Il cambio di stagione (negli armadi) è un'attività prettamente femminile. Gli uomini se ne tengono alla larga e a stento sanno di cosa si tratti, mio marito arriverebbe al punto di infilarsi una maglietta a maniche corte in pieno inverno. Noi donne, invece, la consideriamo quasi sempre una faccenda sacra, della serie: "Oggi non posso uscire, devo fare il cambio di stagione".
Chissà perché ci piace tanto spostare i vestiti da una parte all'altra dell'armadio, forse sotto sotto c'è qualcosa di simbolico in quest'attività, un modo di fare ordine dentro di noi e prepararci al futuro...
Ma insomma, vi state chiedendo, cosa diavolo c'entra il cambio di stagione con la scrittura?
Il punto è che in questi giorni vorrei mettere via molto più che qualche abito estivo, vorrei lasciarmi alle spalle un intero difficile anno, e tirare fuori qualche piacevole novità. E anche in ambito scrittura ho un gran bisogno di rinnovamento, mentre se guardo alla realtà attuale vedo solo un caotico immobilismo.
Il romanzo che sto scrivendo (da troppo tempo) è giunto ai capitoli finali e là si è piantato. Ammetto di avere un serio problema con le conclusioni, mi capita ogni volta di riscriverle radicalmente due o tre volte, per essere soddisfatta. Ma in questo caso non c'è neppure qualcosa da riscrivere, è proprio tutto fermo e congelato. Quasi tutti i misteri sono stati svelati, ma lo scioglimento del conflitto tarda ad arrivare. Ho visualizzato l'ultima scena da quando ho cominciato a scrivere il primo capitolo, eppure non riesco proprio ad affrontare queste ultime pagine.
E così in attesa che torni l'ispirazione, mi accanisco con la parte precedente della storia, limandola e ritoccandola, come una padrona di casa frustrata che continua a pulire sempre le stesse cose in attesa di un ospite che non arriva mai (oggi sono in vena di metafore casalinghe...). Ma avrà poi un senso questa revisione infinita se non esiste ancora una conclusione? E per farne cosa, quando sarà finito?
Altro blocco totale è poi quello del secondo romanzo, che prende la muffa da oltre un anno. Ho letto da qualche parte che pubblicare un secondo libro è molto più difficile rispetto al primo, e credo sia proprio vero. Sarà che la seconda volta si hanno maggiori pretese e ambizioni, si è molto più diffidenti e smaliziati, fatto è che nessuna delle (otto) case editrici a cui mi sono rivolta mi ha neppure mandato una di quelle risposte del genere "non rientra nella nostra linea editoriale". Niente di niente, forse che ultimamente rispondere alle mail è un po' passato di moda?
O forse dovrei ampliare gli orizzonti e tentare altre strade? L'autopubblicazione da una parte mi fa storcere il naso, dall'altra mi tenta. So che il SP è una realtà che non mi si adatta, solo l'idea di mettermi a fare marketing ed entrare nel calderone degli autopubblicati mi fa sentire male. Continuo a preferire un'editoria tradizionale, però non posso fare a meno di chiedermi se la mia ricerca dell'editore ideale non sia eccessiva e non mi farà arrivare al punto di tenermi tutto quello che scrivo ben rinchiuso nel cassetto pur di non fare la scelta sbagliata.
A qualcuno a questo punto potrebbe venir voglia di dirmi quell'odiosa frasetta che ogni tanto si legge in giro: "Non si deve pubblicare per forza"... Probabilmente contiene una qualche verità, ma allora che scrivo a fare, se nessuno mai lo leggerà? Quindi, per favore, non ditemela, ok?
Insomma, sono un po' in crisi.
E in attesa di novità, torno a fare il cambio di stagione. Quello agli armadi, intendo.
Anima di carta