Lo scorso luglio è iniziato questo mio viaggio. Sono due mesi che non scrivo sul mio blog, e ricomincio oggi.
Non avevo più scritto perché ero partita con l’intenzione di fare un normalissimo corso per prepararmi a insegnare yoga e meditazione, per poi lasciare l’India subito dopo e ritornare nel conosciuto Sud-Est Asiatico – la mia zona di comfort – da dove sarei partita alla ricerca di un lavoro come insegnante di yoga, continuando a scrivere e a organizzare viaggi in Cambogia e Oman, quando capitava l’occasione.
Infatti avevo un biglietto per Bangkok. Avevo.
Quel biglietto per Bangkok è stato stracciato una mattina di settembre, quando ho deciso che, anziché rifugiarmi in Thailandia e Cambogia, avrei continuato a seguire i segni che il destino mi stava mettendo davanti da quando avevo messo piede in questo strano e affascinante paese.
Non ero preparata a ciò che l’India mi avrebbe donato: l’espulsione di milioni di tossine che avevo accumulato in un anno di stress psicologico, tutto in una volta.
Il corso di yoga, insieme alla meditazione dinamica per un’ora ogni sera, è stato così catartico che passavo dalla gioia al pianto alla gioia ogni giorno; poi ho preso la dissenteria; poi sono dimagrita; poi mi è passata; poi sono ricaduta. Il tutto circondata da ragazze che anch’esse, a turno, si ammalavano di tumulti interiori.
Il giorno stesso in cui è finito il corso mi sono trasferita al Tushita Centre di Dharamshala, a un paio di chilometri da lì, per iniziare un ritiro silenzioso di dieci giorni di introduzione al Buddhismo Mahayana che mi ha cambiato la vita. Non perché sia interessata ad aderire alla religione buddhista – pur credendo in Dio, non riesco a incasellarmi dentro a nessuna religione. Ma perché le loro tecniche meditative sono così potenti che hanno modificato il mio modo di gestire le mie emozioni e ciò che mi accade Grazie alla meditazione buddhista Mahayana sono riuscita anche a lasciare andare un amore che mi aveva fatta soffrire, e sono tornata a Delhi rinata.
Lì ho vissuto alcune avventure, ho praticato yoga e ho ricomposto pian piano i pezzettini della mia vita. A Delhi ho imparato ad ascoltare me stessa e i segni del destino, a cogliere le opportunità, ad accogliere ciò che l’India mi stava donando.
Come mi disse la mia insegnante di yoga e filosofia yogica Sarvasmarana, vedendomi confusa e ansiosa a metà corso:
Non puoi fare progetti, in India. L’India li fa per te.E infatti una mattina mi sono ritrovata davanti, lì a Delhi, l’amore che mi aveva fatta soffrire, che dall’Oman era arrivato senza dirmi nulla, per chiedermi scusa e dirmi che aveva capito di essere stato, fondamentalmente, un cretino.
Non si è trattato di tradimento, come qualcuno potrebbe pensare, quanto di comportamenti distruttivi verso la relazione perché, in fondo, se non si vuole bene a se stessi, come si fa ad amare un’altra persona?
Non credo ai cambiamenti delle persone a meno che non abbiano seriamente lavorato su se stesse dopo aver compreso il problema. Ma ho voluto lasciarmi andare per otto giorni e il risultato è stato una delle vacanze più belle e rilassanti della mia vita.
Intanto, uno Yoga Studio di Kathmandu al cui annuncio avevo risposto per caso, mi scriveva che desiderava avermi nel suo team di istruttori di yoga e meditazione. La reazione a questo nuovo cambiamento di rotta è stata severa: lasciar ripartire Hamed per l’Oman senza di me, e accettare questa nuova esperienza in Nepal ha scatenato in me diarrea per un giorno, febbre alta per una settimana, mal di gola e la consapevolezza che ascoltarsi e fare ciò che ci dice il cuore è un passo difficilissimo, soprattutto quando ci allontana da un porto sicuro (l’Oman o la Cambogia, nel mio caso) per buttarci in cose nuove e sconosciute che fanno paura.
Al Charak Yoga Studio di Kathmandu
Ma che questo è l’unico passo possibile per liberarsi da ciò che non si vuole più essere e diventare una persona nuova.
Si può sempre rinascere: anche a quarant’anni. Basta volerlo con coraggio, determinazione e un po’ di follia.