Togliatti intuì la necessità, e poi delineò i tratti di fondo, di un Partito Comunista Italiano che non fosse più solo un’avanguardia di quadri (e tanto meno una setta di semplici propagandisti), ma un partito nuovo, di massa. A questo obiettivo e a questo compito, che a un giudizio superficiale potevano sembrare soltanto un mutamento della struttura organizzativa del partito, erano insiti e connessi una strategia politica e un metodo di lavoro e di lotta democratica, volti ad affermare la funzione dirigente nazionale della classe operaia, una più ampia visione delle sue alleanze, una più alta e comprensiva concezione del gramsciano blocco storico da formare e realizzare per trasformare la società italiana in direzione del socialismo. Si trattava dunque di profondissime innovazioni nell’elaborazione teorica, nell’azione pratica, nella funzione del Partito Comunista Italiano, di una formazione rivoluzionaria che opera nell’Occidente capitalisticamente sviluppato, innovazioni che avevano portanza e rilevanza generali. Ma quel che voglio dire è che la scelta del partito di massa e l’azione che esso veniva chiamato a svolgere si riferivano a una determinata condizione della società, a un determinato stadio del costume, a una determinata fase economica, a un determinato livello di coscienza del popolo italiano. In sintesi, era la situazione complessiva in cui il paese si trovava dopo la caduta del regime fascista (e dopo la sconfitta del nazismo in Europa), cioè all’indomani di un regime reazionario, totalitario, oppressivo, che aveva diseducato, estraniato, perseguitato le masse operaie, lavoratrici e popolari per impedire loro d’intervenire nella vita politica e perciò le aveva coattivamente disabituate all’esercizio della democrazia. Di queste masse escluse dalla politica noi allora favorimmo e sostenemmo – insieme agli altri partiti antifascisti – l’ingresso, unite e da protagoniste, sulla scena politica e dentro la vita delle istituzioni; ne accogliemmo l’anelito di libertà e le sollecitammo quindi al libero uso di tutti i diritti democratici che esse si erano conquistate e che quindi erano loro dovuti. A queste masse, inoltre, noi spalancammo le porte del nostro partito. E così il Pci divenne partito di massa, e come tale crebbe grandemente nel numero dei suoi iscritti e seppe instaurare suoi propri e diretti legami con la classe operaia e con i lavoratori, con le forze che individuò allora come sue prime necessarie alleate (i ceti medi delle città e delle campagne) e, più in generale, con tutti gli strati del popolo e della società. Ma le forze e aree sociali verso le quali indirizzammo allora la nostra azione e la nostra iniziativa, e dei cui problemi e aspirazioni noi ci facemmo interpreti e, nella misura del possibile, risolutori, erano le forze del cambiamento proprie della società di allora, di quella determinata situazione esistente quasi quarant’anni fa. Oggi, le masse escluse, non protette, che aspirano al cambiamento, o che comunque ne hanno bisogno, così come i problemi da conoscere, affrontare e risolvere sono in gran parte mutati; e più esteso è il terreno e più ampio, oltre che più complesso, è l’orizzonte della politica e dell’azione politica di un partito qual è il nostro, cioè di un partito di massa organizzato che vuole trasformare la società. Qui interviene qualcuno a dirci (e sembra non manchino coloro che lo vanno sostenendo anche nelle nostre file) che tra i cambiamenti intervenuti tra gli anni ‘40 e gli anni ‘80 ce n’è uno dal quale noi dovremmo trarre certe conseguenze circa il carattere del partito. Si fa osservare che spesso il rapporto molto basso che esiste in certe città e in certe zone tra gli iscritti al partito e i suoi elettori non determina conseguenze negative nel numero di voti che vengono a noi. Per conseguenza – si argomenta – dal punto di vista elettorale è ininfluente che si abbiano molti iscritti o pochi iscritti; in definitiva, conta di più fare opinione, richiamare l’attenzione, essere presenti nei mass-media, e così via. Se - si dice – riuscissimo a far divenire il Pci un grande partito di opinione che