

R.M.: Come si è svolto in realtà il lavoro?

Call center tra imbrogli ed imposizioni: l’intervista a chi ci ha lavoratoAnonimo: Appena arrivato mi mostrarono la mia postazione alla quale era attaccata un adesivo col mio nome, uno username e una password. Mi spiegarono subito che ogni giorno avrei dovuto entrare nel sistema inserendo quei dati. Dopo pochi minuti il ‘capo’ decise di farmi fare la prima chiamata, e ovviamente non andò a buon fine poiché il cliente non era interessato. Io dopo aver chiesto le motivazioni di questo disinteresse e avendo ricevuto un altro no, non feci altro che  congedare la persona ma poco dopo il ‘capo’, che aveva ascoltato tutta la chiamata, mi sgridò spiegandomi che non avrei dovuto arrendermi così presto, ma anzi avrei dovuto insistere ancora di più. E così procedettero le chiamate svoltesi successivamente. Durante un’altra chiamata la persona chiuse il telefono e io dovetti richiamare fino a che non mi rispose di nuovo e mi fece capire a malo modo che non dovevo più richiamarlo. Anche in questo caso mi fece richiamare nuovamente.

R.M.: Per quanto tempo hai lavorato lì?

Anonimo: Dopo poche ore decisi di andarmene, licenziandomi. E il giorno dopo scoprii di non essere stato l’unico a fare la stessa cosa.

R.M.: Per quale motivo giungesti a questa decisione?

Anonimo: Innanzitutto perché alla base di questo ‘lavoro’( se così può essere definito) c’è la disonestà, infatti come ci fu spiegato l’obiettivo principale era stipulare un contratto indipendentemente da come quest’ultimo veniva estorto. Ricordo infatti la telefonata di un collega alla quale rispose una persona straniera che parlava e capiva poco l’italiano e gli fu appioppata una promozione nonostante il cliente non avesse accettato volontariamente. Fu sufficiente che la persona al telefono pronunciasse alcuni ‘sì’, sotto richiesta dell’operatore, pur non comprendendone il motivo, per sottoscrivere il contratto. E lo stesso veniva fatto con le persone anziane. Inoltre era molto brutto insistere così tanto e far credere alle persone che ciò che avevamo da proporgli era conveniente, anche se non lo era per niente, anzi!

R.M.: Un consiglio a chi dovesse trovarsi in futuro a lavorare in un call center?

Anonimo: Io consiglio a tutti di non andare a lavorare in un call center anche se sono sicura che qualcuno riuscirebbe ad affrontare questo lavoro in modo piacevole, al contrario di me che mi sentivo male e  in colpa per quello che stavo facendo. Un consiglio è di non farsi trarre in inganno da tutto ciò che viene detto, anche perché lo stipendio medio è di 400/500 euro al mese, circa 4 euro l’ora, ed è veramente una miseria. Inoltre stando tutto il giorno davanti allo schermo non è difficile prendersi una labirintite o una qualsiasi altra malattia agli occhi.

Ringrazio l’intervistato per la sua disponibilità e gentilezza. Immagino che in tanti troveranno le sue parole interessanti e tanti altri non rimarranno, purtroppo, stupiti da questa vicenda.

È indispensabile che per lavorare sia necessario essere sfruttati in questo modo? Le imposizioni sono il prezzo da pagare per coloro che cercano disperatamente lavoro?

In tanti, troppi, sono in cerca di lavoro ma questo non serve certamente a giustificare determinati comportamenti e stili di lavoro, sempre che quello all’interno dei call center possa essere definito tale.

Un consiglio: non dite mai la parola ‘sì’ quando venite contattati da un call center poiché potreste ritrovarvi con qualche promozione indesiderata o qualche prodotto non richiesto.

Written by Rebecca Mais


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