arriva a toccare i sentimenti, le coscienze, gli interessi della gente attraverso le comunicazioni di massa, non solo non perderemmo voti ma, forse, addirittura li aumenteremmo. Dunque – si conclude – avere un milione e settecentomila tesserati o averne la metà sposterebbe poco o nulla ai fini di conseguire il massimo peso elettorale. In verità si possono citare molti dati ad esempio, che provano che molti iscritti portano anche più voti. Comunque, ed è questo il punto decisivo, a tener dietro a quei ragionamenti si finirebbe con divenire non un grande partito di massa moderno, ma un partito elettoralistico, un partito all’ “americana”, cioè un partito che penserebbe solo a prender voti, che svaluterebbe il lavoro a diretto contatto con la gente per aiutarla a ragionare, a organizzarsi, e a lottare, che svuoterebbe di ogni contenuto la milizia politica, che penserebbe solo ad avere più deputati, più senatori, più consiglieri, più assessori, più posti di potere. E tra l’altro, se diventassimo questo, non avrebbe alcun senso nemmeno il decentramento che andiamo compiendo, cioè lo sforzo organizzativo e politico che stiamo facendo per estendere capillarmente la presenza organizzata e l’iniziativa costante delle nostre sezioni, delle nostre zone, delle nostre federazioni. Ma un partito “rinnovato” a questo modo sarebbe ancora il Partito Comunista Italiano? Non sono forse l’elettoralismo e la caccia al potere per il potere i vizi degli altri partiti ai quali si vorrebbe che noi ci omologassimo? Conquistare più voti è certo indispensabile; dare più attenzione e realizzare una maggiore presenza nostra nella stampa, nella radio, nella televisione, in tutti i mezzi di comunicazione di massa, è giusto; essere più capaci di fare opinione su ogni problema, grande e piccolo, è importante. Ma essere tanti comunisti non è forse ancora più importante? Io credo di sì. Anzi, questo è il momento di fare più iscritti, e al tempo stesso di formare militanti, più consapevoli e attivi, di avere cioè più compagni e compagne impegnati in un lavoro preciso, con compiti ben definiti, con una carica politica, umana e ideale armati della quale si va e si sa stare tra le masse, con i loro problemi, le loro aspirazioni, con le loro rabbie, con le loro lotte; di compagni e di compagne più numerosi nei posti di responsabilità e di direzione pubblici e privati, che siano ben preparati, ben orientati, fedeli al mandato ricevuto. Essere tanti comunisti e seri comunisti è la vera condizione anche per avere tanti voti, ma soprattutto la garanzia di fare del nostro partito un sempre più saldo e consistente strumento del reale rinnovamento e dello sviluppo del paese. -Enrico Berlinguer- (da Rinascita, 4 dicembre 1981.)
O CARA MOGLIE
O cara moglie, stasera ti prego,
dì a mio figlio che vada a dormire,
perché le cose che io ho da dire
non sono cose che deve sentir.
Proprio stamane là sul lavoro,
con il sorriso del caposezione,
mi è arrivata la liquidazione,
m’han licenziato senza pietà.
E la ragione è perché ho scioperato
per la difesa dei nostri diritti,
per la difesa del mio sindacato,
del mio lavoro, della libertà.
Quando la lotta è di tutti per tutti
il tuo padrone, vedrai, cederà;
se invece vince è perché i crumiri
gli dan la forza che lui non ha.
Questo si è visto davanti ai cancelli:
noi si chiamava i compagni alla lotta,
ecco: il padrone fa un cenno, una mossa
e uno dopo l’altro cominciano a entrar.
O cara moglie, dovevi vederli
venir avanti curvati e piegati;
e noi gridare: crumiri, venduti!
E loro dritti senza piegar.
Quei poveretti facevano pena
ma dietro loro, là sul portone,
rideva allegro il porco padrone:
l’ho maledetto senza pietà.
O cara moglie, prima ho sbagliato,
dì a mio figlio che venga a sentire,
ché ha da capire che cosa vuol dire
lottare per la libertà.
-Ivan Della Mea-
OCCHIO E TEMPO AIUTANO LA VERITA’;
FRETTA E DUBBIEZZA AIUTANO IL FALSO.
-S E N E C A-
VIVRAI DOMANI ?
VIVERE OGGI E’ GIA’ TARDI:
IL VERO SAGGIO E’ VISSUTO IERI.
-M A R Z I A L E-
IL FUTURO
IL FUTURO SI NUTRE DEL PASSATO
E DIVIENE PRESENTE. -renzomazzetti-
BICEFALO - Vuoto o con il cervello? E... il cuore?